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 2017  settembre 06 Mercoledì calendario

Trump contro 800 mila «dreamers». Stop alla sanatoria dei baby-migranti

NEW YORK Il sogno americano di 800mila “dreamers” si infrange su un altro dei tanti muri che Donald Trump sta costruendo dentro agli Stati Uniti e alle sue frontiere. Entrati illegalmente nel Paese quando erano bambini e poi cresciuti in America assimilandone i valori e lo stile di vita, questi giovani soprannominati “dreamers” (sognatori) erano finora protetti da una direttiva emanata da Barack Obama che li metteva al riparo dal rischio della deportazione e consentiva loro di ottenere un permesso di lavoro. Ma ieri Trump, dando seguito a una promessa elettorale, ha deciso di metter fine al programma Daca (Deferred action for childhood arrivals), definendolo una sorta di amnistia e ha chiesto al Congresso di trovare un nuovo assetto giuridico per risolvere il problema.
«Non sono favorevole a punire i bambini, che ora sono per lo più maggiorenni, per gli errori dei loro genitori», ha cercato di giustificarsi il presidente in un comunicato: «Ma non siamo solo una nazione che offre opportunità, bensì anche uno stato di diritto». Prevedendo le polemiche (la reazione di Obama è stata immediata: «Mossa crudele»), Trump non ha comunque voluto metterci la faccia, chiedendo ieri al ministro della Giustizia, Jeff Sessions, di spiegare al pubblico la decisione. Il muro anti- dreamers sarà costruito con gradualità, ma entro sei mesi – a meno di una nuova legge – cominceranno a decadere i permessi di lavoro e molti giovani saranno passibili di deportazione nei Paesi di origine, soprattutto in Messico e America Latina: anche se il ministero degli Interni ha chiarito che non si accanirà contro di loro.
L’azione anti-dreamers rientra nella strategia politica di Trump di smantellare le riforme dell’epoca obamiana e di assecondare gli impulsi xenofobi e anti-immigrati della sua base. Ma è stata accolta con ostilità da gran parte del Paese. Ci sono state proteste di fronte alla Casa Bianca. Il governo messicano ha espresso sdegno, facendosi portavoce anche della comunità ispanica degli Stati Uniti, ormai in rotta di collisione con Trump. E al di là delle condanne scontate di democratici e liberal, anche molti repubblicani ed esponenti del mondo degli affari hanno preso le distanze dal presidente.
Mark Zuckerberg, fondatore e chief executive di Facebook, ha parlato di «giorno triste» per il Paese, definendo la decisione «sbagliata» e (anche lui) «crudele». La Microsoft ha annunciato che pagherà le spese legali per i 39 dreamers che lavorano nel colosso del software. E il senatore repubblicano John McCain, criticando l’approccio trumpiano, ha preannunciato che lavorerà a fianco dei democratici e di altri repubblicani per trovare una soluzione legislativa: che per il momento appare però lontana, in considerazione anche dell’impasse in cui si trova il Congresso per le divisioni interne della destra.