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 2017  settembre 05 Martedì calendario

Siamo i più secchioni di tutti. Ma restiamo somari

Diceva Mark Twain, sedicente titano d’un’accurata ignoranza, «non ho mai permesso che la scuola interferisse con la mia istruzione». Twain troverebbe l’Italia d’oggi, il posto «dove si studia più degli altri, ma si va peggio a scuola», un esempio fulgido del suo personalissimo concetto di cultura. 
Secondo una ricerca Ocse riportata dalla piattaforma #Truenumbers-Il data journalism dei veri numeri, di Marco Cobianchi, se non sei uno studente cinese o coreano quindi geneticamente predisposto al martirio dell’erudizione e trascorri più di 60 ore settimanali sui libri, fra scuola e compiti a casa, vai sicuramente peggio nei test di matematica, scienze e abilità linguistiche. Insomma, non trattieni le nozioni, e risvegli la capra che è in te. L’Ocse ha sottoposto a tutti gli studenti lo stesso test di matematica, scienze e lettura, poi ha confrontato i risultati con il numero di ore passate a studiare. Chi studia più di 60 ore ottiene, appunto, in media 28 punti in meno nei test di matematica, 33 punti in meno in comprensione dei testi e 31 punti in meno in scienze rispetto a quelli che studiano solo 40 ore a settimana. I ragazzi italiani sono somari seppur con moderazione. Studiano in media 50 ore; più dei finlandesi (36 ore) e dei giapponesi (41). E nonostante questa montagna di ore di studio nel test sono andati molto peggio degli altri: «50 punti sotto i finlandesi, una trentina dagli inglesi e dai tedeschi, 20 dai portoghesi, 15 dai francesi, 10 dagli spagnoli». A questo s’aggiunga che la nostra straordinaria capacità di stratificare incompetenze ci porta ad essere in proporzione alla popolazione, i più ignoranti d’Europa (prima di Spagna e Grecia) secondo il Piaac, il Programme for the International Aessment of Adult Competencies. Ossia un ente autorevole che certifica l’ossimoro in cui galleggiamo: la nostra ignoranza è una fedele amica che ci acconpagna nelle stagioni delle vita: siamo l’unico paese ad avere un 2% di analfabeti con una laurea in mano. Siamo secchioni senza costrutto. 
La dignità ci porta a considerare che le cifre siano esagerate. Eppure è acclarato il rapporto ore di studio/propensione all’ignoranza. L’autorevole giornale Guardian ci concede una spiegazione ancora più spiazzante: se si usa troppo il cervello, questo si surriscalda e inizia a dare sintomi di malfunzionamento o a mostrare qualche scompenso, «depressione, problemi legati al sonno, disordini del comportamento alimentare e pensieri di suicidio». Tesi terrificante. Uno dei motivi per cui tendo a non leggere il Guardian. In realtà, affiorano tante teorie a giustificare l’inesistente osmosi culturale degli studenti italiani, ciò che in psicologia si chiama «effetto Zeigarnik»: il tuo cervello si dimentica automaticamente di qualcosa a meno che non abbia un motivo davvero importante per ricordarlo. Potrebbero essere le cattive abitudini allo studio e/o la carenza di metodo. 
Per dire. In America si consiglia di non studiare di notte o sul letto; di non imparare a memoria; di non immergersi nei libri dopo mangiato o davanti alla tv o col pc acceso. L’esatto contrario di ciò che avviene con la maggioranza dei nostri figli (ma c’è da dire che i consigli americani non funzionano dalle Hight School in su, dove l’ignoranza, più sali di classe, più assume una sua rotonda potenza). La causa della nostra inappetenza scolastica potrebbero essere, per alcuni, i cattivi insegnanti, «figli del ’68, quelli senza metodo e del sei politico», si crucciavano i nostri genitori. Ma, in realtà, nella scuola d’oggi declinata la generazione del ’68 si fa avanti, lentamente, una schiatta di docenti sì sottopagati ma densi di competenze. E ancora. Per altri detrattori, i motivi del declino potrebbe rivelarsi la presenza di prof (oltre il ’68) severi oltremisura. Ma non tornano i conti: gli insegnanti bastardi ai limiti dell’umano proliferano sempre, dalla scuola di De Amicis a quella di Domenico Stranone. Non c’è una sola spiegazione: la certezza è che il sistema didattico italiano s’avviti verso il peggio e non produca futuro. Ilvo Diamanti su Repubblica, docente egli stesso, incita i suoi stessi figli e studenti a fuggire dal Belpaese. Mark Twain, invece, ci tornerebbe in visita pastorale...