Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  settembre 05 Martedì calendario

Un velo pietoso

L’altro ieri la giornalista Silvia Dipinto (Repubblica tv) si è coperta il capo di nero e ha video-intervistato l’imam di Bari Sharif Lorenzini, il quale ha indicato me e pochi altri tra i nemici dell’islam: questo senza che lei obiettasse nulla nonostante la domanda, specifica, l’avesse formulata lei dopo che l’imam si era parimenti espresso nella preghiera del venerdì. Insomma, «ha fomentato». Poi, incurante di aver lasciato mettere due colleghi alla berlina da un Imam (non da Topo Gigio) è passata a lamentarsi perché il gesto ossequioso di mettersi il velo le ha procurato ha detto migliaia di insulti via web: «Fomentatori da tastiera che hanno pubblicato il mio nome, cognome e foto per raggiungere il mio profilo». Una cazzata, perché il suo nome già compariva a margine della video-intervista. Finita? Macchè: è intervenuta la Fnsi, la Federazione della Stampa, e non per lamentare che dei giornalisti, grazie a una giornalista, fossero stati pubblicamente indicati come nemici dell’islam, ma per lamentare il «sessismo e razzismo» di cui è stata vittima lei per via di quattro sfigati in rete. Un capolavoro di servilismo verso l’islam in terra italiana (lei che si mette il velo) e di scorrettezza professionale e civile (lei che invita a fare i nomi dei giornalisti, restando zitta) e di faziosità senza vergogna (la Fnsi che si lamenta per quattro fregnacce via web, ma tace sulle minacce di un imam a dei giornalisti professionisti). Nulla da aggiungere. Avanti così.