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 2017  settembre 06 Mercoledì calendario

Nel Dna dei libri alla ricerca del tempo perduto

Per Jorge Luis Borges i libri erano una metafora dell’universo. Si riferiva ai mondi evocati dalle parole che, come formule magiche, ne attraversano le pagine. Allo scrittore argentino sarebbe piaciuto scoprire che ci sono mondi nascosti anche nella materia dei libri antichi. Microcosmi che dormono nella pergamena secolare, negli inchiostri e nei colori dei codici miniati, nelle rilegature istoriate, nei minuscoli resti umani che si depositano sulla pagina dopo ogni lettura. Un palinsesto biologico.
Proprio un biologo evoluzionista, Blair Hedges, della Temple University di Filadelfia, ha cominciato a svelare questa vita segreta in un raro esemplare medievale del Vangelo di Luca, aiutato dai bibliotecari della Bodleian Library di Oxford. Il vangelo risale all’inizio del XII secolo ed è stato copiato da diversi monaci amanuensi dell’abbazia di Canterbury. L’approccio più singolare è stato l’esame minuzioso dei fori che le larve, depositate all’interno dei libri dagli insetti, lasciano quando si aprono la strada verso l’esterno. «Questi buchi sono stati fatti da insetti di 900 anni fa. I più vecchi che abbia mai visto». Con uno spazzolino raccoglie delicatamente Dna residuo. L’analisi gli permette di fare raffronti sulla datazione e il luogo dove il libro è stato fatto. 
Miniera preziosa
Ma non ci sono sole le larve. Agli occhi dei biologi i codici antichi sono una miniera di Dna, tutta da scavare. C’è il materiale genetico delle pagine di pergamena, per cui venivano usati sottilissimi strati di pelle ovina, bovina e caprina. Per i documenti più importanti, come i brevi pontifici, si utilizzava la pelle di vitelli neonati o nati morti. Alcuni preziosi esemplari nordafricani del Corano sono stesi su pelle di gazzella. Per la rilegatura veniva impiegata pelle più scura e spessa, come quella di maiale o di cervo. E c’è il Dna umano, depositato dall’uso quotidiano, in alcuni casi dalla saliva: era frequente che un libro di salmi o un vangelo venisse baciato, dopo essere stato letto. Ci sono quindi tracce genetiche dei microbi trasmessi al libro da quei remoti lettori. Il che può permettere di ricostruire di quali malattie soffrisse una comunità di 900 anni fa.
Il Vangelo di Luca, oggetto di questo studio interdisciplinare, è stato acquistato nel 2009 a un’asta di Sotheby’s dallo storico e bibliofilo William Zachs. Curioso dell’origine della copertina, Zachs si è rivolto al laboratorio diretto dal biochimico Matthew Collins, del cui team fa parte anche Hedges. È stato accertato che la pelle viene da due cervi diversi, uno dei quali introdotto dai conquistatori Normanni dal Continente. Il primo passo per recuperare un mondo perduto. Collins usa il termine «palinsesto biologico». Per palinsesto si intende un foglio di pergamena in cui, su un testo più antico, cancellato, si sovrappone uno più recente. 
La metafora funziona in ambito biologico. Il materiale genetico è costituito da strati molteplici. Attraversarli, per un biologo, è come uno scavo archeologico. Matthew Teasdale, dell’università di Dublino, che ha passato al bio-setaccio un altro testo medievale, i Vangeli di York, è convinto che sia possibile risalire al Dna della persona che ha maneggiato il libro con più frequenza. Una frontiera nuova nelle biblioteche, dove si conosce la provenienza di libri da raccolte appartenute ad autori celebri, come Isaac Newton alla Bodleian. Nella Biblioteca Vaticana c’è il manoscritto del Canzoniere vergato dalla mano di Petrarca. Si pensa ad un esame del Dna anche per le pergamene dei Rotoli del Mar Morto. 
Il simposio
Nella Bodleian, qualche mese fa, si è svolto un simposio che ha visto i biologi conversare con storici e conservatori di biblioteche. I bibliotecari sono sempre stati gelosissimi dei loro tesori. Per la prima volta, però, è stato messa a punto una tecnica per prelevare le proteine senza danneggiare i libri. La corrispondenza segreta tra biblioteche e biologia è svelata anche da libri e opere d’arte. Stuart Kells, che ha descritto un viaggio tra i templi dei libri in  The Library: a catalogue of wonders appena uscito (La Biblioteca: un catalogo di meraviglie, Text Publishing) definisce le biblioteche un «eco-sistema peculiare». In uno dei lavori più intriganti alla Biennale d’arte di Venezia, José Yaque ha sostituito i testi di Palazzo Loredan con piante e radici in vasi trasparenti. A metà tra il laboratorio di un moderno biologo e di un antico alchimista. Ha qualcosa di magico, infatti, il mondo perduto e ricreato da Teasdale, Hedges e Collins: dalle pagine escono mandrie e pastori, monaci e poeti, batteri e cattedrali. Una capsula del tempo resuscitata dall’acido ribonucleico.