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 2017  settembre 06 Mercoledì calendario

Il viaggio segreto di Minniti. Stretta di mano con Haftar

Ci sono fotografie che parlano più di mille comunicati. Una è la foto che immortala la stretta di mano tra il generale Haftar, l’uomo forte della Cirenaica, il rivale del premier al-Sarraj, e il nostro ministro dell’Interno, Marco Minniti. Ci ha pensato lo staff del generale a diffondere la foto affinché un incontro segreto dei giorni scorsi avesse la rilevanza che merita. E non sarà un caso se questa foto segna l’apoteosi di Haftar, che nel giro di pochi giorni ha potuto esibire una processione di potenti a rendergli omaggio nel suo quartier generale di Bengasi: prima il ministro degli Esteri britannico, Boris Johnson; ieri il ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian; ora Minniti. Il pressing politico e diplomatico degli europei è in pieno svolgimento per arrivare al sospirato accordo tra le due entità, quella di Tripoli e quella di Tobruk, e uscire dall’impasse in cui è caduta la Libia.
La fotografia dell’incontro tra Haftar e Minniti campeggia da ieri sera sulla pagina Facebook del «Libyan Army», l’autoproclamato esercito nazionale libico. Le parole non ingannino: il feldmaresciallo Khalifa Haftar rappresenta solo una parte dei libici e nemmeno quelli che hanno l’investitura delle Nazioni Unite, bensì dell’Egitto e in sottordine dei francesi e dei russi. Haftar si è conquistato un ruolo sul campo, però, combattendo terroristi e radicali islamici in Cirenaica, e ora avvicinando le sue truppe all’area petrolifera centrale. Pare che sue avanguardie abbiano ingaggiato battaglia con i terroristi dell’Isis dalle parti di Sirte, dove si sarebbero insediati di nuovo. 
Se con Le Drian sembra che Haftar abbia parlato di come proseguire il percorso politico segnato dal vertice di Parigi con Macron e Sarraj, e se con Boris Johnson avrebbe discusso del suo futuro e del suo sogno di diventare presidente della Libia, ecco, con Minniti c’erano da affrontare alcuni temi terribilmente pragmatici. Il primo, Haftar ha dapprima minacciato di bombardare le navi italiane che avessero solcato le acque territoriali, poi ha ritrattato, ma comunque ha segnalato ad ogni occasione la sua irritazione per un governo italiano che prende accordi soltanto con Tripoli, snobbando lui e tutti quelli di Tobruk. Secondo, con la parziale chiusura della rotta degli scafisti che facevano transitare i migranti per il Niger settentrionale, poi il Fezzan libico, quindi i porticcioli della Tripolitania, subito s’è visto che si sta per aprire una rotta alternativa che dal Sudan porta in Cirenaica attraverso il deserto e l’oasi di Kufra. Quel deserto cirenaico che è controllato dagli uomini di Haftar. 
Se Minniti vuole davvero chiudere le rotte dei migranti che passano per la Libia, insomma, è indispensabile rapportarsi con il generale Haftar. Ma ancor più importante è il dialogo con l’entità di Tobruk e il suo comandante in campo se si mira alla stabilizzazione della Libia. Lo sanno tutti i protagonisti dell’area. E giusto il 9 settembre, in Congo, ci sarà un ennesimo incontro tra Haftar e Serraj organizzato dal presidente congolese Denis Sassou Nguesso, sotto l’egida dell’Oua (Organizzazione dell’unione africana). 
Non che il filo del dialogo con l’Italia si sia mai interrotto. L’ambasciatore Giuseppe Perrone si muove regolarmente nell’Est e nell’Ovest. A Bengasi abbiamo riaperto un nostro consolato. I servizi segreti tessono la rete della diplomazia parallela. Soldati di Haftar sono stati portati e curati con discrezione nell’ospedale militare del Celio. Di contro, siccome una delle leve utilizzate dall’Italia è il rapporto con le municipalità, è sempre stato cura sia del governo Sarraj, sia del nostro ministero dell’Interno, lasciare aperta la porta a eventuali progetti che venissero anche da municipalità che ricadono nell’area di influenza del “governo” di Tobruk.