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 2017  settembre 05 Martedì calendario

La Cina vieta il lancio di nuove valute digitali

Nel fine settimana è stata Paris Hilton a prestare il volto al lancio di una nuova criptovaluta, LydianCoin, per l’acquisto di servizi di marketing e pubblicità che sfruttano l’intelligenza artificiale. Prima di lei Floyd Mayweather, alla vigilia del suo ritorno sul ring pugilistico per la sfida del secolo con Conor McGregor, aveva gettato tutto il suo peso a favore di emissioni simili, una per finanziare un sistema predittivo sul mercato azionario, cui ha aderito anche l’attaccante del Barcellona Luis Suarez.
Non è un caso che si faccia ricorso a una tale spettacolarizzazione a sostegno di uno dei fenomeni finanziari del 2017: le Initial coin offerings (Ico), le emissioni di criptovalute per raccogliere fondi per startup legate al criptomondo che sono arrivate a raccogliere quest’anno quasi 1,6 miliardi di dollari, diventando uno dei fattori alla base del balzo delle quotazioni di bitcoin, ethereum & co.
Per le Ico è arrivata ieri una brusca gelata dall’Estremo Oriente dopo che la Cina ha di fatto vietato le offerte di criptovalute sostenendo che «hanno messo seriamente a rischio il sistema economico e finanziario». Per questo tale pratica rappresenta una forma illegale di finanziamento delle aziende e i soggetti che hanno raccolto fondi con questi strumenti dovranno trovare il modo di restituirli ai sottoscrittori. A sostenerlo è un comunicato congiunto della People Bank of China, dell’authority di controllo dei mercati finanziari di Pechino e di altri organi governativi, pubblicato sul sito della Banca centrale cinese. Solo in Cina, secondo i dati forniti dall’agenzia Xinhua, sono state completate 65 Ico quest’anno per un totale di 394 milioni di dollari.
«La festa è finita», ha commentato il membro di un gruppo nato su WeChat settimana scorsa proprio per una Ico in arrivo. «Sbrigatevi a disfarvi dei vosti bitcoin», ha aggiunto subito dopo un altro. E infatti la criptovaluta più famosa del mondo ha innescato la retromarcia fin dalla prima mattinata: nel fine settimana su qualche piattaforma aveva toccato quota 5.000 dollari, ieri in serata quotava sotto 4.300, con un’oscillazione attorno al 15% che non sorprende certo per il bitcoin. Ancora peggio è andata a ethereum, lo strumento principale utilizzato per le Ico, scivolato ieri sotto 290 dollari dopo aver toccato nel weekend un picco record sopra 390, il che significa una perdita di un quarto del valore in una seduta.
Delle Ico si era interessata a luglio anche la Sec americana, che aveva chiesto in un caso specifico che fosse fornita l’informazione analoga a quella del prospetto di una classica Ipo. Ora invece la Cina è andata oltre. E la mente degli esperti del settore è tornata al 2013, quando Pechino aveva vietato alle piattaforme di exchange gli acquisti di bitcoin con la valuta locale, un sistema spesso utilizzato per esportare capitali. Il risultato era stato allora il crollo delle quotazioni della criptovaluta, che si è poi ripresa con il ritorno alla normalità in Cina, uno dei grandi mercati sia di investimento che di “produzione”: non è un mistero che proprio lì siano basate le più grandi farm di “miners”, enormi depositi di computer che scovano i bitcoin in rete e gestiscono le transazioni globali di criptovalute.