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 2017  settembre 05 Martedì calendario

Aspettando che i cinesi invadano la Corea del Nord

Il mondo - in apparenza - non sa che fare con Kim. La riunione del consiglio di sicurezza dell’Onu s’è conclusa con un nulla di fatto, gli americani vogliono sanzioni durissime da specificare però lunedì prossimo, russi e cinesi insistono per l’apertura di un tavolo che congeli i lanci di bombe e missili nordcoreani e anche le manovre militari congiunte di Stati Uniti e Corea del Sud (peraltro concluse). Intanto da Seul si giura su un prossimo, nuovo esperimento di Kim, o un’altra bomba atomica sotterranea o qualche altro razzo capace di volare per migliaia di chilometri e colpire magari l’Alaska o l’isola di Guam, un pezzo d’America zeppo di armi e soldati.  

Quindi?
Chi sa. La falchissima ambasciatrice americana all’Onu, Nikki Haley, ha replicato l’esclamazione di Theresa May che dopo l’ennesimo attentato a Londra se ne uscì con un «Enough is enough», cioè «Quando è troppo è troppo». «La Corea del Nord sta implorando la guerra» ha detto ancora Haley «la nostra pazienza non è infinita». Nikki è talmente falco che, secondo le voci che circolano a Washington, potrebbe sostituire Tillerson alla segreteria di stato. Peccato che le resistenze più forti alla guerra provengano da quelli che dovrebbero farla, cioè i generali del Pentagono.  

Come potrebbe avvenire questa guerra?
A logica, Kim non dovrebbe sparare per primo, perché anche ammazzando centinaia di migliaia di uomini e donne a Seul o distruggendo la base americana di Guam, sarebbe poi sottoposto a una rappresaglia definitiva da parte americana. Il regime, dopo una mossa simile, non avrebbe scampo e finirebbe sotto una montagna di cadaveri. Però il Wall Street Journal ha scritto che Pyonyang sta studiando la possibilità di spedire una bomba H in cielo facendola esplodere a una tale altezza da creare un blackout elettromagnetico su tutta l’area sottostante, Stati Uniti o Corea del Sud o Giappone. Buio totale, inutile girare l’interruttore della luce, default di tutti i sistemi basati sull’energia elettrica, cioè, in pratica default di tutto.  

Potrebbero non essere i nordcoreani a dare inizio alla guerra.
Gli unici che possono muoversi in questa situazione sono i cinesi, con un’invasione, via terra, della Nord Corea. Non bisogna dare nessun credito alla foga con cui Mosca e Pechino hanno escluso qualunque opzione militare. In momenti come questi la menzogna regna sovrana. La Cina dovrebbe prima mettersi d’accordo con Trump, soprattutto in vista della gestione successiva dell’area, che, nell’ottica di Xi, non può che restare sotto il suo controllo. Kim ha lanciato i missili e fatto scoppiare la bomba atomica sotterranea sempre in date molto importanti per la Cina. Per esempio, il test atomico è avvenuto mentre era in corso il vertice con il Sudafrica e i paesi del Bric (Brasile, Russia, India) e il Sudafrica. In altri termini: con le sue mosse, Kim provoca non solo gli Stati Uniti, ma anche la Cina. A maggio il ragazzo di Pyongyang fece montare una telecamera su un missile Pukguksong-2 e quello riprese la penisola di Liaodong e le città di Dalian e Lushun. Se non ci fossero state le nuvole, avrebbe fotografato pure Pechino. Fotografare territorio cinese, una provocazione assoluta. D’altra parte il presidente Xi sa bene che il ragazzo Kim è una forte spina nel fianco degli Stati Uniti. È vero che i destini di americani e cinesi sono intrecciati per la via finanziaria (nelle casse di Pechino ci sono almeno tremila miliardi di debito Usa), ma è anche vero che, secondo il teorema di Tucidide, due grandi potenze prima o poi hanno da regolare i propri conti con la guerra. Un tempo erano Atene e Sparta, domani saranno Cina e Stati Uniti.  

Sarebbe poi così facile mettere sotto la Corea del Nord?
Mah. Secondo il Washington Post, possiedono almeno 60 bombe atomiche, le cui testate sono già state miniaturizzate. Si tratta cioè di ordigni montabili su un missile e trasportabili. Nell’arsenale di Kim ci sarebbero anche cinquemila tonnellate di armi chimiche, mille missili balistici, in genere a corto raggio ma capaci di raggiungere la Corea del Sud. Aggiungiamo 600 missili Scud e 300 Nodong in grado di trasportare, ciascuno, mille chili di esplosivo. Settemila tra carri armati e blindati, 21 mila pezzi di artiglieria, 72 sottomarini di fabbricazione sovietica, tre navi da guerra. Sono numeri importanti, ma se riferiti alla forza degli Stati Uniti o della Cina risultano poca cosa. Russi e americani, insieme, di bombe atomiche ne hanno non 60, come Kim, ma quindicimila.  

E l’esercito?
Hanno un esercito di un milione di uomini, con 600 mila riservisti e sei milioni di paramilitari. In pratica gli uomini, in un modo o nell’altro, stanno sotto le armi tutta la vita. C’è anche il servizio militare femminile, della durata di sette anni e prolungabile. La leva maschile dura 5-12 anni in marina, 3-4 anni in aeronautica. Se si sta nell’unità personale di Kim, non si esce dal servizio per 13 anni. Dopo i quarant’anni si entra a far parte della «guardia rossa dei contadini e dei lavoratori», e si resta guardie fino a 60 anni. Il problema, per Kim, è come nutrire questa massa di uomini, che vive in perenne debito di calorie, specie se si considera lo sforzo fisico che viene richiesto a ciascuno. La fame ha alimentato un vasto contrabbando al confine con la Cina. Pechino e Pyongyang condannano il contrabbando e, nello stesso tempo, fanno vinta di non vedere.