Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  settembre 04 Lunedì calendario

«Penso alla vittima, non perdonerò i miei figli». Intervista alla mamma dei due ragazzi finiti in carcere per gli stupri di Rimini

VALLEFOGLIA (Pesaro) «Mi sono spaccata la schiena per loro, ho lavorato tanto e scopro invece di aver avuto in cambio dai miei figli solo bugie...». La signora Sara Louennous, 43 anni, marocchina di Kenitra, in Italia dal 1999 ma col permesso di soggiorno scaduto dal 2002, è la mamma dei due fratelli di 15 e 17 anni, K. e M., finiti in carcere per gli stupri di Rimini. Ci riceve in cucina, mentre prepara uno stufato d’agnello per la Festa del Sacrificio. Parla un italiano stentato ma riesce a farsi capire bene, anche grazie all’aiuto del marito Mohamed, 51 anni, in Italia dal ‘90, agli arresti domiciliari nella casa di via Ponte Vecchio.
Presto andrà a trovare a Bologna i suoi figli, signora?
«Sì, non vedo l’ora. Ma certo non li perdonerò. E anzi, se avessi davanti quella donna polacca che è stata violentata, le direi con tutto il cuore che mi dispiace. Adesso sono arrabbiata, molto arrabbiata: con loro due, senz’altro, ma soprattutto col loro amico maggiorenne».
Perché?
«Perché sono sicura che è stato lui a trascinarli. I miei ragazzi avevano paura di quello lì, raccontava di aver ucciso delle persone in Africa. Loro due all’inizio hanno provato a nascondere tutto, poi sono crollati, piangevano e mio marito li ha costretti ad andare dai carabinieri».
E le bugie?
«Eh sì, solo ora ho capito che erano bugie. Mi dicevano che uscivano... per andare a una compleanno... in piscina… E invece ecco cosa combinavano. Purtroppo, negli ultimi mesi, da quando mio marito era in carcere a Pesaro, sono cambiati, facevano ciò che volevano. Non riuscivo più a controllarli, abbiamo altri due figli piccoli»
Come sono cambiati?
«Hanno lasciato da parte la scuola e i libri, per pensare solo a scarpe e vestiti, a bere e fumare. Ma non erano così. Il piccolo si dava da fare e giocava a rugby. Il grande ha fatto anche il giardiniere e giocava a calcio. Grazie ai tanti che ci hanno aiutato, al sindaco di Vallefoglia, alla Caritas, sembravano aver preso la strada giusta. E invece...».
Come immagina il futuro?
«Vorrei ci dessero il permesso di soggiorno per lavorare e per potermi curare. I miei figli pagheranno per quello che hanno fatto. È giusto così».