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 2017  settembre 04 Lunedì calendario

Leïla Slimani: «Il mio Marocco e il sesso rubato nelle auto, nei cantieri»

PARIGI «Quando difendo i diritti umani e la parità tra uomo e donna mi sento in trappola. I conservatori in Marocco mi accusano di dare una cattiva immagine del Paese all’estero e di usare dei valori stranieri, occidentali. E in Francia mi capita di essere accusata di razzismo, di islamofobia, perché rinnegherei la mia cultura. Ma i valori dei Lumi sono universali. Siamo noi a plasmare la nostra cultura, non il contrario».
Leïla Slimani è la scrittrice del momento in Francia: dopo avere vinto l’ultimo Prix Goncourt con il romanzo «Ninna Nanna» (Rizzoli) ha appena pubblicato il saggio «Sexe et mensonges – La vie sexuelle au Maroc» (Les Arènes). Nata 35 anni fa a Rabat da madre francese e padre marocchino, doppio passaporto, da tempo parigina, Slimani affronta la questione della sessualità nel mondo arabo-musulmano (e non solo) attraverso le testimonianze dirette di tante donne e uomini incontrate nel Paese di origine: da Zhor che ha conosciuto il sesso con lo stupro subito a 15 anni, al poliziotto Mustapha che è chiamato ad applicare leggi (contro le relazioni prematrimoniali, l’adulterio, l’omosessualità) che gli sembrano assurde.
Come è nata l’indagine?
«Ho cominciato a interessarmi del tema quando ero giornalista a Jeune Afrique, un po’ prima delle primavere arabe. Poi ci sono stati gli episodi di molestie a Piazza Tahrir al Cairo, e altri fatti di attualità che hanno imposto la questionedella donna nello spazio pubblico. Quando ho presentato il mio primo romanzo Nel giardino dell’orco in Marocco tante donne venivano a parlarmi. Non ne potevano più di tacere. Vivono in una società che si sta modernizzando a una velocità straordinaria, ma ci sono ancora grandi resistenze».
Lei descrive donne oppresse e uomini infelici. L’ipocrisia regna su tutto.
«Perché entrambi sono vittime di una situazione schizofrenica. Tutti vanno a letto con tutti ma l’unica sessualità possibile è rubata: bisogna nascondersi, andare a fare l’amore nei cantieri abbandonati, nelle auto, con la paura di essere scoperti dalla polizia o aggrediti da qualcuno. È una sessualità di rapina, non c’è vero erotismo o intimità. I ragazzi hanno il culto della virilità ma non possono esprimerla se non con le prostitute, e le ragazze non hanno diritto al piacere: quelle che si concedono al loro innamorato saranno lasciate per avere perso all’istante il loro capitale più prezioso, la verginità. L’uomo è ossessionato dal sesso, ma disprezza chi può offrirglielo».
Anche per questo gli aborti, vietati dalla legge, sono così numerosi?
«Tra 500 e 600 al giorno, senza contare i neonati abbandonati per strada o nella spazzatura. Essere una ragazza madre in Marocco è impossibile perché un figlio fuori dal matrimonio resta il frutto del peccato, marchiato a vita come “bastardo”».
I terroristi islamici influenzano la società?
«Questo può accadere ma anche per i conservatori le azioni e le prediche degli islamisti sono inaccettabili. Le prossime vittime potrebbero essere loro, perché per i fanatici non è mai abbastanza».
Il suo libro parla a tutti, sesso e ipocrisia sono questioni in parte irrisolte anche in Occidente.
«Credo sia così, basti pensare alle donne maltrattate fino a essere uccise, in Italia e anche in Francia. Il corpo della donna è un problema ovunque».
Lei è musulmana?
«Penso che sia una questione intima, mi rifiuto di dichiarare la mia religione».