Libero, 3 settembre 2017
La comunista uruguaiana che ha convertito il Papa
Era uruguaiana, ma nacque in Paraguay, e fu uccisa in Argentina. Era febrerista: cioè militante di un partito fascista che poi divenne socialdemocratico, e i cui militanti furono spesso tacciati di comunisti. L’ha infatti definita «comunista» anche il Papa che dice di aver appreso da lei «a pensare la realtà politica» ed è oggi tacciato di criptomarxista: ma da cardinale e arcivescovo di Buenos Aires passava invece per nemico militante del governo di sinistra dei Kirchner. Che peraltro pure loro erano di sinistra, ma si richiamavano all’eredità di quel Juan Domingo Perón che a sua volta era stato un ammiratore dichiarato di Mussolini. Sì, se stiamo alle etichette ideologiche la storia Esther Ballestrino de Careaga non è molto semplice da spiegare.
Limitiamoci dunque ai fatti. Maestra, biochimica, attivista sociale, tra le fondatrici di quelle Madri di Plaza de Mayo che purtroppo da eroica associazione per la difesa dei diritti umani si sono oggi degradate a poco meno che una variante argentina delle cooperative di Buzzi, Esther era di famiglia uruguaiana. Nata nel 1918 nella città di Encarnación, aveva dunque 18 anni al momento della «Rivoluzione di Febbraio» del 1936. Più o meno come in Italia durante la Grande Guerra, il governo liberale che aveva vinto la guerra per il Chaco con la Bolivia era stato accusato di aver perso la pace, e la Rivoluzione del 17 febbraio del 1936 fu una specie di Marcia su Roma di ex-combattenti guidati dal colonnello Rafael Franco. «L’ideale della Rivoluzione è nel senso che come in Europa la Rivoluzione e lo Stato sono la stessa cosa», dichiarò il colonnello Franco, riconoscendo implicitamente che il suo modello era il fascismo. Un fascismo in cui però c’era anche un componente «sociale»: come sarebbe stato di lì a poco il peronismo nella vicina Argentina.
Già nell’agosto del 1937 i liberali avevano però ripreso il potere con un contro-golpe. Nel 1940 un ulteriore golpe riportò al governo i colorados, l’altro partito storicamente rivale dei liberali. Il Partito Rivoluzionario Febrerista dei seguaci del colonnello Franco nel 1947 tornò al potere in coalizione con i colorados; ma poi ci litigò e si unì alla rivolta armata dei liberali, assieme al piccolo partito comunista. La guerra civile fu vinta dai colorados e iniziò la dittatura durata fino al 1989. Segretaria di un Movimento Femminista del Paraguay legato ai febreristi, come molti militanti Esther fu costretta all’esilio. In Argentina conobbe Raymundo Careaga e lo sposò, avendone tre figlie.
Il Partito Rivoluzionario Febrerista intanto piegava verso la socialdemocrazia, fino a essere ammesso nell’Internazionale Socialista e ad adottare come simbolo la rosa nel pugno. Un partito piccolo, ma che in patria teneva molto a una identità di sinistra non comunista. Probabilmente però gli esuli in Argentina erano più eclettici, influenzati da un peronismo che mescolava il suo minestrone ideologico senza posa. Addetta alla sezione cibi del Laboratorio HickethierBachmann di Buenos Aires, ebbe il giovane Jorge Mario Bergoglio come suo dipendente e lo impressionò favorevolmente. «Le volevo molto bene», ha ricordato il Papa. «Ricordo che quando gli davo un’analisi mi diceva: “ehi... come hai fatto in fretta”. E subito mi chiedeva: “ma questo dosaggio lo hai fatto o no?”. Allora, io rispondevo: “perché dovevo farlo, visti tutti i dosaggi fatti prima, doveva dare più o meno così”. “No, bisogna fare le cose bene”, mi rimproverava, In definitiva, mi insegnava la serietà del lavoro. Realmente devo molto a questa grande donna».
Mentre in Paraguay l’interminabile dittatura non terminava, tempi bui vennero purtroppo anche in Argentina. Dopo il golpe del 1976 furono sequestrati prima i suoi generi Manuel Carlos Cuevas e Yves Domergue. Poi il 13 giugno 1977 fu rapita anche sua figlia Ana María incinta di tre mesi, per essere torturata nel centro clandestino di detenzione Club Atlético. Fu allora che iniziò a vedersi con altri familiari di desaparecidos e a girare con altre madri a Plaza de Mayo con un fazzoletto bianco in testa. Una lotta in apparenza senza speranza, ma che riuscì a far liberare Ana María, a ottobre. Esther e le tre figlie scapparono in Svezia, ma dopo un po’ Esther volle tornare. «Voglio continuare fino a quando i desaparecidos non ricompariranno tutti», spiegava. L’8 dicembre fu invece sequestrata anche lei con due suore francesi in una chiesa. Portata nel famigerato centro clandestno di detenzione Escuela de Mecánica de la Armada, fu torturata per una decina di giorni. Il 17 o 18 dicembre fu infine caricata con le compagne su un aereo e gettata viva in mare. I cadaveri ricomparvero su varie spiagge il 20 dicembre, e furono seppelliti senza identificazione. Grazie al dna, i suoi resti sarebbero stati identificati l’8 luglio del 2005. Il funerale fu fatto il 25 luglio successivo e i resti riposano ora nel guardino della stessa chiesa in cui era stata sequestrata