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 2017  settembre 03 Domenica calendario

L’ultradestra tedesca sogna il terzo posto

BERLINO L’unico refolo che si percepisce nell’aria ferma della campagna elettorale tedesca è quello dei partiti che si contendono l’ultimo gradino del podio. Nei sondaggi, l’imprendibile Cdu/Csu di Angela Merkel è attorno al 37%, la Spd un filo sopra la soglia d’allarme del 20%. La vera corsa è per il terzo posto. E gli ultimi dati sono allarmanti: i populisti di destra dell’Afd starebbero all’11%, davanti ai liberali, alla Linke e ai Verdi. Un risultato raggiunto grazie al gioco delle parti del tandem che guida il partito, Alice Weidel e Alexander Gauland.
I due sono un po’ “la Bella e la Bestia” della nuova destra tedesca. E Gauland, di recente, è tornato a stuzzicare l’anima più nera dei suoi – e di una parte del Paese – con parole d’ordine razziste e una difesa a oltranza dei colleghi più controversi. A cominciare dal noto antisemita Björn Höcke, uno che è riuscito a dire che «Adolf Hitler non è il male assoluto», che bisognerebbe apprezzarne le sfumature, i «toni di grigio». Gauland ha candidamente raccontato alla Bild che il leader dell’Afd in Turingia «è amato pazzamente da 20-30% del partito, anche a ovest». È «l’anima» dell’Afd.
Vecchia conoscenza della politica tedesca, giurista, ex politico della Cdu ed ex giornalista, invariabilmente in giacca tweed verde o marrone, Alexander Gauland ha deciso da tempo di dedicarsi alla “pancia del Paese”, per così dire. Co-fondatore dell’Afd, l’ha definito «il partito della piccola gente» e pensa di interpretarne lo spirito più profondo sostenendo, come ha fatto di recente, che la ministra dell’Integrazione di origine turca, Aydan Özoguz, andrebbe riportata in Turchia ed «entsorgt», in sostanza, «eliminata».
Un ex giudice lo ha denunciato, Merkel ha duramente condannato le sue esternazioni «razziste». Lui non si è mai scusato. La “Bestia” dell’Afd, che i giornalisti tedeschi cercano di pungolare con frasi un po’ patetiche tipo “ma lei una volta non era così, cosa ci fa con quelli”, si nasconde dietro un dito. Il partito è «anarchico», dice. Pazienza se a qualcuno scappa qualche frase contro gli ebrei o i neri. Gauland stesso aveva conquistato una discreta notorietà internazionale, anni fa, sostenendo che «nessuno vorrebbe essere il vicino di casa» del campione mezzo ghanese, ma nato e cresciuto a Berlino, Jerome Boateng.
Chi ha preso le distanze da alcuni eccessi del partito è l’altra metà del duo, Alice Weidel. Lontana anni luce dall’ala destra, è esponente tipico della corrente “dei professori”, un genere di militanti della prima ora attirati dalla proposta dell’uscita della Germania dall’euro, spesso accademici e professionisti. Weidel, economista e manager, porta con sé anche un certo cosmopolitismo inedito, ai vertici dell’Afd Lesbica dichiarata, legata a una donna originaria dello Sri Lanka, due figli, doppia residenza tedesca e svizzera, asso della finanza, è la “Bella” volta a conquistare elettori più moderati (un po’ come la leader del partito Frauke Petry, estromessa mesi fa dalla corsa alla cancelleria con un “putsch” dell’ala destra). La scorsa settimana ha preso le distanze da un manifesto in cui si vede una donna incinta e lo slogan “Nuovi tedeschi? Ce li facciamo da soli”. E nelle sue apparizioni in tailleur costosi, spesso con i capelli biondi legati in una severa coda, tende ad arrotondare gli slogan più destrorsi e a rassicurare sulla razionalità delle proposte dell’ultra destra tedesca.
Ma quando si vedono certi manifesti dell’Afd, come una cartina dell’Europa attraversata da una scia di sangue e lo slogan “le tracce della cancelliera in Europa”. O i militanti che si presentano ai comizi di Merkel urlando “vattene”, e danno sfogo a un odio che sembra giustificato, piuttosto, verso un sanguinario dittatore, viene spontaneo chiedersi se esista ancora, un’anima moderata dell’Afd.