la Repubblica, 2 settembre 2017
Roma, addio trasparenza: norma anti-cronisti
ROMA Troppi fari accesi sul Campidoglio, troppe polemiche e troppi articoli che delineano la crisi dell’amministrazione 5 stelle guidata dalla sindaca Virginia Raggi. La prima cittadina si sente assediata e, a poco più di un anno dall’elezione, dopo valzer di assessori, dimissioni e inchieste giudiziarie, tenta di “imbavagliare” l’informazione.
In agosto, tra aule consiliari chiuse per ferie e una città alle prese con l’emergenza siccità, il declino dell’Atac e gli sgomberi dei migranti, l’amministrazione grillina ha trovato il tempo per elaborare una proposta di delibera che modifica l’attuale regolamento (varato nel 2003) sulla trasparenza amministrativa. Un provvedimento che dovrà essere approvato dall’assemblea capitolina e che introduce due nuovi articoli, il 39 e il 40, che limitano la possibilità di accedere agli atti comunali da parte di giornalisti, consiglieri, assessori e presidenti dei quindici Municipi di Roma.
L’articolo 39 riguarda i rapporti con i media e i social network e stabilisce che «i dirigenti chiamati all’attuazione delle diverse forme di accesso agli atti tengono in considerazione il rilievo pubblico, il potenziale uso strumentale e il danno all’immagine che le risposte dell’amministrazione possono generare attraverso la loro pubblicazione sui social network, sui blog o sulle piattaforme web realizzate per la promozione e la difesa del diritto dell’informazione». In pratica, la sindaca di un movimento paladino della trasparenza amministrativa intende decidere cosa i giornali potranno pubblicare o no riguardo al Campidoglio e definisce a priori – a suo insindacabile giudizio e dimenticando che il principio che regola l’informazione è la veridicità e l’obiettività della notizia – cosa potrebbe essere «usato strumentalmente» dalle testate giornalistiche.
Con l’articolo 40 la giunta grillina intende invece limitare l’accesso agli atti da parte degli amministratori municipali. Il principio che regola questo paragrafo è che le richieste di consiglieri, assessori e presidenti di Municipio non costituiscano «un aggravio ingiustificato per gli uffici». Chi sia (e in basi a quali criteri) a stabilire se la richiesta costituisca una mole eccessiva di lavoro per i dipendenti capitolino, non è dato saperlo. «Ma numerose sentenze del Tar precisano che il presunto aggravio per gli uffici non è motivazione sufficiente per un diniego» attacca Matteo Costantini, vicepresidente del consiglio del I Municipio di Roma.