la Repubblica, 2 settembre 2017
L’amaca
In un paese dove si festeggia il compleanno di Hitler (accade ogni anno vicino a Varese, con un’adunata di tatuati birrosi sui quali la razza ariana può fare ben poco affidamento) e dove fascismo e razzismo sono presenze costanti e sempre più aggressive, un concerto del cantante Povia a Trezzano sul Naviglio non sembra essere una minaccia per la democrazia. Povia non è Frank Sinatra, ma non è neanche Goering, e il fatto che sia un simpatizzante di destra non osta, ovviamente, alla sua libertà di cantare, e nemmeno alla libertà del suo pubblico di andarlo a sentire.
A meno che sul palco Povia inneggi alle leggi razziali o faccia apologia del fascismo (ci sono gruppi nazi-rock che hanno in repertorio anche l’invasione della Polonia), non si capisce dunque perché l’Anpi abbia chiesto alle autorità locali, ottenendola, la sospensione di quel concerto. Con la motivazione, bizzarra, che l’attività di Povia sarebbe «divisiva»: un aggettivo, divisivo, che per molti artisti, di ogni tempo e di ogni tendenza, non vale certo come un demerito, semmai come una medaglia. E non solo per gli artisti: divisivi – per fortuna – furono anche i partigiani quando dichiararono guerra ai fascisti. Venendo ai nostri tempi, censura e conformismo non sono buone armi, specie se sparano alle mosche.