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 2017  settembre 03 Domenica calendario

Tra economia e religione, le tre idee di Europa che dividono storici e politici

CERNOBBIO Un confronto così combattuto sui destini e le radici culturali dell’Europa al forum Ambrosetti non si ascoltava da un po’. In genere il piatto forte della giornata dedicata al Vecchio Continente è rappresentato dalle querelle sull’architettura istituzionale della Ue. Stavolta in rapida successione grazie all’ex commissario Mario Monti, al saggista scozzese Niall Ferguson e al leader populista olandese Geert Wilders gli imprenditori e manager presenti hanno potuto ascoltare tre differenti (e configgenti) visioni dell’Europa con giudizi che hanno attraversato non solo l’attualità politica ma per l’appunto le radici culturali del Continente e hanno proposto all’attenzione un tema inusuale per la platea di Cernobbio, il peso delle religioni nei delicati equilibri che alla fine determinano l’orientamento degli elettori. Monti rappresenta l’europeismo classico di stampo renano e infatti ha esordito sostenendo che di fronte alla debacle culturale del mondo anglosassone in preda alla Brexit e al trumpismo «l’Europa è rimasto il luogo della razionalità», ha saputo evitare l’effetto-contagio e non ha permesso a nessuno schieramento populista di conquistare il potere. «L’Europa di oggi a 60 anni è stata costretta a diventare adulta e oggi si trova ad essere più sola ma anche più necessaria». Monti ha anche espresso l’auspicio che gli elettori italiani non avendo dovuto votare anticipatamente dopo il referendum costituzionale del dicembre ‘16 possano nel ‘18 tenersi alla larga dai partiti dichiaratamente anti-europei.
Ferguson, che pure non ha in gran simpatia le recenti scelte operate dagli inglesi, non crede affatto che il mondo anglosassone abbia perso il suo primato culturale in Occidente. L’Europa non gli pare adulta ma affetta da problemi senili, visto che «ripete sempre gli stessi errori». La contraddizione che il saggista trova è quella di un’Unione «metà federale, che sarebbe come dire metà incinta». L’idea dei filo-renani che tutti i Paesi debbano assomigliare alla Germania non lo convince affatto e ha ribadito come, a suo parere, la Ue sarebbe dovuta nascere con maggiore enfasi sulle libertà commerciali e minore attenzione alle politiche monetarie, «come chiedeva Margaret Thatcher».
Per l’olandese Wilders la democrazia coincide con lo Stato-nazione e non capisce perché i governi europei si interessino molto degli equilibri politici dell’Ungheria di Orban e ignorino invece l’islamizzazione. Eppure «l’Islam vuole soggiogare gli europei e non ha nessuna intenzione di integrarsi». La somma data dalla cessione di sovranità a Bruxelles e la presenza dei musulmani in Europa per Wilders è il segnale di una inequivocabile resa. Di un continente che rinuncia al suo ruolo di comunità cristiana e che dimentica di essere erede delle grandi civiltà di Atene, Roma e Gerusalemme. Tranchant la replica di Monti: «A Wilders che vede l’Europa come una comunità di cristiani e di stati sovrani ricordo che due guerre mondiali sono avvenute tra cristiani e una non è stata priva di conseguenza sugli ebrei». Alla fine, pur parlando (anche) di religioni, nessuno però ha citato Papa Francesco.