Notizie tratte da: Antonella Campanini, Il cibo e la storia: il Medioevo europeo, ed. Carocci, Roma, pagg. 173, euro 14, 3 settembre 2017
LIBRO IN GOCCE NUMERO 149 (Il cibo e la storia: il Medioevo europeo) Vedi Biblioteca in scheda: manca Vedi Database in scheda: manca MINACCIOSI FICHI PUNICI Tonno «D’intorno alla sacra ed ampia Samo vedrai pescare a fatica il tonno di grandi dimensioni, quello che chiamano orkys, altrove invece ketos
LIBRO IN GOCCE NUMERO 149 (Il cibo e la storia: il Medioevo europeo)
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MINACCIOSI FICHI PUNICI
Tonno «D’intorno alla sacra ed ampia Samo vedrai pescare a fatica il tonno di grandi dimensioni, quello che chiamano orkys, altrove invece ketos. (…) È nobile anche a Bisanzio e a Caristo; ma nella gloriosa isola dei Siculi, tonni molto migliori di questi nutrono le coste di Cefalù e di Tindari. Ma se ti spingi dalla veneranda Italia fino ad Ipponio, sede di Persefone dall’augusto diadema, di gran lunga là sono certo migliori di tutti» (poema didascalico compilato da Archestrato di Gela nel IV secolo a.C.).
Fichi Racconta Platina che fu grazie a un fico che Catone convinse il senato a intraprendere la terza guerra punica: ai padri coscritti ne mostrò uno e chiese loro: «Da quanto tempo ritenete che questo frutto sia stato staccato dalla sua pianta?». Ed essendo chiaro a tutti che il fico era ancora fresco, aggiunse: «Sappiate che è stato colto a Cartagine neanche tre giorni addietro: tanto vicino abbiamo il nemico!».
Vegetariani Pitagora e i suoi seguaci erano vegetariani.
Carne Massimino il Traxe, nel III secolo d.C., fortissimo bevitore – in un giorno arrivava a scolarsi un’anfora capitolina di vino, 25 litri circa, e a mangiare fino a 20 chili di carne.
Barbari Secondo Tacito, i barbari «come bevanda hanno un liquido ricavato dall’orzo o dal frumento, fermentato in modo analogo al vino; i più vicini alla riva del Reno commerciano anche in vino. Il loro cibo è semplice: frutti selvatici, selvaggina appena cacciata, latte cagliato; riescono a soddisfare la fame senza elaborati preparativi e senza ghiottonerie. Nei confronti del bere non sono ugualmente temperanti: se li si asseconda nella propensione a ubriacarsi offrendo loro quanto vino vogliono, si lasceranno vincere più facilmente dal vizio che dalle armi».
Arrosto Carlo Magno nel mangiare e nel bere usava moderazione; ma soprattutto nel bere, perché l’ubriachezza gli faceva orrore in chiunque, tanto più in sé stesso e nei suoi. Il suo pasto quotidiano consisteva di quattro sole portate, oltre all’arrosto che i cacciatori gli portavano sullo spiedo e che gli piaceva più di qualsiasi altro cibo. Durante il pasto Carlo Magno ascoltava qualcuno che recitava o leggeva.
Spezie Le spezie furono largamente utilizzate in cucina durante tutto il Medioevo. In un libro di cucina veneziano del Trecento, per esempio, si trovano una miscela “universale “(un’oncia di pepe, una di cinnamomo, una di zenzero, mezzo quarto di chiodi di garofano, un quarto di zafferano), una “dolce”, (un quarto d’oncia di garofano, un’oncia di zenzero, una di cinnamomo con aggiunta di folio, forse identificabile con l’alloro) e infine una “forte” (mezzo quarto di garofano, due once di pepe, due noci moscate con aggiunta di pepe lungo).
Maccheroni Ricetta dei maccheroni ciciliani di Maestro Martino, attestati già al termine del Medioevo: «Piglia de la farina bellissima, et impastala con biancho d’ovo et con acqua rosa, overo con acqua comuna. Et volendone fare doi piattelli non gli porre più che uno o doi bianchi, et fa’questa pasta ben dura; dapoi fanne pastoncelli longhi un palco et sottili quanto una pagliuca. Et togli un filo di ferro longo un palco, o più, et sottile quanto un spagho, et ponilo sopra ‘l ditto pastoncello et dagli una volta con tutte doi le mani sopra una tavola; dapoi caccia fore il ferro, et ristira il maccherone perusato in mezo».
Pane Dalla popolazione europea, in particolare da quella che si affaccia sul Mediterraneo, la carestia è percepita innanzitutto come mancanza di pane. I modi per creare pani “alternativi” sono i più svariati: «Molti facevano il pance con i semi dell’uva o con i fiori dei noccioli; altri con le radici delle felci pressate, seccate e ridotte in polvere, mischiate con un po’ di farina. Molti ancora facevano la stessa cosa tagliando l’erbaccia dei campi. Ne mancò chi, del tutto privo di farina, si limitò a raccogliere e a mangiare vari tipi di erbe; questi però deperivano, diventando tutti gonfi» (Gregorio di Tours ricorda una delle gravi carestie che colpiranno la Gallia alla fine del VI secolo).
Pomodoro Il pomodoro, prodotto importato dalla Nuova Spagna, fatica a sfondare a causa delle perplessità che suscita negli scienziati del tempo. «Pomo d’oro, così detto vulgarmente dal suo intenso colore, overo pomo del Perù, quale o è giallo intenso overo è rosso gagliardescamente – e questo o è tondo equalmente, overo è distinto in fette come il melone – ancora lui da ghiotti et avidi de cose nove è desiderato nel medesimo modo et ancora fritto nella padella come l’altro, accompagnato con succo de agresto, ma al mio gusto è più presto bello che buono» (Costanzo Felici, botanico italiano, tra il 1569 e il 1572).
Giorgio Dell’Arti, Domenicale – Il Sole 24 Ore 3/9/2017