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 2017  settembre 03 Domenica calendario

I video di Tiziana ancora online dopo quasi un anno

Nelle cloache virtuali di Facebook denunciate sul Fatto Quotidiano da Selvaggia Lucarelli, nei gruppi dove odio e sessismo si miscelano in una mistura putrida e imbevibile, c’è ancora chi cerca i video di Tiziana Cantone. Come ha fatto tale Enrico su “Psicologia applicata-Il Gruppo” di Massimiliano Zossolo. Purtroppo è possibile accontentare Enrico. Un anno dopo il suicidio della ragazza 31enne di Casalnuovo, i video di Tiziana continuano a far parte dell’offerta a luci rosse di un importante sito statunitense di settore. Il ‘whois’ della piattaforma (dove è possibile consultare la banca dati dei domini) non rimanda però a informazioni precise sulla registrazione del dominio. Su questo sito i filmati della povera napoletana si trovano senza sforzo. Basta digitare ‘Cantone’ sulla striscia di ricerca in alto a destra della home page. Spuntano tre video di varia lunghezza. Uno dei tre riporta nome e cognome della ragazza.
È infatti quasi impossibile eliminare dalla Rete un filmato di questo tipo. Una volta entrato nel circuito hot, vive di vita eterna, resiste a censure e a iniziative legali. “Abbiamo inviato diffide a tutti i siti che siamo riusciti a individuare – spiega l’avvocato Giuseppe Marazzita, difensore di Teresa Giglio, la mamma di Tiziana – e tutti i siti italiani hanno risposto rimuovendoli. Ma sui siti stranieri, e in particolare statunitensi, è molto difficile: al 70% rimuovono, poi però lo stesso video riappare con un nome nuovo su un altro sito. Se li girano. Anche per loro è difficile controllare, quando il video viene inserito senza il nome di Tiziana”.
L’avvocato ricorda la battaglia legale combattuta, e vinta, contro Facebook per far eliminare gruppi e pagine che rimandavano ai link dei video e incitavano a deridere la ragazza: “Ci siamo riusciti con molte difficoltà, c’è voluta una sentenza del giudice civile”. Nel frattempo ad aprile il Gip di Napoli ha archiviato le cinque persone indagate per diffamazione per aver diffuso i video ricevuti in chat da Tiziana. Il giudice però ha ordinato un supplemento di indagini sul legale rappresentante di Facebook Italia, il social network che ignorò le diffide e lasciò in rete i gruppi di haters di Tiziana. “La diffamazione grave, a nostro avviso, avvenne qui – sostiene l’avvocato Marazzita – è su Facebook che iniziò il calvario di Tiziana, quando ha visto il suo nome sul social associato ai video pubblicati su siti porno. Se fossero stati immessi solo su questi siti, senza alcun collegamento con una piattaforma così diffusa come Facebook, probabilmente lei non ne avrebbe saputo nulla”. E forse non sarebbe stata assalita dal male oscuro che l’ha spinta al suicidio. È passato un anno e una madre disperata chiede giustizia. Nell’indifferenza di un sottobosco del web che senza pietà continua a offendere la memoria della figlia.
di Vincenzo Iurillo | 3 settembre 2017