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 2017  settembre 03 Domenica calendario

CariChieti, l’inchiesta per bancarotta che fa tremare Bankitalia

Certi sconquassi della storia arrivano da dove meno te lo aspetti. Mentre infuriano le polemiche per l’inchiesta aperta dalla Procura di Roma sull’operato della vigilanza nella mancata cessione di Bim, a Chieti traballa un altro pezzo del risiko bancario messo in piedi da Via Nazionale: sono infatti indagati gli ex commissari inviati a inizio 2015 dalla Banca d’Italia a salvare la CariChieti. Come spesso accade, la Cassa di risparmio teatina – un’istituzione della città, 90 mila clienti e un quarto del mercato della provincia – non si è salvata e il commissariamento s’è concluso col dissesto. La vecchia CariChieti non esiste più. La banca è stata messa in “risoluzione” dal governo insieme a Etruria, Marche e CariFerrara nel novembre 2015. In ossequio alle nuove norme Ue sui salvataggi bancari, gli azionisti (80% la fondazione CariChieti, 20% Intesa Sanpaolo) sono stati azzerati, così come i 27 milioni di euro di obbligazioni subordinate rifilate a 728 clienti. Gente che ha perso i risparmi di una vita. Dalle sue ceneri è nata la nuova CariChieti, comprata per 1 euro da Ubi insieme a Etruria e Banca Marche. Dopo Tercas e CariPescara finite a Popolare di Bari su spinta proprio della Banca d’Italia, l’Abruzzo ha perso così la sua ultima banca “del territorio”.
Come ha rivelato il quotidiano Il Centro, l’inchiesta, partita alla fine dell’estate 2016 e condotta dal pm Giuseppe Falasca, vede indagati gli ex commissari Salvatore Immordino e Francesco Bochicchio. Nei giorni scorsi è stata ottenuta la proroga delle indagini. L’accusa è bancarotta fraudolenta. Non era mai successo prima d’ora. Chieti presenta tutte le caratteristiche del cortocircuito della vigilanza bancaria, stretta tra l’arrivo delle nuove regole Ue e la spinta alle aggregazioni tra banche piccole e grandi per chiudere la crepa aperta dalla crisi durante la quale i vigilantes hanno chiuso più di un occhio. Ma spesso si scivola nell’arbitrio.
Tutto nasce dall’esplosiva sentenza del giudice fallimentare Nicola Valletta che il 19 luglio scorso ha dichiarato l’insolvenza della vecchia CariChieti, posta in liquidazione coatta amministrativa. In 61 pagine, il dettagliato documento ricostruisce anche l’ultimo anno della banca.
L’istituto viene commissariato il 4 settembre 2014 per “gravi irregolarità amministrative e gravi violazioni emerse in precedenti accertamenti ispettivi”. A differenza delle altre tre banche, qui il governatore Ignazio Visco non contesta le “gravi perdite patrimoniali”, che non ci sono. Nessuno dei 21 ex amministratori risulta indagato. Come ricorda la sentenza, il cda si era più volte adeguato alle richieste della vigilanza, in ultimo con una pulizia sui crediti per 61,2 milioni e al momento del commissariamento il Core tier one – il coefficiente patrimoniale di vigilanza – superava i livelli minimi richiesti.
Secondo Valletta la banca non era insolvente al momento della risoluzione ma lo è diventata solo dopo la liquidazione coatta amministrativa, quando le attività sono state cedute alla nuova CariChieti. A far scattare la risoluzione sono state così le “gravi perdite” scaturite durante il commissariamento per le “rettifiche di valore netto dei crediti di cui però non è stata data alcuna giustificazione” perché la Banca d’Italia si è rifiutata di fornirla. Rettifiche, si legge, “che appaiono astrattamente ben al di sopra delle prassi prudenziali contabili”. A settembre 2014, lo stock di crediti deteriorati è molto alto ma adeguatamente coperto con accantonamenti. In un anno i commissari alzano le coperture sui crediti deteriorati a livelli davvero elevati. Utilizzando gli stessi documenti di Bankitalia, i giudici fallimentari notano che quelle di Carichieti vengono portate al 54,5%, contro una media del sistema del 45,5, con rettifiche per 212 milioni di euro. Valletta lamenta le scarse informazioni messe a disposizione del tribunale e di non essere stato messo in condizione di giudicare se la valutazione dei commissari sia stata fatta correttamente o si sia invece rivelata troppo severa, con una svalutazione eccessiva che ha intaccato il patrimonio, causando il dissesto. CariChieti non ha prodotto i documenti richiesti dal tribunale. Vista la sentenza, Falasca ha aperto il fascicolo.
Fallita la banca, Bochicchio è stato nominato da Bankitalia nel comitato di gestione della CariChieti in liquidazione – cioè a supervisionare gli effetti anche del suo operato – mentre Immordino, dopo sei mesi da ad della nuova Carichieti è finito a guidare la Rev spa, la società a cui sono stati ceduti a prezzo stracciato i crediti inesigibili di Carichieti da vendere al miglior offerente. Quelli che ha gestito (e svalutato a bilancio) da commissario. Come nelle migliori caste, però, in Bankitalia l’assenza di conflitti d’interessi si autocertifica.