La Stampa, 2 settembre 2017
Intervista a Eleonora Abbagnato: «Ecco la mia vita in punta di piedi. Oggi cerco la luce nei passi degli altri»
Immaginarsela bambina è facilissimo: una pupetta tutta determinazione che al tacco a spillo preferiva scarpette rosa e che le bambole le guardava solo se in tutù. Eleonora Abbagnato è quello che voleva diventare, una stella del balletto di prima grandezza. Vanta una collezione di premi infinita, étoile all’Opera di Parigi ancora ragazzetta, prima straniera a potersi fregiare di questo titolo prestigiosissimo. «Non ce la farai, è impossibile», le dicevano. Non per lei. Che ha persino trovato il tempo per mettere su famiglia splendidi bambini biondi e un marito calciatore, Federico Balzaretti. Una coppia che per ovvi motivi esce dal cliché ballerina-calciatore.
Eleonora, in che data collochiamo l’inizio della sua favola?
«Avevo 3 anni e mezzo e mamma aveva un negozio di abbigliamento a Mondello. La vicina di casa era una professoressa di danza e io guardavo queste ragazzine ballare e mi sembrava un sogno. Ho iniziato così, da lei. Poi ho vinto i primi concorsi e Palermo mi stava stretta. Ecco Montecarlo, Cannes, Parigi e Roland Petit».
Che rapporto aveva con il grande coreografo?
«L’ho conosciuto quando avevo solo 11 anni e mi scelse per il ruolo di Aurora nella Bella Addormentata. Lo ricordo con affetto, era molto esigente, in ogni balletto cercava il personaggio capace di raccontare una storia vera. Mi diceva che Parigi era inarrivabile, per un’italiana era impensabile, invece ce l’ho fatta. Non facile, tante cattiverie, troppe invidie ma ho tenuto duro e quando Sarkozy mi ha nominata “Chevalier dans l’ordre national du mérite”, ne sono stata orgogliosa».
Si dice che anche lei sia molto esigente.
«Sono rigorosa, cerco la perfezione al di là delle difficoltà tecniche. Mi interessano le nuove emozioni, sono in caccia di altre paure. Quando ero giovane entravo nei personaggi capendone si e no la statura; adesso che sono matura li comprendo appieno e posso restituirli al meglio».
E di Nureyev che ricordo ha?
«Ero da poco entrata alla scuola dell’Opéra di Parigi, l’ho incrociato due volte. Diceva sempre: “Non parlate, zitti e fate”, con quel suo francese così russo. Invece con Baryšnikov il rapporto è diverso e mi ricordo ancora che da bambina era il mio preferito. Tutte eravamo innamorate di Misha».
Da venerdì prossimo nell’ambito della soirée Roland Petit lei metterà in scena all’Opera di Roma Le Jeune Homme et la Mort composta da tre opere del coreografo francese con L’Arlésienne e Carmen.
«Un capolavoro esistenzialista con libretto di Jean Cocteau. Io interpreto la donna provocatrice, la morte che tutto decide».
Dal 2015 guida con successo il balletto del teatro dell’Opera. Il suo presente e il suo futuro?
«Vado fiera dei miei 80 ballerini. Sono di buon livello e ora cominciano ad arrivare proposte internazionali. Nonostante la crisi dei teatri in due anni siamo cresciuti moltissimo. Solo per loro sono tornata a Roma, altrimenti non l’avrei fatto mai. In questa città la lotta è continua, mancano le strutture, fortunatamente ho l’appoggio del soprintendente ma è dura lo stesso».
E ci sono gli impegni a Parigi.
«Sì, aprirò la stagione con “Le sacre du printemps” coreografia di Pina Bausch. La mia è una vita di andate e ritorni, ho la famiglia a Roma e il corpo di ballo da seguire. Ho ancora due anni di carriera e li voglio sfruttare al meglio. In Francia si va in pensione a 42 anni, in Italia a 46. Un bene andare via prima per le difficoltà fisiche e mentali che il nostro lavoro comporta. Ed è bello avere ancora una vita davanti. Il mio futuro è iniziato bene».
A questo proposito, lei ha fatto cinema e tv, le hanno offerto la conduzione di vari programmi e ha lavorato con Maria De Filippi. Potrebbe continuare?
«Esploro mondi diversi, e ho molto rispetto per Maria De Filippi che aiuta i giovani a diventare ballerini televisivi. Anche Nureyev andava in tv e la signora Fracci. Un modo per far conoscere il balletto di cui si parla pochissimo. Sono anche apparsa nel video clip di Vasco Rossi e con Renato Zero. E ho un rapporto speciale con Claudio Baglioni. L’arte è arte e fa bene condividere esperienze, emozioni. Il nostro mondo è piccolo e io mi apro anche ad altro come ho fatto con Ficarra e Picone al cinema. Vivo alla giornata».
E la danza contemporanea la ama?
«Sono stata educata alla grande danza contemporanea. Energia, libertà, è più fisica, all’estremo della danza classica e perciò ti aiuta a migliorarla».
Ha già trovato la nuova Abbagnato tra i suoi ragazzi?
«Rebecca Bianchi ha caratteristiche simili alle mie. La seguo in ogni ruolo che danza, faccio quello che a me è mancato a Parigi. La cattiveria nella danza distrugge, io odiavo l’invidia delle colleghe. Porta energie negative che ti senti intorno, quando entri in scena, averle accanto non è bello. Ma poi danzavo e dimenticavo tutto. Ecco, con lei faccio da scudo, la proteggo e la incoraggio, una funzione basilare per crescere al meglio».
Che cosa ha di più delle altre Rebecca Bianchi?
«Una luce che c’è oppure non l’avrai mai e va oltre il talento artistico. Un qualcosa di speciale che in scena ti porta a guardare solo lei tra tanti E poi ci sono bravi ballerini, ora i giovani uomini sono più talentuosi delle donne».
Nei suoi figli riconosce il talento da calciatore o da ballerino?
«Io e mio marito siamo simili per la determinazione che mettiamo nel lavoro e nell’assoluta dedizione. Il piccolo gioca a calcio come potrebbe fare altro. La bambina canta, balla ma è un gioco. Io vedevo solo la danza, come fosse un fuoco che mi ardeva dentro, ballavo tutto il giorno, studiavo poco, quello sì, ma ero troppo stanca. D’altra parte non avrei potuto fare altro».