La Stampa, 2 settembre 2017
Primo sì al concordato preventivo. Rischio voragine nei conti di Roma
Ieri il primo passo per avviare il concordato preventivo per Atac, la disastrata e inefficiente compagnia di trasporto pubblico della Capitale, gravata da un mostruoso debito di 1,3 miliardi. Il Cda dell’azienda guidata da Paolo Simioni ha infatti ufficializzato il via libera al complesso percorso di concordato preventivo. Un meccanismo che permette la continuità dell’attività aziendale stabilendo un percorso di risanamento condiviso con i creditori – che dovranno accettare di perdere una notevole fetta dei soldi a loro dovuti – sotto l’egida del tribunale. Non è detto, però, che questo percorso possa andare in porto, vista la difficile situazione dell’azienda.
E quel che è peggio, come pure aveva avvertito l’ex assessore al Bilancio Andrea Mazzillo – sostituito con il livornese Gianni Lemmetti lo scorso 23 agosto – c’è il rischio concreto che il concordato Atac possa scatenare un disastro per i conti del Comune di Roma. L’azienda di trasporto deve alla Capitale ben 429 milioni, crediti concessi all’interno di un piano di rientro dal debito di Atac. Un concordato potrebbe tagliare il credito vantato dal Comune in modo drastico, aprendo una voragine nei conti, e determinando a cascata prima il dissesto finanziario del Comune, e il commissariamento di Roma poi.
Per adesso la sindaca Virginia Raggi (sostenuta dal M5S) si dice convinta di aver fatto la scelta giusta per salvare Atac, oltre che per lasciarla in mano pubblica. «Chiediamo ai dipendenti e ai cittadini di seguirci in questo percorso di rinascita – dice Raggi – mettiamo in opera uno strumento per trasformare radicalmente l’azienda che mira a tutelare i livelli occupazionali. I lavoratori onesti non hanno nulla da temere». In verità, i rischi per l’occupazione sono evidenti: dopo il via libera del magistrato al concordato preventivo, per convincere i creditori ad accettare il taglio dei soldi a loro dovuti, l’azienda dovrà presentare un drastico piano di risanamento che quasi inevitabilmente riguarderà anche il personale. I sindacati lo sanno, e hanno già annunciato manifestazioni in Campidoglio e scioperi che certamente non agevoleranno l’operazione. In più c’è il problema della tempistica. Ci sono numerosi passaggi formali: una delibera di giunta da approvare in Consiglio comunale, un altro passaggio in Cda, il deposito della richiesta in Tribunale, la presentazione della proposta di concordato e il piano di rilancio aziendale da valutare. Serviranno settimane. I fornitori, che rischiano di dare gasolio e pneumatici senza poter incassare il pagamento integrale, saranno disponibili?
Le opposizioni protestano. Per i Radicali, l’unica alternativa resta «il nostro referendum per la messa a gara del servizio». Mentre il Pd tuona contro «la strategia Casaleggio» dei «libri in tribunale», Stefano Fassina (SI) si chiede «cosa succederà se, come previsto dalla legge, una parte dei creditori chiederà il fallimento di Atac».