Focus, 11 agosto 2017
Quando la bocca è un’arma
Si è estinto da 65 milioni di anni, ma il Tyrannosaurus rex rimane uno degli animali più affascinanti che abbiano mai dominato il pianeta. E non c’è miglior simbolo della sua ferocia delle sue enormi fauci: il suo morso era l’arma più letale che si sia mai vista sul nostro pianeta, con una forza «equivalente a essere schiacciati da 3 automobili, una sopra l’altra (v. schema nella prossima pagina)». A spiegarlo è Paul Gignac dell’Università dell’Oklahoma (Usa), il primo scienziato insieme al collega Gregory Erickson a calcolare con precisione la forza del suo morso, in un nuovo studio pubblicato su Scientific Reports.Non solo: Gignac è anche uno dei pochissimi studiosi al mondo ad aver misurato “sul campo” la potenza delle fauci di predatori temibili, come coccodrilli e alligatori. E questo è stato fondamentale per studiare un “megamorso” come quello del T. rex:per l’analisi, in fatti, Gignac ed Erickson si sono basati sulle scansioni dei crani fossili, sulle ricostruzioni della muscolatura, ma anche sulla comparazione con la stretta dei coccodrilli.
TRE TONNELLATE. I risultati? «Immaginate di avere una bilancia, una normale bilancia da bagno, che però può pesare fino a 4.000 kg. Se un T. rex la mordesse, la bilancia si fermerebbe a 3.500 chili: quella è la massima potenza generata dal suo morso, inteso come la chiusura delle fauci intorno alla preda», spiega Gignac. In più bisogna considerare che quella forza si “concentrava” sui denti del T. rex, estremamente appuntiti, il che significa che «la pressione generata dalla loro punta era pari a circa 30.000 kg per centimetro quadrato: per capire davvero che cosa significhi, bisogna considerare che sopra i 700 kg per centimetro quadrato anche l’osso di una preda (il cui interno è un’ottima fonte di nutrienti per l’animale) va in pezzi». Il megamorso del T. rex, insomma, era un’arma letale e specializzata. «Mascelle potenti come quelle del tirannosauro non sono comuni perché richiedono un grande dispendio di energia», prosegue lo scienziato. Quelli che le possiedono, però, godono di un vantaggio evolutivo immenso, che li eleva al rango di superpredatori.
E infatti anche oggi molte specie hanno investito nello sviluppo di fauci temibili. Come ha fatto il più grande rettile vivente, che pare davvero un degno “erede” del T. rex: il coccodrillo marino, un bestione di una tonnellata con «il morso più potente mai misurato direttamente: sfiora i 1.700 chilogrammi (in realtà si dovrebbe parlare di una “forza equivalente al peso di 1.700 kg”, visto che il kg è, a rigore, un’unità della massa; ma nella pratica le due misure coincidono)», spiega Gignac. I due record, dimensioni e morso, vanno di pari passo. «Il primo dettaglio da considerare sono infatti le dimensioni del corpo, che sono decisive per sviluppare un morso potente. E oggi i predatori terrestri più grandi del mondo sono coccodrilli e alligatori».
Lungo fino a 7 metri, il coccodrillo marino ha la morfologia del cranio dedicata in gran parte ai muscoli della mascella, capaci di esercitare una forza immensa quando si chiude. Se nel caso del T. rex il megamorso serviva per lacerare le ossa per raggiungere il midollo, le mascelle dei coccodrilli (e degli alligatori) sono infatti una vera e propria trappola, che si chiude sulla preda fino a dissanguarla o annegarla. Gignac ed Erickson ne sanno qualcosa, visto che, come dicevamo, prima di dedicarsi al T. rex hanno speso dieci anni a misurare direttamente i morsi delle maggiori specie di coccodrilli e alligatori mettendo tra le loro fauci spalancate un misuratore di forza e... aspettando lo scatto. Un lavoro che Erickson ha descritto come qualcosa di simile ad «andare a caccia di draghi» e che ha reso Gignac, come confessa con un certo understatement, «un po’ nervoso». E per i cui risultati i due sono stati contattati dal Guinness dei primati.
I CAMPIONI DI OGGI. In effetti, il lavoro sui coccodrilli di Gignac ed Erickson è quasi unico. E vero che è possibile simulare al computer la forza teorica del morso di molti grandi predatori viventi, ma sono relativamente poche le misurazioni dirette che abbiamo a disposizione.
Studiare i megamorsi è un lavoro pericoloso e non sempre facile. E il motivo, per esempio, per cui non esistono misure sul campo, ma solo simulazioni al computer, della potenza di grandi killer marini come le maggiori specie di squalo e l’orca. Le stime, comunque, indicano misure di tutto rispetto. Studiosi australiani hanno per esempio valutato che la forza delle mascelle di un grande squalo bianco arrivi a 1.800 kg. E per l’orca i calcoli parlano di un morso che potrebbe essere tre volte più potente di quello di un coccodrillo marino, ma finché qualcuno non troverà il modo di convincere questo cetaceo a mordere una “bilancia” il mistero resterà irrisolto.
Per i mammiferi terrestri, ben più facili da studiare, ci sono maggiori dati. I grandi felini (che sono tra gli animali con il morso più potente) sono probabilmente l’esempio perfetto di quante variazioni possono esistere di una singoli strategia. Leoni e tigri, per cominciare utilizzano il loro megamorso per immobilizzare prede spesso più grosse di loro affondando i denti nella gola e lasciandole soffocare e dissanguare. Il giaguaro, invece, punta su prede più piccole, e usa le sue mascelle per bucare le ossa del cranio e uccidere l’animale sul colpo: la punta dei suoi denti è in grado di superare quel limite di 700 kg per centimetro quadrato necessario a rompere le ossa, e non a caso una delle sue prede preferite sono le tartarughe. E a proposito di mammiferi, «prima che cominciassero gli studi sui coccodrilli, la iena era considerato l’animale con il morso più potente del mondo», fa notare Gignac.
I suoi denti appuntiti e la muscolatura facciale estremamente sviluppata le permettono non solo di uccidere una preda sul colpo, ma anche di frantumare le ossa delle carcasse di cui si nutre per accedere al midollo, la stessa strategia utilizzata dal T. rex. Diversamente da altri mammiferi predatori, poi, la iena utilizza l’intera bocca, canini compresi, per triturare le ossa, invece di sfruttare solo i molar, questo le permette di farlo con estrema efficienza, evitando il rischio di bucars, il palato con schegge appuntite.
ARSENALE PER LA CACCIA. Leoni, iene giaguari hanno sviluppato un megamor so per necessità di caccia. C’è però anchi chi si è ritrovato con un morso potente conseguenza delle grandi dimensioni ma lo sfoggia solo in circostanze eccezio nali, preferendo affidarsi ad altre strate gie per procacciarsi il cibo. Come nel case dei grizzly. Questi orsi hanno infatti un; dieta onnivora e non avrebbero bisogne di mascelle da record per nutrirsi delle loro prede preferite: pesci, uova, frutta anche insetti. Essendo animali che arrivano a pesare oltre 350 chili, però, il lorc megamorso (che “potrebbe far esplodere una palla da bowling”, come recitano le avvertenze di alcuni parchi americani, anche se non risulta che qualcuno lo abbia mai provato davvero) è un’aggiunta naturale al loro già vasto arsenale e viene sfruttato quando decidono di andare a caccia di alci, caribù o cervi.
Invece, usano la letale dentatura più spesso i loro cugini nordici, i più carnivori della famiglia: gli orsi polari, pesanti fino a 700 kg, che tendono a finire le loro prede preferite, le foche, con un potente morso alla testa.
Persino tra i nostri parenti non mancano però mascelle formidabili: se un essere umano può sviluppare circa 80 chili di forza, il gorilla, il primate con il morso più potente, può arrivare a molte volte di più. Il motivo? Permettere all’animale di masticare più facilmente la vegetazione più dura, come il bambù, del quale è ghiotto. E la potenza delle sue fauci ha anche una funzione difensiva: i maschi possono contare sui loro canini estremamente sviluppati, un ottimo deterrente contro rivali e predatori.
ERBIVORO, MA TOSTO. C’è infine un caso limite, un’eccezione più unica che rara nel mondo animale, come sottolinea anche Gignac: «E raro, quasi impossibile, trovare un grosso erbivoro con un morso da carnivoro. A meno che non si parli dell’ippopotamo». Con una forza misurata oltre gli 800 chili, l’ippopotamo è uno dei campioni di megamorsi, eppu si nutre esclusivamente d’erba. Ha pe muscoli potentissimi nella mascella, una struttura dell’articolazione che i permette di aprire la bocca quasi a 18( e di chiuderla con una forza tale da roi pere un coccodrillo in due. E un’arma difesa contro i predatori, e di intimid zione contro i rivali che richiede ui sforzo energetico molto alto per l’anim le, ma che lo rende sostanzialmente i vulnerabile. La prima registrazione uf ciale della potenza del morso di i ippopotamo è avvenuta in pubblico: 1’ha effettuata Brady Barr, biologo americano che conduce un programma sul canale Nat Geo Wild intitolato Dangerous Encourtters with Brady Barr. In un episodio, ha prima misurato la potenza del morso di una femmina, poi ha provato a ripetere l’esperimento su un maschio, ma ha dovuto rinunciare quando si è reso. conto che l’animale si stava irritando. Insomma, è un lavoro duro, ma qualcuno lo deve pur fare... Forse è una fortuna che, per valutare il T. rex, ci dobbiamo accontentare dei calcoli.