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 2017  settembre 01 Venerdì calendario

Sesso, droga anni 70, tra la 42esima e Times Square

Per chi ha frequentato la pulitissima, sicura, elegante New York di questo secolo, emersa dal crollo delle torri e dal pragmatico sogno della tolleranza zero di Rudolph Giuliani, il mito di una sordida Times Square di prostitute e cinema porno, con gli albergacci dei poeti beat e le storie trans di Lou Reed, è una parte del folklore, come la leg genda di un fantasma in un albergo di lusso.The Deuce, che esce a settembre su Hbo e da noi su Sky, racconta quel mondo e quel mito con urna nità e una fantastica attenzione al dettaglio. The Deuce è il sopran nome della quarantaduesima strada, quella che taglia in orizzontale la parte più a Sud di Times Squa re: negli anni Settanta, era nota per le sue passeggiatrici e i suoi passeggiatori.
E una serie corale, che ruota in torno al marciapiede e a uno dei suoi bar: il protagonista, interpre tato da James Franco, ne diventa proprietario grazie ai legami con la mafia italiana. Franco interpreta anche un secondo personaggio, per ora minore: il gemello del protagonista, un giocatore d’azzardo. Maggie Gyllenhaal è una prostitu| ta senza protettore decisa a uscire dal mestiere alle proprie condizioj ni, magari grazie alla sottocultura nascente dei film porno, luogo di incontro fra l’avanguardia e la professione più antica al mondo. Tutto intorno, un bel pullulare di ’ personaggi e comparse: le prostitute, i protettori, i mafiosi, quelli del porno, tutta una centrale di polij zia, ragazze in cerca di libertà sce! se da un autobus a Penn Station, e un paio di hipster di buona o media famiglia che si intrufolano nel la scena per raccontarla o scoprire se stesse.
Volevo vedere che effetto mi avreb be fatto descrivere la serie senza menzionare prima i loro autori: gli scrittori di crime alto George Pele canos e Richard Price, insieme al vecchio compagno di avventure David Simon, il creatore di The Wire, genio scorbutico il cui problema negli ultimi anni è stato sapere di aver realizzato la serie più intelli gente e sperimentale della storia della televisione (Twin Peaks non è televisione, è una biennale finita per caso in televisione, The Wire invece è proprio televisione, eppure sembra l’abbiano scritta Rousseau, Tocqueville e Shakespeare).
Una nuova serie di David Simon non viene più accolta con entusiasmo e trepidazione. Trcme, che raccontava la scena musicale di New Orleans all’epoca dell’uragano Katrina, ha portato la poetica di Simon quasi al paradosso della non narrazione. Se The Wire ave| va stabilito, un po’ come Joan Di dion per il reportage narrativo, che ! il realismo si può fare in scala t:t, ì raccontando le cose talmente in dettaglio che sembra di trovarsi nel i commissariato o sul portico con lo spacciatore in tempo reale, anzi nei tempi morti della realtà, Treme sembrava puntare alla sospensione della trama.
L’ideale di dinamica narrativa di Simon è riprendere due poliziot! ti che si annoiano mentre fanno I la posta sotto casa a uno spaccia1 tore. Attraverso la conversazione j strampalata ma non virtuosistiI ca, personaggi che semplicemente passando per strada ci rivelano come procedono le altre trame, frasi I intrasentite dalla radio della macchina, ci si compone in testa l’arazzo. The Wire, affresco politico-criminale, non lo si poteva “ascoltare” come un radiodramma: ogni fotogramma rivelava dei segreti. Per spiegare il funzionamento di una comunità, Simon quasi ferma il tempo per indicare la simultaneità degli eventi. C’è chi cede alla quarta puntata.
Oggi però il trio Pelecanos-PriceSimon ha deciso di provare a fare un piccolo compromesso. Rispetto a quanto descritto sopra, The Deuce è una serie più furba, più; sorniona. L’ammiccante vintage delle giacche di pelle, le basette, i boa sintetici dei papponi: non si è I lontani dal camp sfacciato di The [ Gel Down di Baz Luhrmann, dal| la moda delle serie in costume, e dal divertito passatismo dei film di Quentin Tarantino, dei fratelli Co! en di A proposito di Davis, dell’inevitabile Boogie Nights di Paul Thoj mas Anderson.
Così, chi non conosce la storia di David Simon può affrontare quej sta serie come un’empatica ballata su un’era in cui il sesso era proibito ma anche più vissuto, in cui ci si poteva sfogare nelle cabine di proiezione monoposto dei negozi specializzati.
Chi, invece, vive nel ricordo della serie più bella di sempre, può godersi la più grande qualità di Simon: il tempo è quasi fermo perché lo spazio è dinamicissimo. Le sue serie sono plastici per trenini elettrici, progetti architettonici fatti col cartoncino, partite a SimCily.
In The Deuce, la costruzione di un bordello come alzare i muri tra le stanzette, dove mettere il bar, come decorarlo – riesce a raccontare desideri e paure dei personaggi come nessun plot.
In The Deuce si vedono nascere e chiudere locali, cambiare le insegne dei cinema e le passeggiate delle passeggiatrici, si imparano i tragitti con cui la gente torna a casa dal lavoro all’alba e conoscendo tutto dell’interno di una macchina della polizia si capisce la psicologia del poliziotto che non ha fatto carriera. Sarà pure lento, ma è vasto. è grande.