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 2017  settembre 01 Venerdì calendario

Apple e lo “schiavo” Foxconn l’un contro l’altro per Toshiba

Gli schiavi di Apple hanno rotto le catene e sono diventati così forti da marciare nel cuore dell’impero: dalla Cina fino agli Usa. Ma chi l’avrebbe mai detto che conquistata la libertà si sarebbero ritrovati a sfidare proprio l’ex padrone? Foxconn, l’azienda nota in tutto il mondo come “la fabbrica degli iPhone”, produttrice del 70% dei 210 milioni di apparecchi venduti, pensava di avere quasi in tasca la divisione microchip di Toshiba, l’ex colosso che una sventurata campagna di conquista Usa, finita con la bancarotta nucleare di Westinghouse, ha messo in ginocchio. Ma ora, in una delle tre offerte in ballo, accanto appunto a Foxconn e Western Digital, si sarebbero intrufolati gli uomini seduti su una montagna di 257 miliardi di dollari cash: facendo così lievitare a 20 miliardi l’offerta organizzata intorno a Bain Capital, che già raccoglie le principali banche creditrici giapponesi e i sudcoreani di Sk Hnyx, anche loro produttori dei chip. Eccola la parola chiave: chip. Sono le memorie a fare gola a Apple, che così non dipenderebbe più dalla rivale Samsung, prima produttrice al mondo davanti a Toshiba. E sono le memorie a fare gola a Foxconn, che ha ancora un margine di guadagno, 7%, in percentuale straordinariamente basso rispetto a quello dei colossi a cui vorrebbe assomigliare (per Sony è del 40%), ma straordinariamente più alto (verso Sony 5 volte di più) in termini assoluti: 5 miliardi di dollari. Lo scoop della “Nikkei Asian Review” non trova conferme o smentite: ma la decisione di rinviare ancora la scelta del pretendente la dice lunga. E pensare che il padrone Apple e l’ex schiavo Foxconn erano alleati: avevano costituito insieme a Dell un superconsorzio che i giapponesi hanno però bocciato, orientandosi verso Western Digital. Anche qui, caso nel caso. Gli americani di WD sono soci dei giapponesi e proprio per questo li hanno denunciati: come fate a vendere senza consultarci? Adesso la parola definitiva la dirà, si sussurra, il governo di Tokyo. Le banche ci starebbero sia con il consorzio raggiunto da Apple che con l’offerta di WD, che una volta accettata allontanerebbe fra l’altro l’incubo di un’altra battaglia legale. Vero: la proposta più ricca, prima della Mela, sembrava proprio quella di Foxconn: ma ti fidi a girare ai cinesi il controllo di una tecnologia nazionale? I soliti maligni adesso dicono che Apple è ridiscesa in campo proprio perché le quotazioni di Foxconn nel deal erano in discesa: mica sarebbe dispiaciuto, a Cupertino, che i chip di Toshiba finissero a chi ancora dipende dalla Mela per il 54% dei profitti. Fantabusiness?Certo è che ne ha fatta di strada quest’azienda fondata 43 anni fa a Taiwan da Terry Gou, 66 anni, detto BB, Big Boss, che cela i segreti della sua proprietà nel solito gioco delle scatole cinesi. Da Apple a Nokia a Blackberry i gadget più famosi del mondo nascono nelle sue 12 fabbriche che impiegano centinaia di migliaia di persone: quelle stesse fabbriche dove si arrivò a minacciare perfino il suicidio di massa per le condizioni proibitive. “Un milione di operai, 90 milioni di iPhone, 17 suicidi” titolò 6 anni fa un famoso reportage di “Wired”. I numeri, da allora, sono cambiati, e anche grazie alla pressione di Apple la sicurezza è migliorata, spingendo BB a trovare il coraggio per mettersi in proprio. Per farlo s’è già impossessato di un altro brand giapponese in disgrazia, Sharp, lanciandosi nel business di schermi e tv. Ma l’ultimo colpo è l’incentivo da 3 miliardi ottenuto in Wisconsin per costruire un impianto da 13mila posti di lavoro: il cinese che delocalizza per ingraziarsi Donald Trump?Gli schiavi di Apple le provano proprio tutte per non tornare in catene.