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 2017  agosto 31 Giovedì calendario

Dino Meneghin: «L’Italia poco “americana” è più bella»

«Rispetto per tutti, paura per nessuno». L’Italbasket inizia oggi agli Europei e ha come primo tifoso Dino Meneghin, ottimista ben più di quanto i guai della fase di preparazione possano suggerire. Doveva essere la Nazionale dei tanti Nba, è rimasto solo Marco Belinelli dopo l’infortunio choc di Danilo Gallinari (mano rotta per un pugno a un avversario). Sarà invece una squadra di vecchietti, con il solo Abass al di sotto dei 25 anni (età media 26,7), ma con ben cinque esordienti in un torneo simile. Il ricambio, insomma, è lontano nonostante i buoni segnali arrivati negli anni dalle nazionali giovanili: «I ragazzi devono guadagnarsi il posto. Se uno ha ambizioni superiori, deve sacrificarsi di più o si accontenta di vivacchiare. L’unica strada per crescere è giocare: se uno è pronto lo fa in Serie A come è successo ad Alessandro Gentile o a Gallinari, altrimenti scende di categoria», dice senza mezzi termini l’ex presidente Fip e oro continentale nel 1983. 
Ha fatto due nomi pesanti tra gli assenti, più o meno giustificati, di questo gruppo. Che cosa è successo alla generazione “americana”? 
«Prima di tutto, il livello del gioco europeo ormai è altissimo. Se ne sono accorti anche nell’Nba e si vede dal numero crescente di giocatori che vanno Oltreoceano. Ai miei tempi c’erano la Russia, la Jugoslavia e poche altre, oggi ci sono la Francia, la Turchia, la Germania, la Grecia ecc. Gli avversari sono aumentati, bisogna essere pronti ad affrontare partite sempre difficili. Gentile è giovane, ha fisico e tecnica: quest’anno tribolato gli sarà servito a maturare come uomo, ripartirà in modo diverso». 
Negli anni è mancato un po’ di spirito combattivo? 
«Più che altro l’amalgama. Il gruppo dei miei tempi era chiaro, 8-9 elementi con pochi innesti. Lo stesso valeva per quello di mio figlio con Galanda, Pozzecco e gli altri. Solo così i giocatori riescono a conoscersi». 
Le amichevoli hanno evidenziato molti limiti di tenuta, soprattutto mentale. Messina accenderà la luce? 
«La preparazione all’Europeo è lunga, ci sono alti e bassi per i carichi di lavoro e anche la concentrazione vola via. Il ct ha in testa un gioco e ha scelto chi è in grado di interpretarlo. Quando manca un campione, gli altri giocatori di solito moltiplicano l’impegno. Anche perché i critici sono tutti lì col fucile puntato. Quello che servirà contro Israele sarà cambiare registro: si fa sul serio e si deve rimanere in campo per 40’. Non 38’, perché un calo di intensità si paga a caro prezzo a questi livelli. Ogni partita deve essere una finale». 
Israele, Ucraina, Lituania, Germania e Georgia nella prima fase. Il match di esordio contro i padroni di casa può essere già decisivo? 
«Loro sono una buona squadra, migliorata tanto. Gli azzurri non dovranno avere paura del pubblico caldissimo che sa farsi sentire. Bisogna tirare fuori il coraggio». 
Anche le altre squadre hanno avuto importanti defezioni: il greco Antetokounmpo, lo spagnolo Lull, il serbo Teodosic. Dove può arrivare l’Italia? 
«Dico che questa squadra mi piace molto, è allenata bene e finora a tratti ha mostrato un gioco meraviglioso. Metto la mano sul fuoco che i ragazzi ci metteranno cuore e anima». 
Dopo la guerra contro l’Eurolega, il mondo del basket è tornato a dividersi sulle finestre internazionali per le qualificazioni ai prossimi mondiali. Quando tornerà il sereno? 
«D’estate le persone non hanno la testa per andare in un palazzetto, d’inverno non c’è spazio per giocare. Però diciamoci la verità: il calcio riesce a mantenere le pause per le nazionali, nonostante sia un mondo straordinariamente più complesso del nostro. È possibile che i nostri professionisti non possano giocare un paio di partite in più?».