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 2017  agosto 31 Giovedì calendario

Mille euro di multa se nell’ufficio non c’è la bandiera veneta

Un uomo, diceva Margaret Thatcher la lady di ferro può scalare l’Everest per se stesso, ma in cima pianterà la bandiera del suo Paese. Questione di orgoglio, di appartenenza alla propria terra. Ed è per amor di patria, il Veneto, che la Regione governata dal leghista Luca Zaia ha deciso che su ogni edificio pubblico dell’ex Serenissima dovrà garrire il vessillo con il leone alato sotto la cui zampa destra, su un libro aperto, campeggia la scritta «Pax tibi Marce Evangelista meus», «pace a te o Marco, Evangelista mio». Sullo sfondo il blu dell’Adriatico, a sinistra le Alpi, in basso la Pianura Padana. Tutto attorno il giallo e il rosso. 
Sulla destra sette code coi simboli, in ordine alfabetico dal basso verso l’alto, delle sette province. Il gonfalone di San Marco, il patrono della millenaria Repubblica di Venezia, come ha approvato il Consiglio regionale nonostante l’opposizione della sinistra, l’astensione dei grillini e qualche assenza, dovrà essere esposto da tutti i municipi, le prefetture, le caserme, le scuole, gli ospedali, i consorzi, gli enti e gli uffici locali. E lo stemma con il leòn – questa volta non la bandiera secondo la nuova legge dovrà ruggire anche su «tutte le opere, i beni o i servizi realizzati o acquistati da enti pubblici o privati con il contributo, anche parziale, della Regione». Insomma, presto il leone ci sarà dappertutto, dal Garda alla laguna, dal Polesine al confine con l’Austria.

La nuova legge entrerà in vigore entro una ventina di giorni, il tempo occorrente per essere pubblicata sul bollettino ufficiale. «È fatto obbligo di apporre la bandiera del Veneto ogniqualvolta sia esposta quella della Repubblica (italiana, ndr) e dell’Unione Europea» specifica il testo. Nessuna di queste ultime due potrà essere issata al di sopra di quella della Regione. Per chi non si atterrà alle disposizioni sono previste sanzioni da cento a mille euro. «Ora mi aspetto che il governo impugni la legge» dice a Libero la relatrice in Consiglio regionale, Silvia Rizzotto, del gruppo “Zaia Presidente”. «Noi però siamo fieri di aver intrapreso questa strada, che peraltro non fa che ampliare una legge del ’75 di fatto mai rispettata. A chi, Partito Democratico su tutti, contesta l’introduzione delle sanzioni» dice «ricordo che questo è l’unico modo di far rispettare un obbligo, e che chi viola le disposizioni previste per la bandiera italiana finisce addirittura nel penale. Abbiamo anche previsto, ma non c’è l’obbligo in questo caso, che il presidente della Regione e del Consiglio regionale possano indossare la fascia veneta in occasione di incontri ufficiali. Si tratta di una legge fortemente voluta dal nostro governatore e siamo orgogliosi di essere andati fino in fondo». Anche per il presidente dell’assemblea veneta, Roberto Ciambetti (anche lui della Lega), l’esposizione del gonfalone è sacrosanta: «Molti uffici dello Stato sono ospiti in immobili della Regione con costi d’affitto irrisori: mi sembra doveroso che accettino di apporvi il nostro simbolo». Il consigliere del gruppo misto Stefano Valdegamberi, uno dei principali sostenitori del referendum sull’autonomia del Veneto del prossimo 22 ottobre, ci dice che è la gente a chiedere con sempre maggiore insistenza alla politica locale di fare di tutto per mostrare il grande senso di appartenenza al territorio. 
E i Dem cosa dicono di questa legge? Come abbiamo accennato, hanno votato contro, ma non si 
sono limitati a questo. Ad esempio c’è stato chi come Cristina Guarda della lista “Moretti Presidente” l’ha definita una «pagliacciata». Secondo lei «i veneti hanno bisogno di una stagione diversa» e Zaia vuole «strumentalizzare l’istituzione regionale per puri scopi propagandistici». Anche per un altro Dem, il consigliere Graziano Azzalin, si tratta di un «provvedimento-spot». Sarà, ma se i veneti il 31 maggio 2015 hanno riconfermato Zaia alla guida della Regione col 50% delle preferenze (contro il 23 scarso della Moretti) forse sarà stato anche perché il governatore in campagna elettorale aveva promesso che avrebbe fatto di tutto per dare voce all’orgoglio dei propri concittadini e che il referendum per l’autonomia della regione sarebbe stata la madre di tutte le battaglie. Promessa mantenuta. Anche se il governo ha tentato in ogni modo di affossare la consultazione e sta facendo di tutto per ostacolarla. Di certo, in caso di una travolgente ondata di «sì», farà altrettanto per sminuirne la portata. Il 22 ottobre, ai seggi e nelle strade del Veneto, sarà un profluvio di bandiere col leòn. E il ruggito, ne siamo sicuri, scuoterà i muri di Palazzo Chigi.