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 2017  settembre 01 Venerdì calendario

Moda, lunga vita alla cinta

Una striscia di lana di capra, in una delicata sfumatura di verde, broccata in filo d’oro e chiusa da nastri sottili. Finissima e femminile, semplice ma al contempo preziosa. Era così, secondo tradizione e fede, la cintura della Madonna. È sufficiente recarsi a Prato per vederla e conoscerne la storia. 
L’ESPOSIZIONE
Qui, infatti, è conservata nel Duomo, forse reliquia della Cintura venerata a Gerusalemme già nel VI secolo – poi perduta – ottenuta per contatto, come era pratica nota nel medioevo, o con il procedimento di immistione, ossia inglobandone alcune parti. Alla Sacra Cintola della Vergine e alle sue rappresentazioni è dedicata la mostra Legati da una cintola – L’Assunta di Bernardo Daddi e l’identità di una città, che sarà ospitata dall’8 settembre al 14 gennaio 2018 nel museo di Palazzo Pretorio, a Prato. Ad essere raccontata sarà la storia della Cintola e del suo culto, a partire dai Vangeli Apocrifi e dal racconto di Jacopo da Varazze, secondo cui a Tommaso, che non credeva all’Assunzione di Maria, «giunse dal cielo assolutamente integra la cintura che cingeva il corpo della Vergine», a riprova dell’accaduto. 
I testi ebbero molto seguito tra devoti e artisti. La pala di Bernardo Daddi, riunita in occasione della mostra, si fa simbolo di tale fortuna e del significato attribuito nel tempo alla cintola, religioso ma pure politico e sociale come elemento identitario della città, dove la cintola è giunta, nel XII secolo, portata da un mercante, Michele Dagomari. Prendendo spunto dalla reliquia, dunque, l’esposizione illustra la storia della città nel Trecento, tra cultura, bellezza, riti e perfino manifattura. La contemplazione della cintola miracolosa, e più in generale, delle cintole delle sante, come quella del polittico con Santa Caterina, dipinto da Giovanni da Milano, offre lo spunto per una riflessione più ampia sulla cintura, tra storia, significato, metafora e, ovviamente, anche oggi, manifattura, dunque moda. 
PROPOSTE
Dal sacro al profano, proprio la moda che verrà riporta in auge la cintura, tra rimandi e sperimentazioni. Gucci propone cinture di grandi dimensioni, decorate con applicazioni e trasformate in marsupio.
Per una donna che vuole essere libera di muoversi leggera, senza rinunciare a piacere e lusso degli accessori. La cinta marsupio, in omaggio agli anni Novanta di cui fu pezzo iconico, viene ammodernata e ripensata con linee geometriche e un inedito effetto cemento da Roberto Di Stefano. Anteprima la porta alta, in pelle, senza fibbia, sul cappotto, conferendo a ogni capo una struttura più rigorosa e facendone, inaspettatamente, abito, in un’architettura che ripara dal freddo. N°21 usa la cinta a chiudere bomber di taglio sportivo, ripensati in chiave chic, per uno stile giovane e fresco, ideale per chi contrasta, con il temperamento, il trascorrere del tempo.
Cinta su giacche e soprabiti pure per Fay, che predilige la linea a corsetto, rendendola punto focale di ogni outfit e scolpendo, di fatto, la figura femminile, riportandola a una sensuale forma a clessidra, seppure appena accennata. Per chi non vuole rinunciare al potere della seduzione. 
CONIUGAZIONI
Una facoltà che si fa magia nelle delicate trasparenze di Giambattista Valli che porta le sue alte cinture sugli abiti da sera. Cinte importanti, coloratissime, con ricami e intarsi, per Etro. Fascia alta, pure con contrasti di colore per Pennyblack. Design corsetto per Zara. Prada torna alle origini primitive dell’accessorio, per proporlo in pelliccia, in tonalità inedite e fashion. Elisabetta Franchi lo usa come segno d’eleganza per impreziosire abiti da sera, anche con elementi gioiello. Per uno stile ricercato e prezioso che della donna che lo indossa racconta il sogno di farsi dea. H&M propone catene minimali, molto sottili. Moschino usa la griffe in metallo per decorare modelli classici, rendendoli unici. Ogni donna sceglie la propria cintura a suggerire, forse, l’abbraccio che vorrebbe ricevere. 
D’altra parte la cintura ha radici antiche che si confondono con la nascita dell’uomo, dato che le sue origini sono state rintracciate nell’età del bronzo. Nei secoli si è fatta codice. Per le antiche romane era un simbolo di verginità: veniva loro slacciata dal marito giunti al talamo. Gli antichi greci cantavano la cintura di Venere, per il suo potere seduttivo, tanto forte da aiutare Giunone a distrarre Giove e consentire la sconfitta dei troiani. Nel medioevo, la cintura era usata in riti magici. Nel corso del XIII secolo si è fatta simbolo di status – non a caso compare in alcuni stemmi araldici – così fantasia, talento e gusto l’hanno reinventata in più modelli. Quel trionfo di linee e varianti è giunto fino a noi, a parlare di purezza, eleganza e fascino. Creatività. E, a raccontare, le diverse anime della donna.