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 2017  settembre 01 Venerdì calendario

Pop. Vicenza, ecco i 65 «finanziamenti baciati». Gli ex vertici indagati inviavano lettere predefinite per chiedere ai clienti l’acquisto delle azioni in cambio di credito

Gli ex vertici della Banca Popolare di Vicenza, indagati con l’accusa di ostacolo alla vigilanza e aggiotaggio, chiamavano a colloquio i clienti e poi inviavano lettere predefinite per chiedere ai clienti l’acquisto delle azioni, spingendoli a partecipare ai cosiddetti “finanziamenti baciati”, finiti nel mirino della procura di Vicenza. Lo rivelano gli atti dell’inchiesta, che mettono in fila i nomi di coloro che hanno ricevuto «lettere di impegno vincolante o non vincolante».
Queste operazioni, secondo la ricostruzione dell’inchiesta che si è chiusa il 26 luglio scorso, avrebbero alterato i ratios patrimoniali dell’istituto vicentino, simulando l’esistenza di risorse primarie (e quindi di una solidità), che in realtà era solo frutto di una partita di giro, dato che i crediti concessi alla clientela rientravano in parte sotto forma di azioni.
I responsabili, secondo i pm Luigi Salvadori e Gianni Pipeschi, sarebbero i sette manager che hanno già ricevuto l’avviso di chiusura delle indagini: l’ex presidente Giovanni Zonin e gli ex manager Emanuele Giustini, Andrea Piazzetta, Samuele Sorato, Giuseppe Zigliotto, Massimiliano Pellegrini e Paolo Marin (più la banca stessa in base alla legge sulla responsabilità amministrativa delle società).
Le lettere ai clienti
La relazione tecnica su cui si basa il lavoro degli inquirenti – firmata da Lara Castelli, Gaetano Parisi e Roberto Tasca – mette in luce le modalità con cui i clienti venivano invitati caldamente a partecipare alle operazioni.
Si legge nel documento che «a partire dal 2011 Bpvi ha emesso e rilasciato ad alcuni clienti azionisti accordi stipulati per iscritto, lettere di impegno che recavano le seguenti pattuizioni: l’impegno della Banca a rimborsare agli azionisti il capitale investito dagli stessi in azioni Bpvi; l’impegno al riconoscimento di un predeterminato rendimento; una generica disponibilità della banca a ricomprare le azioni». Sono state rilevate 65 lettere per un impegno complessivo di 171 milioni.
In particolare 46,6 milioni verso 14 azionisti: Fi Bem, Officine Maccaferri, Officina meccanica Mariotti, Colzi Andrea, Industrie Bitossi, la partecipata pubblica Consiag, Fulgar, Italian Touch, Cooperativa autostrasporti, Maestrelli Graziano, Gaspari Ciro, Frisani Pietro, Becagli Mario, Coin Giancarlo. Nei loro confronti la Banca si è impegnata in modo «incontrovertibile», con la seguente formula: «La banca si impegna a riacquistare le sopracitate azioni entro la scadenza al prezzo minimo di 62,50 e eventualmente superiore stabilità dall’assemblea...». Così le lettere inviate.
Ci sono poi 113,4 milioni nei confronti di 34 clienti ai quali sono state indirizzate lettere con un impegno «debole» al riacquisto: in tal caso si parla di «disponibilità ad accogliere la domanda». Tra questi ci sono la Palladio Finanziaria, Consorzi Agrari d’Italia, Rigon Francesco, Baggio Alberta, Privata Holding spa, Marchi Giovanni. C’erano infine altri 13 clienti per cui le lettere erano state predisposte ma mai inviate. La cifra dell’impegno richiesto va mediamente dagli 80mila euro agli 8 milioni.
Le lettere di impegno sono state sottoscritte da manager della banca, ed erano generalmente collegate ad acquisti effettuati dagli stessi nel mercato secondario; peraltro «tali impegni non risultano registrati nella contabilità aziendale né rappresentati nel bilancio».
L’«assistenza finanziaria»
I valori stabiliti dalla banca per le proprie azioni risultano falsati nel tempo. Al 31 dicembre 2012 le azioni valevano tra i 55,77 euro e i 56,31 euro; un anno dopo scendevano a 54,40-55,05, a dicembre 2014 a 41,80-42,70. Con la rettifica il valore non supera invece gli 8,70-9,72 euro al 31 dicembre 2014.
Inoltre emerge una «progressiva asimmetria tra gli ordini di cessione e gli ordini di acquisto...che si accentua nel 2014, quando le prime aumentano del 46%, passando da 1,169 miliardi a 1,706 miliardi, mentre quelle di acquisto crescono solo del 32%, passando da 973 milioni a 1,288 miliardi. Il fenomeno continua nel 2015, quando la banca riceve richieste di cessioni per 2,46 volte le richieste di acquisto».
La tendenza si è tradotta in «un’incapacità progressiva della Banca di soddisfare le richieste di cessione. È?ragionevole concludere – dicono ancora i consulenti tecnici della procura – che il fenomeno del finanziamento degli acquisti di azioni Bpvi ha permesso alla Banca di mantenere il funzionamento del mercato secondario solo fino al 2012, mentre risultava non essere più in grado di garantire la relativa liquidità già a partire dal 2013».
Dall’analisi risulta peraltro che la banca «non sempre rispettava l’ordine cronologico di arrivo delle richieste, e tale discrezionalità non trova alcuna ragione documentale».
Tali comportamenti hanno permesso di evitare il blocco della liquidità del mercato secondario.
Gli sviluppi
Per ora l’inchiesta riguarda i prestiti concessi ai clienti con la richiesta di acquistare contemporaneamente azioni della banca, a cui erano stati attribuiti valori arbitrari non in linea con la reale situazione patrimoniale. Le operazioni simulate riguardano soprattutto i periodi degli aumenti di capitale del 2013 e del 2014, per un controvalore di 963 milioni. È attesa per l’autunno la richiesta di rinvio a giudizio.
C’è anche un secondo filone, relativo ai fondi esteri controllati della stessa Bpvi, pilotati per il riacquisto delle azioni. Questo dossier non è stato ancora portato a termine dagli inquirenti.