Libero, 30 agosto 2017
Se il titolo di «Libero» fa più paura dello stupro
Il problema è Libero. Ieri questo giornale ha aperto la prima pagina parlando dell’immigrato pakistano che su Facebook aveva relativizzato lo stupro di Rimini («una volta che si entra il pisello poi la donna diventa calma e gode») e aveva posto l’accento, sempre Libero, su diverse aggravanti: che costui risultava “mediatore culturale” in una cooperativa che smistava immigrati (la cultura che avrebbe dovuto “mediare” è quella islamica con la nostra) e che il medesimo non poteva dirsi completamente ignorante, visto che studia giurisprudenza a Bologna. Poi abbiamo scritto praticamente soli che la sua considerazione della donna non sembrava quella di un demente, ma quella di un diffuso tipo di musulmani: quella, cioè, che la sua cultura e religione gli suggeriscono in un modo o nell’altro. La maggioranza degli altri giornali, a esser precisi, non ha neppure scritto che fosse musulmano: non hanno approfondito, non gl’interessava. Detto questo, dopo il licenziamento del tizio dalla Cooperativa, gli aggiornamenti oggi sono due. Il primo è che Abid Lee questo il suo nome si è puerilmente scusato in questo modo su Facebook: «Io vi chiedo scusa, perdonatemi. La verità è che tutti attaccano gli immigrati». No comment. Il secondo aggiornamento è che un certo pubblico dei social che conta zero, ma esemplifica l’aria che tira ha deciso che a margine del caso c’era un grave provvedimento da prendere: denunciare Libero in tutte le sedi possibili per via della sua titolazione. Anzi neanche per la titolazione, ma per un occhiello (il sopratitolo) che diceva così: “Teoria choc di un capo musulmano”. E qui doniamo un po’ di notorietà a Pier Luca Santoro, professione non chiarissima (marketing, comunicazione & sales intelligence presso Datamediahub) che su Facebook ha dato fiato alle trombe sintetizzando così: «Fake News. Il mediatore culturale, sospeso, diviene capo musulmano. L’Ordine dei Giornalisti intervenga. BASTA». E di fronte alle maiuscole, beh, un po’ di paura ce la siamo presa. Anche perché il primo commentatore iniziava così: «Ma non si può mica andare avanti così! Qui ci sono gli estremi per una querela da parte dei rappresentanti delle comunità islamiche. Tra l’altro nella religione islamica non esistono capi: ogni credente ha un rapporto diretto con il suo Dio». Ecco, appunto: veri capi non ce ne sono, è una religione che non prevede gerarchie, ma un “mediatore culturale” che si occupa di integrare Islam e Occidente è inquadrato comunque in un ruolo da leader. L’espressione “capo” può non piacere (difficile sintetizzare il concetto) anche se per esempio era stata intesa correttamente da uno dei pochissimi commentatori, Loris Castagnini, in disaccordo col tenutario della pagina: «Un mediatore culturale può definirsi un capo, visto che diventa un punto di riferimento per l’avvicinamento di una società (la mia) e una mentalità arretrata violenta e contro il rispetto per la donna. Ti soffermi (lo dice al tenutario Pier Luca Santoro) su una parola inutile, e non commenti la vergognosa e infame uscita di un responsabile (visto che “capo” ti urta) delle loro pseudo società. Con questa uscita capisco che sei deviato». Nota: per il resto, titoli e articolo erano anche più informati di quelli offerti mediamente da altre testate. Da qui in poi, però, dovete solo leggere qualche estratto dagli altri commenti: e omettiamo i nomi. Buon divertimento. «Nessuno interviene, ora basta», «sciacallaggio», «dovrebbe intervenire l’Ordine», «Avete ragione, ma la frase del mediatore culturale si può commentare?», «Certo che si può, ma in questa sede si discute di giornalismo», «titolo e occhiello sono da regime nazifascista», «schifo vero. Questo NON è giornalismo», «beh, ma gli islamici pensano questo e pure peggio, sono abituati a violentare le bambine», «hai passato ogni limite!», «le ricordo che fior di cattolici persino sposati con integerrime deputate di destra stuprano le bambine», «nessuno compri più questo quotidiano, non è buono nemmeno per incartare il pesce», «farei un esposto all’Ordine, chi lo firma con me?», «io!», «presente!», «io!», «la gestione di Libero è pericolosa per la professione e per la società... Il titolo e l’articolo incitano odio razziale. Il direttore, insieme all’estensore dell’articolo, andrebbe licenziato o sospeso dall’Ordine», «è disinformazione, propaganda ideologica mista a falsità», «si colpisce una parte per il tutto, come quando si prende il commento di un imbecille e si accusa tutto il Movimento Cinque Stelle solo perché magari l’imbecille ha un simboletto nel suo profilo».
Poi c’è una parte meno divertente, ma più interessante. Tra i commentatori interviene un islamico che vive in Italia, Yassine El Haissouni, sicuramente una brava ed educata persona. Dice: «Cosa c’entra l’islam con lo stupro? Sono gli esseri umani che violentano, non il credo e la religione». Però gli chiede un altro, Maurizio Goetz: «Che cos’è il Tarrarush?». In mancanza di risposta, provvede lo stesso Goetz: «È il gioco dello stupro. Un gruppo di uomini arabi circonda la vittima, di solito una donna occidentale o che indossa abiti occidentali, e poi la vittima è violentata. La circondano in cerchio. Gli uomini nel cerchio interno violentano la donna, il cerchio successivo sono gli spettatori, mentre la missione del terzo cerchio è distogliere l’attenzione da quello che succede». El Haissouni obietta: «Cosa vuoi dire? Che tutti gli arabi sono stupratori? Quello che hai spiegato riguarda un gruppo di persone, non riguarda l’Islam». E Goetz: «È questione di cultura e accettazione di pratiche. Un tempo in Italia c’era il delitto di onore che era una pratica sicuramente vietata, ma accettata culturalmente in certi strati della popolazione al sud. L’Islam sicuramente non promuove la pratica del Tarrahush, ma è altrettanto vero che è praticata, e che, per molti, una donna occidentale poco vestita è considerata se non una prostituta, una poco di buono, e se viene violentata se l’è andata a cercare». Atmosfera pesante. Più in basso, tra i commentatori, Micki Milano risolve tutto: «Propongo olio di ricino per Filippo Facci e un bel falò in piazza di tutti i libri della Fallaci. Poi tutti insieme andiamo a brindare alla democrazia, compiacendoci della nostra superiorità intellettiva. Lager disponibili, in zona, ce ne sono?».