la Repubblica, 31 agosto 2017
Roger, Rafa e i rumori, la crociata del silenzio. «Non si riesce a giocare». Gli US Open, i condizionatori e la maleducazione del pubblico disturbano Federer e Nadal
Nadal, facile vittoria su Lajovic, e Federer, si sono entrambi lagnati per il rumore. Due tubi dell’aria condizionata, senza la quale di yankees non riescono a vivere, sotto il nuovo tetto costato 150 milioni di dollari, e la maleducazione degli spettatori, li hanno disturbati nei loro match, un allenamento contro Lajovic, e uno inimmaginabile quinto set contro Tiafoe che qualcuno ha già soprannominato New Ashe, perché come il Grande Arthur è figlio di un guardiano di un parco, campetto di cemento incluso.Non vorrei fosse stata l’elezione a Presidente della Itf di Mister Haggerty al posto del nostro Ricci Bitti a provocare le decisioni contro le quali mi battevo invano l’altro ieri, il coach in campo e la libertà del pubblico di circolare durante il gioco. Haggerty è stato anche premiato con la recente elezione a undicesimo socio della Hall of Fame, nella poco frequentata categoria dei businessmen. Qualcosa di simile era già accaduta nei miei anni d’oro, quando un intervento delle Brigate Rosse, mentre dalla redazione delGiorno accompagnavo a casa Giorgio Bocca, mi aveva convinto a emigrare negli Stati Uniti dove avevo acquistato una casetta a Lakeway World of Tennis, dove facevo il maestro insieme a Cliff Drysdale. Il padrone di casa e di un terzo della stagione tennistica era proprietario di metà dell’argento del mondo, e si chiamava Llamar Hunt. Mi comunicò la sua intenzione di rivestire i tennisti, sin li in bianco, con abitucci coloratissimi e di permettere agli spettatori di mostrare il loro entusiasmo, come nel football o nel basket. Risposi che il silenzio del tennis poteva rappresentare qualcosa di diverso, di unico, e insieme una sorta di copyright. Era un businessman, e decise di darmi ragione.Siamo ora daccapo, come hanno fatto notare sia Federer che Nadal, nella speranza che solo gli avversari siano in grado di impedire il loro trentottesimo match, mai verificatosi negli US Open. A proposito di quella che l’attendibile New York Times ha definito “Cacofonia“Rafa ha dichiarato: «Non potevo sentire il suono delle corde del mio avversario, e quindi capire con che tipo di rotazione mi sarebbe arrivata la palla». Quanto a Federer, pur sollevato dal break finale a Tiafoe, ha detto: «Il suono ritorna in campo quando il punto non è finito. Causa il rumore arrivavo con ritardo, giudicavo male le distanze, e insomma mi trovavo in una situazione insolita». È stato insomma il maledetto rumore a far ricordare questa storica giornata dello US Open. Direi storica a rovescio.