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 2017  agosto 31 Giovedì calendario

Pensione minima di 650 euro ai giovani e rendita-ponte per chi è in esubero.L’esecutivo presenta a Cgil, Cisl e Uil un pacchetto di proposte in vista della manovra economica


Il governo presenta ai sindacati la proposta di pensione di garanzia per i giovani, elaborata dal consigliere di Palazzo Chigi Stefano Patriarca: un assegno minimo garantito da 650 euro al mese a chi ha almeno 20 anni di contributi, che può crescere di 30 euro per ogni anno di lavoro in più, fino a un massimo di 1.000 euro. Ma in realtà siamo ben lontani da un impegno concreto, da inserire cioè nell’imminente legge di Bilancio. L’esecutivo Gentiloni, ormai agli sgoccioli di legislatura, potrebbe limitarsi a dare solo un segnale ai giovani, anche sul fronte previdenziale (oltre allo sconto contributivo per le assunzioni). Sempre che le risorse e l’Europa lo consentano.E cioè a limare (non eliminare, come auspicano i sindacati) la soglia pari a 1,5 volte l’assegno sociale (cioè 672 euro) per accedere alla pensione di vecchiaia, imposta dalla legge Fornero a tutti i post 1996 – dunque a chi è al 100% nel sistema contributivo e prenderà in base ai contributi versati e non agli ultimi stipendi – per evitare importi troppo bassi e pensionati indigenti. Ma così trattenendoli al lavoro fin oltre i 70 anni. L’idea dei tecnici di Palazzo Chigi sarebbe scendere a un coefficiente pari a 1,2. E dunque, visto che l’assegno sociale è ora pari a 448 euro, si arriverebbe ad un vincolo di 538 euro: se la tua pensione è sotto questa cifra, continui a lavorare ancora. È chiaro che la misura costa. «E comporta una trattativa con l’Europa perché cambia la curva delle pensioni», spiega Marco Leonardi, consigliere economico di Palazzo Chigi. «E comunque non siamo in grado di prendere impegni ora, dobbiamo aspettare i saldi della manovra».Motivo per cui ha molte più chance l’altra proposta, presentata ieri da Palazzo Chigi alle parti sociali. Quella di consentire ai lavoratori che hanno 63 anni e sono in procinto di perdere il lavoro per ristrutturazioni o crisi aziendali, di versare tutta la liquidazione o l’eventuale buonuscita in un fondo pensionistico integrativo. Così da avere una rendita ponte (senza toccare il capitale) fino al raggiungimento dell’età da pensione. «Questa operazione sarebbe esentasse, lo Stato cioè rinuncerebbe all’imposta marginale sul Tfr», spiega ancora Leonardi. «L’obiettivo è completare il quadro e offrire tre strade per uscire prima dal lavoro a quanti hanno 63 anni: l’Ape sociale, l’Ape volontaria e appunto la Rita», la Rendita integrativa temporanea anticipata, da usare nell’Ape volontaria o anche in caso di crisi aziendali.Nessun accenno ieri alla possibilità di bloccare l’adeguamento alla speranza di vita, che porterà nel 2019 l’età d’uscita a 67 anni (dai 66 anni e 7 mesi di oggi). «Dobbiamo attendere i nuovi dati Istat che arriveranno tra settembre e ottobre», ha spiegato il ministro del Lavoro Giuliano Poletti. Di qui lo scontento dei sindacati, sintetizzato dalla leader Cgil Susanna Camusso: «Governo reticente ».