Corriere della Sera, 31 agosto 2017
Scontro a Roma tra stranieri e residenti. Coltellate a un eritreo
«Mamma è lui che mi tirava i sassi». Il dito puntato, una madre inferocita, una folla fomentata. La notte di tensione e violenze al Tiburtino III, quartiere periferico a est di Roma, inizia con Yacob Misgn, migrante eritreo, che raccoglie cicche di sigarette in una stradina isolata. Poi ore di caos totale, risse, tafferugli tra migranti e residenti già da tempo insofferenti per la presenza del centro di accoglienza dei transitanti, il «Presidio umanitario» di via del Frantoio. Ore di testimonianze che si contraddicono, voci non confermate rilanciate a notte fonda da CasaPound.
Nella borgata in molti conoscono Yacob, è lo «svitatello», quello che cammina a piedi nudi o parla da solo. Mai però aveva creato problemi, è incensurato. Alle 22 di martedì incrocia un gruppetto di ragazzini, forse lo prendono in giro, lui si arrabbia, raccoglie pietre e gliele tira. Non li colpisce, ma da quel momento diventa il nemico pubblico numero uno del quartiere. Lui non lo sa, e non sa neanche che uno dei bambini, tutti intorno ai dieci anni, appena tornato a casa ha raccontato tutto alla mamma. A quel punto Pamela P., 45 anni, non indossa nemmeno le scarpe nella furia di cercare l’aggressore di suo figlio. La sua, comunque, non è «una caccia» solitaria. Alla «spedizione punitiva» si aggiungono man mano altri. Con figlio e nipote al seguito, armata di un bastone, Pamela gira un paio di strutture per rifugiati, poi è al Presidio, gestito da due anni dalla Croce Rossa, che trova il suo bersaglio.
È qui che la ricostruzione dei fatti si fa confusa. Sono quasi le 23.30, è trascorsa un’ora dall’inizio della ronda. Il caos si scatena a ridosso del centro, in un cortile di accesso. «Ho provato a colpirlo ma lui è fuggito, sono arrivati altri migranti e mi hanno sequestrata», racconta Pamela, parla della paura, delle «percosse», mostra i lividi. La testimonianza della donna però non convince del tutto gli inquirenti: già nota alle forze dell’ordine, con problemi di alcool e droga, all’inizio ai militari non dice nemmeno del «rapimento».
Sia chiaro: al Tiburtino III, nel buio della notte, per far scoppiare i disordini la scintilla del presunto sequestro non è stata neanche decisiva, visto che la caccia allo straniero era comunque scattata. «Perché c’è stata un’aggressione da parte dei migranti», accusano quelli che sono andati a cercarli. «Una menzogna», replicano nel centro. Di certo c’è che, in questa notte di violenza, gli scontri tra le parti si succedono e che a terra resta Yacob, una ferita alla schiena, piccola ma profonda, causata presumibilmente da un coltello (è ricoverato all’ospedale Pertini: non è grave). Comunque, quando arrivano carabinieri e polizia trovano il caos, faticano a separare i gruppi, a sedare gli scontri. Una tensione che resta altissima, anche di buon mattino: CasaPound parla di «donna sequestrata» dagli stranieri. Del resto già a giugno, vicino al centro, si erano svolti due cortei contrapposti: Anpi e cittadini da un lato, CasaPound dall’altro, proprio sulla proroga della struttura poi concessa dal Campidoglio.
La Croce Rossa, per tutta la giornata, cerca di ricostruire i fatti: l’eritreo non era ospite del Presidio, come sottolinea il direttore della Cri di Roma, Pietro Giulio Mariani, parlando di un assalto avvenuto dall’esterno e negando che la donna sia entrata nella struttura.
La Procura di Roma ha aperto un fascicolo per lesioni gravi. I carabinieri hanno raccolto le testimonianze, almeno quelle dei presenti: non tutti quelli che hanno preso parte alla caccia notturna sono stati identificati. In una Capitale infiammata dal tema migranti dopo gli scontri in piazza Indipendenza è esplosa la polemica. Il leader della Lega Matteo Salvini e la presidente di Fdi Giorgia Meloni chiedono «l’immediata chiusura del centro», dal Pd romano si punta il dito contro la giunta grillina «incapace di gestire l’accoglienza»».