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 2017  agosto 31 Giovedì calendario

La class action dei consumatori: «Stop all’anno con tredici mesi»

Di quanti mesi è fatto un anno? Tredici. Perché le compagnie di telecomunicazioni si sono inventate i mesi di 28 giorni, e a forza di lucrare 3 giorni a gennaio, 3 giorni a marzo eccetera, a fine anno mettono assieme quasi un mese in più da farci pagare. Così il costo annuale per i clienti aumenta dell’8,6%.
Contro questo malcostume l’Autorità delle Comunicazioni (AgCom) ha imposto alle aziende di tornare, nella telefonia fissa (e attenzione, solo in quella), alla fatturazione mensile vera; però da marzo, quando è stata pubblicata la delibera, le compagnie hanno fatto orecchio da mercante, e adesso il Codacons ha deciso di intervenire: assisterà i clienti nel ricorso alle strutture regionali di conciliazione, i Co.re.com (la procedura è facile e gratuita); e li inviterà anche ad aderire a un causa collettiva contro le compagnie, per violazione dell’articolo 650 del codice penale, che punisce «l’inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità».
La procedura di autotutela è attivabile subito: si va sul sito dell’AgCom e si compila il cosiddetto «Formulario UG». Se si desidera anche l’assistenza del Codacons, fra qualche giorno l’associazione metterà a disposizione sul suo sito un formulario precompilato.
Invece per la causa collettiva si procederà in autunno. Il presidente Carlo Rienzi avveverte che «le “class action” in Italia sono difficili, ma questa specifica sul mese di 28 giorni può risultare più agevole di altre»: in particolare, osserva Rienzi, «il fatto di configurare un reato, come quello previsto dall’articolo 650, attiva il giudice penale, e questo esime i ricorrenti dalle spese di pubblicazione previste dalla “class action” in versione italiana, che sono molto onerose e che da sole hanno spesso l’effetto di inibire le azioni collettive sul nascere».
Da notare che i Co.re.com sono stati costituiti dalla stessa AgCom, e visto che proprio l’AgCom lamenta la violazione di una sua delibera, i consumatori che aderiscono alla proceduta di conciliazione sono praticamente certi di veder riconosciuto il loro diritto.
Però attenzione: questo non vale nella telefonia mobile. Esiste infatti una differenza. La telefonia fissa è definita dalla legge come un «servizio universale», cioè essenziale e da garantire a tutti, anche da parte delle aziende private, attraverso particolari tutele; mentre nella telefonia mobile c’è il libero mercato assoluto, e se le compagnie ti propongono di fatturare a 28 giorni, lo possono fare. Punto.
L’Autorità invece è intervenuta quando la regola dei 28 giorni ha cominciato a essere estesa ai contratti di telefonia fissa, Adsl, in fibra, e a quelli ibridi fisso-mobile: questi ricadono nel servizio universale, e così la delibera dell’AgCom di marzo ha vietato alle compagnie anche solo di proporre la formula dei 28 giorni. In più l’AgCom ha chiesto all’Antitrust di verificare se il comportamento imitativo delle compagnie (non tutte: per Tiscali l’anno resta di 12 mesi) integri gli estremi dell’intesa anti-concorrenziale.
Risultato? Zero. Le compagnie si infischiano della multa da 2,5 milioni che l’AcCom può infliggere (i milioni in gioco sono centinaia, altroché 2,5) e comunque hanno fatto ricorso al Tar. Però il ricorso non sospende la validità della delibera; per cui le compagnie che impongono i 28 giorni nel fisso, nell’Adsl e nella fibra stanno palesemente violando (secondo l’AgCom) una sua delibera. E si espongono ai ricorsi ai Co.re.com. E anche alla causa collettiva.
Adesso la regola del mese di 28 giorni si sta diffondendo alle tv a pagamento. Sky spiega per lettera ai clienti che «per continuare a garantire un servizio completo e sempre più innovativo, in un contesto competitivo in forte evoluzione, dal 1° ottobre l’importo dell’abbonamento sarà calcolato e fatturato ogni quattro settimane». In compenso, alcuni servizi a pagamento diventeranno gratuiti. Comunque la pay-tv non rientra nel «servizio universale» e quindi Sky sui 28 giorni non è oggetto né della delibera dell’AgCom, né dei ricorsi ai Co.re.com né della futura causa collettiva del Codacons.