La Stampa, 30 agosto 2017
L’ultimo pasticcio in Atac. Non ancora registrato il triplo incarico a Simioni
Il manager uno e trino di Atac, Paolo Simioni, perderà quasi sicuramente una delle cariche ottenute tra fine luglio e inizi agosto ai vertici dell’azienda dei trasporti di Roma controllata dal Comune. Cariche – amministratore delegato, presidente e direttore generale – che a quasi un mese dalla nomina non risultano registrate alla Camera di Commercio di Roma.
Al di là della tranquillità di facciata, ostentata dalla sindaca Virginia Raggi, di fronte alle richieste di chiarimenti sul cumulo di Simioni da parte dell’Anticorruzione, in Campidoglio sanno che la soluzione non può che essere l’alleggerimento degli incarichi. Anche perché dopo un anno fitto di scandali sulle nomine, prendere un’altra batosta pubblica proprio su questo, dall’Authority di Raffaele Cantone, renderebbe la somma degli inciampi grottesca. La legge sull’anticorruzione del 2013 è chiara: «Gli incarichi dirigenziali negli enti di diritto privato in controllo pubblico sono incompatibili con l’assunzione della carica di presidente e amministratore delegato nello stesso ente di diritto privato in controllo pubblico». Simioni, insomma, non può fare anche il dg.
Ma è molto probabile che alla fine resterà direttore generale e perderà gli altri titoli. Anac per ora si è limitata a raccogliere le problematiche emerse pubblicamente in attesa che Atac, entro 20 giorni, presenti tutto il materiale riguardante la nomina di Simioni. Il dirigente aveva dovuto rinunciare ai 240 mila euro annui che percepiva come braccio destro dell’assessore alle Partecipate, Massimo Colomban, che lo ha voluto con sé a Roma. Ad Atac avrebbe dovuto accontentarsi dei 79 mila euro annui di Manuel Fantasia (ex amministratore unico), decurtati del 30% come prevede la norma per le aziende che da tre esercizi sono in perdita. Da qui, l’idea partorita in Campidoglio: farsi assumere anche come dg.
Atac, con oltre 11 mila dipendenti in pancia, è l’azienda dei trasporti più grande d’Italia. Un gigante societario malato, di cui si conoscerà il destino da qui a poche settimane. Non è una semplice questione romana. Settembre è un mese cruciale: la sindaca Raggi ha già comunicato ai consiglieri del M5S che sul tavolo c’è solo l’opzione del concordato preventivo ma non ha mai convocato un tavolo con le parti sociali.
I sindacati, tutti, hanno già annunciato uno sciopero alla riapertura delle scuole, quando la città tornerà stracolma di gente. «Bloccheremo Roma», minaccia Eugenio Stanziale, segretario generale Filt-Cgil di Roma e del Lazio. «Siamo stati sempre contrari a questo tipo di soluzione, che vuole dire affidare il taglio degli stipendi e del personale a un giudice. Se si va avanti così, senza un dialogo, il conflitto diventerà impossibile da contenere. Finora si è solo perso tempo a cambiare i vertici dell’azienda. I 5 Stelle hanno vinto queste elezioni coinvolgendo anche i lavoratori di Atac. Per loro si scatenerà un problema politico, perché si stanno sollevando. Soprattutto nei confronti di Stefàno (presidente commissione Trasporti, ndr) che è uno di quelli che ha fatto più promesse. Hanno dimostrato tutti i difetti della vecchia politica».