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 2017  agosto 28 Lunedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - IL VERTICE DI PARIGIREPUBBLICA.ITPARIGI - Quella dei migranti è una "sfida che ci riguarda tutti e che nessuno può risolvere da solo":  Lo ha detto il presidente francese Emmanuel Macron in conferenza stampa all’Eliseo al termine del vertice convocato all’eliseo dallo stesso leader francese con Germania, Italia e Spagna, allargato ai leader di tre Paesi africani strategici per il controllo delle rotte migratorie che attraversano il Mediterraneo Centrale per approdare alle coste italiane

APPUNTI PER GAZZETTA - IL VERTICE DI PARIGI

REPUBBLICA.IT
PARIGI - Quella dei migranti è una "sfida che ci riguarda tutti e che nessuno può risolvere da solo":  Lo ha detto il presidente francese Emmanuel Macron in conferenza stampa all’Eliseo al termine del vertice convocato all’eliseo dallo stesso leader francese con Germania, Italia e Spagna, allargato ai leader di tre Paesi africani strategici per il controllo delle rotte migratorie che attraversano il Mediterraneo Centrale per approdare alle coste italiane. Al summit hanno dunque preso parte il presidente nigerino Mahamadou Issoufou, quello ciadiano Idriss Deby Itno, la cancelliera tedesca Angela Merkel, l’Alto Rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri Federica Mogherini, il presidente del Consiglio italiano Paolo Gentiloni, il premier libico Fayez al Serraj e il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy.

"Nella rotta mediterranea i flussi sono diminuiti in luglio e in agosto, mentre sono aumentati sulla rotta occidentale e questo ci preoccupa", ha sottolineato il presidente francese. "Dobbiamo agire tutti insieme, dai Paesi d’origine fino all’Europa, passando per i Paesi di transito per condurre un’azione efficace", ha affermato Macron, aggiungendo che quella dei flussi migratori è una sfida sia per l’Ue che per l’Unione africana". "E’ un esigenza morale, di solidarietà, ma anche un principio di azione e di efficacia".

La stabilizzazione della Libia è una "necessità assoluta per la pace", ha detto Macron rendendo omaggio, tra l’altro all’azione "importante" dell’Italia. Per Macron, oggi più che mai è necessario "smantellare le reti di trafficanti identificando i responsabili".

"Abbiamo dato il via libera ad un piano d’azione a breve termine molto rapido e mi sembra la risposta più efficace al fenomeno intollerabile dei trafficanti di esseri umani che hanno fatto un cimitero del deserto e anche del Mediterraneo e sono legati al terrorismo". Il piano d’azione, ha aggiunto Macron, servirà a "prevenire ulteriori problemi e ulteriori flussi" e prevede "la possibilità di organizzare un rientro nei Paesi di origine".

Lo scambio di oggi ha permesso di "attuare azioni concrete a monte, nei due grandi Paesi di transito e cioè Niger e Ciad". Macron ha ricordato "l’impegno profondo" di questi due Paesi per "la lotta al traffico di esseri umani".

"A Orleans mi ero impegnato per poter avere zone sicure in Niger e Ciad, questo è importante per evitare a donne e uomini di correre rischi insensati nel deserto e nel Mediterraneo", ha spiegato il presidente francese sottolinenando che
nel vertice di oggi all’Eliseo si è deciso di mettere in atto controlli sui migranti direttamente in Africa, dove sarà attivo l’alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr), "è una cooperazione in materia di sicurezza e giustizia".

Il piano d’azione prevede "un’identificazione già nei Paesi di transito" attraverso "una cooperazione con i Paesi africani che "prevede anche una presenza militare sul campo".

"Chiaramente l’Italia e la Libia sono elemento fondamentale come interfaccia, ringrazio quindi il presidente libico Fayez Al Serraj e il presidente del Consiglio italiano Paolo Gentiloni", ha poi detto la cancelliera tedesca Angela Merkel. "Ad Agosto sono arrivati 3.500 migranti e le morti sono diminuite: il numero di migranti si riduce un po’ e si riducono anche gli annegamenti", ha sottolineato Merkel. "In Libia la situazione deve migliorare, daremo sostegno concreto in modo tale che chi vive in situazioni inaccettabili possano avere un futuro accettabile".

Bisogna "chiarire chi sono coloro che vengono dalla Libia", cioè chi arriva in Europa "per motivi economici o per altri motivi", ha affermato Merkel. Serve una discussione con l’Alto Commissariato dell’Onu per fermare" l’immigrazione clandestina, ha detto la cancelliera assicurando l’impegno europeo di cooperazione perché "i migranti economici devono poter rientrare nei lori Paesi".

Merkel ha ricordato che 23.500 persone sono giunte in Italia a giugno e 530 hanno perso la vita nella traversata. Ad agosto sono morte 210 persone, ha detto ancora Merkel. "C’è la necessità di trovare un giusto approccio nella gestione dei flussi, dobbiamo fare dei passi avanti", ha spiegato la cancelliera tedesca. Merkel ha ringraziato il primo ministro del governo d’accordo nazionale libico Fayez al Sarraj per i passi avanti fatti. E ha detto che va "dato aiuto alle persone che vengono trattenute in Libia in condizioni assolutamente inaccettabili".

"Oggi nasce una squadra per tradurre in atti le parole", ha aggiunto Macron che ha ricordato come, nei prossimi giorni, una riunione a livello ministeriale darà seguito alle decisioni prese all’Eliseo che, inoltre, saranno oggetto del prossimo vertice Ue-Africa. Macron ha così annunciato la creazione "già da oggi" di una "equipe operativa" per valutare l’attuazione sul terreno degli impegni assunti al vertice dell’Eliseo. Il leader francese ha anche annunciato che "nei prossimi mesi" ci sarà un vertice in Spagna prima del summit Ue-Africa per fare "il punto della situazione".

 "Credo che il messaggio che viene dall’incontro di oggi è che mettendo insieme le forze e dandoci una strategia si possono ottenere dei risultati: rendere più governabile il flusso delle grandi migrazioni e lavorare allo sviluppo dell’Africa. Oggi abbiamo fatto un passo avanti in questa direzione", ha detto il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. "Per l’Italia - ha aggiunto - questa è un importante occasione anche per un punto: per le azioni di collaborazione con le autorità libiche, di cui ringrazio Sarraj, è molto importante per Italia e Libia che da qui ci sia l’impegno comune a queste iniziative".

"Sono diffidente verso chi propone soluzioni immediate che possono cancellare questo fenomeno. Noi non rinunciamo alla nostra tradizione di accoglienza ma questi fenomeni vanno controllati", ha spiegato Gentiloni. "Negli ultimi mesi abbiamo conseguito dei risultati, che vanno ottimizzati, ma questo impegno va europeizzato perché non può essere lasciato a un solo Paese. Questi risultati dimostrano che il vento può cambiare".

Bisogna "lavorare per i rimpatri volontari e assistiti" e per "sostituire gradualmente soluzioni legali a quelle irregolari", ha sottolineato Gentiloni. "A un modello irregolare e illegale governato dai trafficanti va sostituito un modello legale", ha insistito il capo del governo, aggiungendo: "Finalmente abbiamo una certa chiarezza nella strategia da portare avanti".

"Il governo italiano già tempo fa, proponendo alla Ue il migration compact, aveva in mente questo collegamento, venuto fuori oggi in modo molto chiaro, tra quello che possiamo fare nell’immediato per il governo dei flussi migratori e quello che possiamo fare per lo sviluppo dell’africa", ha rivendicato il premier.

"L’uomo ha sempre migrato. Nel deserto perdiamo 20, 30 anni. Perdiamo persone, perdiamo braccia valide per questo continente. Siamo tutti chiamati in causa. Bisogna trovare delle soluzioni. Non c’è una soluzione o una panoplia di soluzioni che possa fermare immediatamente le migrazioni, ma dobbiamo iniziare da qualcosa", ha detto Idriss Deby, presidente del Ciad. "Certo, siamo tutti impegnati. Però c’è un problema di fondo. Cos’è che spinge i giovani africani ad attraversare il deserto a rischio della loro vita? E’ la povertà. La mancanza di istruzione. Sono tutti elementi da tenere in considerazione", ha aggiunto il presidente.

"Alcuni migranti vanno ad ingrossare le fila dei terroristi, che reclutano tra gli individui più fragili - ha spiegato il presidente - e, fintantoché non verrà risolto il problema della Libia, queste persone potrebbero arrivare in Europa".

PEZZI DAI GIORNALI DI STAMATTINA
CORRIERE DELLA SERA
LORENZO CREMONESI
Un gigantesco imbuto: questo sta diventando la Libia per i migranti in arrivo dall’Africa. Lo confermano i numeri sempre più risicati degli sbarchi in Italia, ne parlano le autorità di Tripoli, i media locali, i responsabili della guardia costiera che fa capo al governo di Fayez Sarraj. Ora imperativo è cercare di capire cosa avverrà dei respinti e di chi invece non riesce a partire. Tra loro chi è stato catturato e riportato sulla costa con le motovedette, comprese le quattro consegnate dall’Italia in giugno alla Guardia costiera libica. «Sono oltre 14.500 in tre mesi. Li abbiamo presi durante i nostri pattugliamenti notturni entro le dodici miglia delle acque territoriali. La grande maggioranza al largo dei porti di Sabratha, Zawia e Zuwara», spiega Massud Abdel Samat, ufficiale chiave tra gli operativi dei guardia coste di Tripoli. «Noi li prendiamo. Li consegniamo alla polizia che dalle spiagge li porta in una decina di campi di transito per il riconoscimento, poi vengono trasferiti in campi permanenti», precisa. A loro si aggiungono le decine di migliaia in attesa da mesi a ridosso delle spiagge della Libia occidentale nel tentativo di racimolare circa 1.000 euro a testa necessari a pagare gli scafisti. E qui sta la grande incognita: quanti sono veramente? «La cifra esatta resta un rebus», dicono al ministero degli Interni. Un mese e mezzo fa all’ufficio stampa di Tripoli che si occupa della gestione dei campi profughi ci avevano dato alcuni dati parziali per una decina di siti che si aggirava sulle 100 mila persone, per lo più uomini giovani provenienti da Ciad, Sudan, Niger, Nigeria, Mali, Eritrea. Ma il dato è incompleto. Per esempio non comprende la zona di Misurata e neppure Garabulli. Anche il quadro della regione di Sabratha, vero cuore pulsante del traffico e delle grandi bande criminali, resta complicato. Ci sono inoltre le lunghe colonne di disperati in marcia dai confini meridionali. Circa 1.000 chilometri di deserto che vengono percorsi in periodi che variano in media dalle tre settimane al mese. I servizi d’informazione e i circoli diplomatici occidentali due mesi fa parlavano di «circa un milione di migranti» presenti nel Paese. Adesso pare che la cifra sia scesa a 6-700 mila. Alcuni cercano di tornare ai luoghi di origine. Ma sono pochissimi. La grande maggioranza è bloccata. La novità rilevante sono però gli accordi e le intese raggiunte negli ultimi mesi tra il governo italiano, con il ruolo centrale del ministro degli Interni Marco Minniti, e quattordici tra sindaci e leader locali distribuiti lungo le rotte migratorie in Libia. Gli ultimi colloqui diretti a Roma e Tripoli hanno visto personaggi influenti quali i sindaci di Sabratha, Zuwara, Bani Walid, Sebha, Ghat. Si tratta di località fondamentali, sia sulla costa ma soprattutto nel cuore del deserto del Fezzan, dove lo stesso governo di Tripoli ha pochissima, se non nessuna, influenza. «Il fatto nuovo è che sulla costa arriva molta meno gente. Il deterrente funziona. E’ un grande successo: la Libia non è più appetibile come trampolino di partenza per l’Italia. Stiamo rilevando che la migrazione viene ora fermata già nel deserto. Il lavoro dunque si fa per mare. Ma anche tanto su terra», ci dice ancora Abdel Samat. Nell’entroterra e sulle spiagge nuove unità armate (la stampa parla per esempio della «Brigata 48» a Sabratha) oggi danno la caccia ai barconi pronti a partire. Una situazione che ha come conseguenza diretta la diminuzione degli scontri a fuoco tra scafisti e motovedette libiche. L’ultimo pare sia avvenuto al largo di Sabratha ai primi di luglio. Oggi tuttavia la marina di Tripoli chiede ancora all’Italia mitragliatrici pesanti modello Breda da montare sulle motovedette. Una richiesta che però contraddice le risoluzioni Onu che vietano di inviare armi in Libia.

FIORENZA SARZANINI

ROMA Centri di accoglienza sul modello «hotspot» da aprire in Libia gestiti dall’Alto commissariato per i rifugiati e dall’Oim dove sia garantito «il rispetto dei diritti dei migranti, soprattutto che sono stati soccorsi dalla guardia costiera locale» e sostegno economico alla cittadinanza per renderla «indipendente dal traffico di essere umani». Sono soprattutto questi due impegni contenuti nel documento che sarà esaminato oggi nel vertice di Parigi, a far ben comprendere come la linea italiana sia stata recepita dai partner dell’Unione. Perché nel capitolo dedicato alle iniziative da prendere in Libia viene specificato come esse siano tutte «d’intesa tra Italia, Spagna, Francia, Germania e Ue», dunque sostenendo sia gli accordi stretti da Roma con i sindaci di 14 città libiche e con le tribù del sud, sia quelli con il governo guidato da Sarraj. Ma anche coinvolgendo Ciad, Niger e Mali nelle trattative tanto che i rappresentanti dei primi due Stati siederanno oggi al tavolo del vertice. La strada è lunga, nessuno può illudersi che il problema legato ai flussi verso l’Europa sia risolto. Ma il calo drastico degli sbarchi registrato nel nostro Paese (ieri la percentuale era a meno 7) convince evidentemente i governi che la strada scelta dal premier Paolo Gentiloni e dal titolare dell’Interno Marco Minniti sia giusta e debba essere condivisa, anche nella parte che riguarda le Ong.

Aiuti e rimpatri

Nel documento si parla di «migliorare la cooperazione economica con le comunità locali situati sulle rotte migratorie, in particolare nella regione di Agadez (Niger) e la Libia per creare fonti di reddito alternative, aumentare la loro capacità di recupero e renderli indipendenti di traffico di esseri umani». E per questo si condivide «il progetto italiano di cooperare con 14 comunità locali sulle rotte migratorie verso la Libia, così come i progetti finanziati dal Fondo fiduciario Ue per l’Africa».

In questo quadro rientrano «la cooperazione con i Paesi di origine al fine di indirizzare le cause alla radice, per evitare le partenze e migliorare la capacità di permettere il rimpatrio dei clandestini», ma anche i «nuovi strumenti per intensificare e facilitare il ritorno volontario e la reintegrazione, in aggiunta a quelle già esistenti a livello nazionale, europeo e internazionale, come il rafforzamento della integrazione socio-economica dei migranti di tornare alla loro comunità provenienza». È proprio in questo capitolo che si parla di «messa in strutture che soddisfano gli standard umanitari adeguati» e di «organizzare il reinsediamento di coloro che hanno bisogno di protezione». Sono i cosidetti «rimpatri volontari assistiti» che l’Italia ha già avviato inserendoli proprio nei negoziati con gli Stati africani.

Confini e codice Ong

Questa mattina Minniti incontrerà i colleghi di Ciad, Niger e Mali per mettere a punto la strategia di cooperazione. E sul tavolo della trattativa farà pesare certamente il sostegno ottenuto in Europa visto che nel testo di Parigi si ribadisce «la determinazione di Germania, Spagna, Francia e Italia e l’Ue a frenare l’immigrazione clandestina sia attraverso la maggiore presenza di strutture nel nord del Niger e Ciad per salvare chi è in pericolo nel deserto, sia rafforzando i programmi esistenti per migliorare il controllo del loro confine settentrionale con la Libia».

Ed ecco il punto che Roma ritiene fondamentale: «I capi di Stato e di governo accolgono con favore gli sforzi del governo dell’unità nazionale per controllare le sue acque territoriali, migliorando così la protezione delle vite umane e minando il modello economico delle reti di tratta degli esseri umani. Riconoscono l’importanza di dotare e addestrare adeguatamente la guardia costiera libica, con particolare attenzione alla tutela dei diritti umani». E dunque, dopo aver sottolineato come «il salvataggio in mare rimane una priorità», si specifica che «il Codice di condotta per le operazioni di soccorso in mare è un passo positivo per migliorare il coordinamento e l’efficacia dei salvataggi e dunque si invitano tutte le Ong operanti nella zona a firmarlo e rispettarlo».


REPUBBLICA.IT

ALBERTO D’ARGENIO

BRUXELLES. I grandi d’Europa riuniti oggi a Parigi daranno il loro sostegno alle politiche migratorie italiane e cercheranno di lanciare un piano europeo, sul quale poi far convergere gli altri partner Ue, per chiudere la Rotta del Sahel che porta i migranti in Libia. E’ questo l’obiettivo del vertice organizzato da Emmanuel Macron al quale parteciperanno Merkel, Gentiloni e Rajoy. Un format che prevede anche una presenza europea con Federica Mogherini e coinvolge i paesi africani con l’arrivo a Parigi dei leader di Libia, Niger e Ciad. Sullo sfondo l’idea, che poi sarà sviluppata a livello europeo nel corso dell’autunno, di aiutare i paesi del Sahel a costruire campi dove raccogliere i migranti nel rispetto dei diritti umani prima del loro ingresso in Libia per poi, questa è l’intenzione del momento, procedere al rimpatrio volontario di quelli economici e all’accoglienza in Europa di chi ha diritto alla protezione internazionale. C’è anche il sostegno al lavoro della Guardia costiera libica, con l’impegno a favorire la costruzione di nuovi campi Unhcr dove accogliere i migranti che restano bloccati in Tripolitania.

Ieri la stessa Merkel ha riconosciuto che «non è possibile lasciare sole Italia e Grecia solo per la loro posizione geografica». Il vertice voluto da Macron riprende e cerca di razionalizzare una serie di idee — a partire dal coinvolgimento dei paesi del Sahel — che da tempo circolano tra le capitali, in particolare tra Farnesina, Viminale e il team di Mogherini. Non a caso i quattro big dell’Unione promuoveranno le ultime misure italiane: «Germania, Francia, Spagna e Alto rappresentante Ue — reciterà la dichiarazione finale — si felicitano per le misure prese dall’Italia nel rispetto del diritto internazionale. Il codice di condotta sui salvataggi in mare è un passo positivo per migliorare coordinamento ed efficacia dei salvataggi. I capi di Stato e di governo chiedono a tutte le Ong che operano in zona di firmare il codice e rispettarlo». Ancora, Berlino, Parigi e Madrid «continuano a sostenere l’Italia in particolare intensificando i ricollocamenti e fornendo il personale necessario a Frontex e all’Ufficio europeo che si occupa di asilo». Promosse anche le intese tra Roma e le 14 comunità locali libiche volte a contrastare il business dei trafficanti di esseri umani. Stesso discorso sulla cooperazione con Niger e Ciad, paesi di transito che possono aiutare a chiudere i flussi, così come l’impegno a lavorare con i paesi di origine dei migranti per bloccare le partenze.

INTERVISTA TAJANI
piano europeo immediato per la Libia uguale a quello messo in campo per la Turchia: sei miliardi per favorire un accordo tra Bengasi e Tripoli e chiudere il Mediterraneo centrale. E poi un investimento di lungo periodo da 50-60 miliardi per tutta l’Africa capace di contrastare le cause più profonde delle migrazioni. È quanto chiede il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, ai leader di Francia, Germania, Italia e Spagna che si riuniscono proprio oggi a Parigi per varare una strategia sui flussi migratori. «Non serve a nulla dare spiccioli, qualche decina di milioni: per contrastare le migrazioni dobbiamo varare un grande piano Ue per l’Africa», afferma Tajani forte della pressione che negli ultimi mesi l’aula di Strasburgo ha saputo esercitare su governi e Commissione europea. Presidente Tajani, cosa si aspetta dal vertice di Parigi? «Quello che conta è che facciano un passo avanti verso la soluzione dei problemi legati alle migrazioni ». Quattro paesi possono dare risposte senza gli altri partner Ue? «Chiaramente serve una strategia europea, ma trovo giusto che i governi che hanno un ruolo fondamentale in Europa prendano la guida dell’Unione e provino a trascinare gli altri verso una soluzione». A suo giudizio come si risolve la questione dei flussi? «Con decisioni di breve e di lungo termine. L’Europa ha dato sei miliardi alla Turchia per chiudere la Rotta balcanica. Ecco, è arrivato il momento di fare lo stesso con la Libia: diamo subito alla Libia 6 miliardi di euro e poi investiamo in una strategia complessiva per l’Africa». Finora si è detto che era impossibile dare soldi a Tripoli perché il Paese è instabile e il governo, al contrario di quello turco, non controlla il territorio. «Questi soldi servirebbero anche a favorire un accordo tra Bengasi e Tripoli». In che termini? «Il generale Haftar potrebbe diventare il capo delle forze armate libiche e il premier Al Serraj potrebbe mantenere la leadership politica. Ma andrebbero coinvolte tutte le tribù, in particolare quelle del Sud». I soldi andrebbero solo alla Libia o anche ai paesi confinanti che devono chiudere la Rotta del Sahel? «Naturalmente parte dei sei miliardi dovrebbero andare anche a Niger e Ciad per chiudere il corridoio libico. Il presidente del Ciad, tra l’altro, mi ha detto che nei prossimi mesi l’Isis potrebbe far entrare in Europa proprio da quella rotta foreign fighters che sta arruolando nel Sahel per fare attentati nel nostro continente. Per questo serve subito un investimento europeo capace di chiudere la rotta e costruire campi in Ciad e Niger sotto l’egida dell’Onu dove accogliere i migranti. Stessa cosa andrà fatta anche in Libia appena sarà stabilizzata». E i diritti umani? «Ovviamente questi soldi dovrebbero finanziare la costruzione di strutture Onu capaci di rispettare i diritti dei migranti, di curarli e di sfamarli». È d’accordo con chi chiede che la loro posizione sia esaminata in loco e che chi ha diritto alla protezione internazionale venga portato direttamente in Europa? «Certo, chi è perseguitato, come ho visto con i cristiani che scappavano da Mosul per non essere decapitati, deve essere accolto. Farlo è un nostro dovere e va bene se accogliamo chi ancora si trova in Africa». Parlava anche di un piano Ue a lungo termine. «Dovremmo fare campagne di informazione nei paesi di origine e transito per scoraggiare le partenze visto che chi si mette in cammino pensa di trovare il Bengodi mentre poi rischia di morire nel deserto o in mare oppure, se ce la fa, finisce a fare lo schiavo in campagna. E poi sì, serve un piano europeo di lungo termine: a luglio il Parlamento ha sbloccato 4 miliardi per progetti in Africa, ma non basta. Servono 50-60 miliardi freschi che grazie all’effetto leva dei privati potrebbero mobilitare fino a 500 miliardi. Con questi soldi potremmo finanziare progetti in tutta l’Africa con un approccio economico, non di puro sfruttamento come fanno i cinesi, per rilanciare l’economia del continente e contrastare le cause che spingono le persone a partire verso l’Europa. Ovviamente i soldi andrebbero concessi solo dietro un sistema di monitoraggio di programmi e spesa. È questo il modo in cui la politica si prende le sue responsabilità, altrimenti che facciamo, continuiamo con le polemiche sugli sgomberi a Roma e magari diamo la colpa alla Polizia? O andiamo avanti con le liti elettorali sullo ius soli?». Come si risolve il problema della cittadinanza? «È inutile mettere queste persone in mezzo alla campagna elettorale, lascerei stare e spingerei per una norma europea. D’altra parte chi diventa cittadino italiano diventa anche cittadino europeo».

LASTAMPA
FABIO MARTINI
La sequenza che andrà in scena nei saloni dell’Eliseo è già scritta, ancor prima di concretizzarsi: questo pomeriggio il presidente francese Emmanuel Macron, la Cancelliera Angela Merkel, il premier spagnolo Mariano Rajoy applaudiranno, in privato e in pubblico, il presidente del Consiglio italiano Paolo Gentiloni perché – grazie all’iniziativa a tutto campo dell’Italia - negli ultimi due mesi il numero di migranti in arrivo dalla Libia si è drasticamente ridotto. Ad agosto addirittura del 68 per cento. Certo, il padrone di casa, Emmanuel Macron, ha già dimostrato di essere – a parole - un campione di «fraternità». Certo, la misurata Angela Merkel, con gli italiani ogni tanto si infervora, come sanno Mario Monti e Matteo Renzi, le cui riforme a più riprese sono state battezzate dalla Cancelliera come «impressionanti».
Ma al netto degli elogi, il vertice convocato dal presidente Macron sulla questione migranti, nelle attese di Palazzo Chigi, è chiamato a dare messaggi non soltanto strategici - come vogliono francesi e tedeschi - ma anche concreti, in particolare sul finanziamento dei due dossier considerati decisivi dal governo italiano. Anzitutto, quello europeo da 270 milioni e finalizzato a rafforzare la capacità libica di gestione delle frontiere terrestri e marittime. E in secondo luogo, per l’Italia, è urgente reperire risorse per sostenere economicamente i progetti sostenuti dai sindaci libici, incontrati per tre volte dal ministro dell’Interno Marco Minniti e che riguardano scuole ed ospedali. In parole povere sostituendo il cosiddetto “indotto” del traffico clandestino con una strategia di opere pubbliche. In sostanza, il ragionamento che Gentiloni farà al vertice ruoterà attorno a questo asse: grazie alla complessa strategia italiana, a luglio e agosto si è data una stretta al copioso flusso di migranti in arrivo dalla Libia, ma ora se non si proverà a prosciugare il “mare” a monte con finanziamenti ad hoc, gli arrivi rischiano di riprendere. Ecco perché, nelle intenzioni italiane, il vertice è chiamato a dare maggiore consistenza, anche nelle dichiarazioni dei leader, a quanto scritto nella bozza del comunicato finale, che per il momento, si esprime così: «I capi di governo sono d’accordo per un’azione comune che tenti di rafforzare la cooperazione con i Paesi d’origine (dei migranti) al fine di contrastare le cause profonde, prevenire le partenze e migliorare la capacità di far rientrare volontariamente i migranti clandestini nei loro paesi d’origine». Vasto programma. In attesa che qualcosa si muova i quattro «si compiacciono» della cooperazione del Niger e del Ciad - in cui leader saranno presenti al vertice, oltre a quello libico Al Sarraj.
Certo, nella geopolitica europea, è significativo che il formato a quattro - Germania, Francia, Italia e Spagna - si stia consolidando, ma sembra difficile che il vertice di Parigi possa portare passi avanti palpabili. Serve al presidente Macron, in crisi di consensi, ma la Cancelliera Merkel, ad un mese dalle elezioni, non si sbilancerà, come dimostrano le parole del suo ministro dell’Interno Thomas De Maiziere, che sostiene di «non vedere» il pericolo che «si possa ripetere la situazione del 2015», quando l’Italia favorì il «lasciar passare» dei migranti verso nord; il governo tedesco ha detto chiaramente all’Italia che quell’andazzo non si deve ripetere e «l’Italia si comporta di conseguenza». Certo, messaggio elettoralistico, ma a buon intenditore poche parole.