Libero, 25 agosto 2017
I trucchi giapponesi per non avere islamici tra i piedi
Complice la lontananza culturale, la lingua non proprio accessibile, e la rinomata chiusura dell’arcipelago verso tutto ciò che è straniero, attorno al Sol Levante montano spesso esagerazioni di varia lega. Tra queste si annovera quell’elenco di misure che Tokyo avrebbe intrapreso contro i musulmani, e che ciclicamente vengono riprodotte sui social o su articoli di giornali a dimostrazione che il Giappone è rimasto l’ultimo e l’unico baluardo contro l’invasione islamica e macelli connessi.
Purtroppo dobbiamo constatare che nessuna di quelle restrizioni è vera. Non è vero che il Giappone è l’unica nazione che non concede la cittadinanza ai musulmani, nonèverochealoroèsempre negata la residenza permanente, né che nemmeno possono affittare casa. Tantomeno è vero che alle Università giapponesi è vietato l’insegnamento dell’arabo e delle altre lingue islamiche, o che addirittura è proibita l’introduzione nel Paese del Corano in lingua originale. Sarebbe bello ma non è così.
LA VERITÀ
Gli islamici hanno diritto a entrare in Giappone con un regolare visto come tutti gli altri, e se ne hanno i requisiti teoricamente possono anche ottenere la residenza temporanea o permamente (ma in giappone vige lo ius sanguinis). Il corano in lingua araba esiste, come esistono decine di moschee sparse per il Paese (ce n’è una anche all’aeroporto di Narita), dove pregano gli indonesiani, i malesi, i thailandesi e i pochi mediorientali. Alle Università esistono corsi di lingua, cultura e storia araba, e anche farsi, cioè persiana. Si dice anche l’imperatore abbia concesso l’ambasciata solo ai Paesi islamici più importanti, ma anche questa è una falsità. Le sedi consolari ci sono e se ne manca qualcuna non è per colpa del governo giapponese ma di quello del Paese mancante che non ritiene opportuno rappresentarsi a Tokyo.
Resta il fatto che il Giappone, nonostante fake news e leggende, non è terra per musulmani. E se se ne contano soltanto qualcosa come centomila o poco più su una popolazione totale di 127 milioni dei buoni motivi ci sono, perfino meno fantasiosi di quelli elencati sopra. Il primo è il più lampante: il Giappone non è un Paese attrattivo per perditempo e approfittatori. Germania, Belgio, Gran Bretagna e Francia sono stati letteralmente invasi perché elargivano, e lo fanno tuttora, welfare a mani basse, Stato sociale come fosse caramelle, benefit a iosa. Il pacchetto del rampante immigrato in Europa è all inclusive, copre tutti i fabbisogni, dalla casa alla salute, sgancia assegni familiari e anche di disoccupazione. In Europa non esistono discriminazioni di provenienza, di preparazione professionale o di qualsiasi altro genere. L’immigrato è un privilegiato rispetto al conterraneo che rimane al Paese di origine che il più delle volte, guarda caso, è proprio un Paese musulmano.
REGOLE
Se vuoi andare a vivere in Giappone invece devi avere le idee chiare, delle qualifiche specifiche, devi lavorare sodo e non aspettarti alcun benefit aggiuntivo. In Giappone se non righi dritto sei fuori dai giochi, e se per di più sei straniero sei anche fuori dal Paese veloce come il vento divino. Sebbene sia in gran voga tra i turisti, nel Sol Levante non è così facile per viverci. Tanti sorrisi e arigato gozaimasu ai visitatori, ma se ti ci vuoi stabilire sei e rimarrai Gaijin, uno straniero, con tutte le accezioni negative che la parola comporta da quelle parti. Di conseguenza per sopravvivere al meglio devi adattarti strettamente ai loro usi e alla loro cultura. Non troverai mai nessuna scuola che serva al refettorio cibo halal per accondiscendere gli studenti stranieri, né alcun sindaco che ti permetta di stendere per strada il tappetino e pregare verso la Mecca. In Giappone tutte le religioni sono sì ammesse, come in tutti i Paesi democratici, ma non sono certo viste di buon occhio quelle che cercano di sopraffare le altre. Ce lo vedete voi un imam come quello di Ripoll a Osaka? No, e nessuno lo vedrà mai.
SAYONARA
E se già i musulmani per questa loro intrinseca caratteristica non erano graditi prima, immaginatevi ora dopo l’uccisione da parte dell’Isis del freelance Kenji Goto nel 2014, e i vari attentati di Parigi, Londra, Nizza, Bruxelles ecc. Ne è seguito infatti che la Corte suprema di Tokyo abbia stabilito per legge di controllare con un certo riguardo i maomettani a zonzo nel Paese. Qualcuno se n’è risentito, qualcun altro ha fatto ricorso per violazione della privacy. Altri hanno preferito fare le valigie e tornarsene ai loro paesello, dimostrando che alla fine la leggenda non è poi così lontana dalla realtà.