la Repubblica, 27 agosto 2017
Missili e un piano B per salvare la pelle. La doppia strategia di Kim Jong-un
SEUL Gli ex agenti del Kgb sono arrivati dal gelo della Russia fin qui, nella penisola più calda del pianeta, e dalla Residenza Pyongyang, quella con bunker e campo minato, hanno dato il via all’Operazione Salva Kim. Perché ormai è chiaro. Il triplo lancio di missili che ieri ha interrotto il digiuno di un mese e sconfessato l’ottimismo di Donald Trump – «Lo vedete che finalmente ci rispettano?» – rientra nel notissimo “Piano A”: produrre razzi capaci di raggiungere gli Usa con l’atomica. Ma Kim Jong-un sta già predisponendo un “Piano B”: per salvare la (sua) pelle. L’attacco e l’arrocco.
E si capisce. I gemelli diversi di Seul hanno reagito all’ennesimo bombing andandosene al mare o sciamando per le boutique di Myeong-dong: che volete che sia un altro lancio? Chi rischia di più non sono loro ma lui: e il baldanzosissimo Maresciallo ha paura, anzi, il terrore di essere assassinato. Rex Tillerson, il segretario di Stato di Trump, per convincerlo a sedersi alle trattative giura che non vuole cambi di regime. Ma chi si fida? I russi sono arrivati proprio per questo: per aiutare gli uomini scelti dell’Unità 963, il Supremo Comando di Guardia. L’incubo non è più il presunto “attacco biochimico” della Cia che Pyongyang ha annunciato di aver sventato in primavera: il timore più grande, rivela il giapponese Asahi Shimbun, arriva dall’MQ-1C Gray Eagle, il drone atomico dispiegato nella base di Busan in queste settimane.
L’“operazione decapitazione” del resto esiste davvero. E al di là delle improvvisate di Trump, che in campagna elettorale non ha escluso l’assassinio mirato, è enunciata in quell’Operation Plan 5015 che americani e sudcoreani hanno sottoscritto due anni fa e prevede «decapitation raid per sterminare i leader nordcoreani». Le stesse direttive costituiscono la sceneggiatura delle manovre congiunte che il Nord considera «prove di invasione». Già l’anno scorso i war games prevedevano la messa in scena della “decapitazione”. In queste ore si starebbe immaginando l’attacco nucleare: che fare se Kim davvero sgancia l’atomica?
Il presidente Moon Jae-in frena: «Dobbiamo essere preparati a ragionare sul lungo termine». È stato eletto promettendo di dialogare con Pyongyang, ma finora lassù hanno respinto le offerte. Ed è vero: i missili di ieri, uno esploso in volo, sarebbero a corto raggio, e farebbero quindi meno paura dei due mostri capaci di raggiungere l’America che il regime ha sparato a luglio. Però sarebbero stati lanciati da basi mobili, simulando un attacco vero, in situazione di guerra: e dunque che cosa bisogna temere di più? Il Pentagono prima ha detto che due dei tre missili, oltre a quello esploso, avevano fallito, poi ha diffuso una singolare errata corrige: hanno volato ma per poco, 250 chilometri. Ma ci si può sbagliare così? Anche perché dall’altra parte, si sa, non scherzano. Dopo aver annunciato l’aumento della produzione di missili intercontinentali, il regime ha fatto trapelare immagini in cui si intravedono un nuovo razzo nucleare sottomarino e una versione più sofisticata dell’Hwasong-14 che ha fatto tremare il mondo a luglio. Di più. Un rapporto Iaea, l’agenzia atomica dell’Onu, avverte: stanno continuando ad armarsi. Infatti: il nuovo test nucleare, dicono gli esperti, è imminente. Ma mai come questa volta oltre al dato militare va interpretato quello politico. Ci eravamo lasciati con il Giovane Maresciallo che minacciava Guam e invece il triplo lancio sembra “solo” un modo per guastare, come in passato, la festa delle esercitazioni congiunte in programma fino a fine mese: anche questo un segnale?
L’inviato della Cnn, unica tv occidentale accettata lassù, riporta la voce del regime: è la nostra risposta alla minaccia “fuoco e fiamme” di Trump. I media del regime mostrano il capo supremo mentre assiste a una simulazione di un’invasione del Sud e lanciano perfino un videogioco dall’inequivocabile titolo “Caccia agli yankees”. Allora c’è d’avere davvero paura? Nel dubbio perfino il tenero Moon ha deciso di accelerare: mercoledì il suo ministro della Difesa vola a Washington per chiedere armi più pesanti e un sottomarino nucleare. In cambio cederà alle pressioni Usa e anticiperà a questa settimana il completamento del discusissimo scudo Usa Thaad, quello che fa insorgere i cinesi perché – dicono – li spia.
Trump straparla, Moon mette lo scudo, Kim chiama i gorilla e Pechino s’arrabbia: non c’è pace qui in Corea. Chissà allora perché a Seul, come in tutte le parti del mondo, fanno la fila da Zara: e mica per le maschere a gas.