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 2017  agosto 27 Domenica calendario

Trump concede la grazia allo sceriffo razzista che «disprezza la giustizia»

NEW YORK Arriva di nascosto: venerdì a tarda sera, vigilia di weekend, coi media americani concentrati sull’uragano in Texas. È la grazia presidenziale per il controverso sceriffo Joe Arpaio dell’Arizona, già condannato in tribunale per «disprezzo della giustizia». È una celebrity cara alla destra americana: un auto-proclamatosi giustiziere nella caccia agli immigrati clandestini, che ha ripetutamente violato i diritti costituzionali delle sue “prede”. Rischiava fino a sei mesi di carcere per le sue malefatte passate, ora la farà franca perché Donald Trump lo ha graziato preventivamente (il tribunale non aveva ancora deciso la sua pena). Non è una vera sopresa. Lo sceriffo dell’Arizona, 85enne di origini italo-americane (i genitori immigrarono a New York da Lacedonia, provincia di Avellino), è una celebrity della destra, adorato da quegli elettori repubblicani che vogliono espulsioni in massa degli immigrati senza permesso di soggiorno. E infatti l’annuncio del perdono presidenziale è stato accolto come previsto: indignate condanne da sinistra, qualche repubblicano moderato in netto disaccordo (John McCain, senatore proprio dell’Arizona), ma una base di destra felice che Trump abbia mantenuto questa promessa. Il perdono infatti era nell’aria da tempo. Anche se Arpaio è stato sconfitto quando si è ripresentato davanti agli elettori di Maricopa County-Phoenix nel novembre scorso (quella carica di sceriffo è elettiva), la sua vera campagna elettorale era stata un’altra: spesso a fianco di Trump nei comizi del candidato repubblicano, regolarmente si attirava la sua bella dose di applausi. Trump ha annunciato il suo perdono venerdì sera con un comunicato che include una breve biografia: “La carriera di Arpaio, che cominciò col servizio militare nella guerra di Corea all’età di 18 anni, è un modello di servizio altruista della nazione… Da sceriffo ha protetto la comunità contro i danni del crimine e dell’immigrazione illegale. A 85 anni, e dopo mezzo secolo di servizio pubblico, è un degno candidato del perdono presidenziale”.
Nel profilo biografico stilato dalla Casa Bianca mancano gli episodi più clamorosi, stravaganti o scabrosi. Prima ancora di focalizzarsi sulla caccia agli stranieri, Arpaio era diventato famoso per le condizioni di prigionia che infliggeva ai carcerati nella contea di Maricopa-Phoenix. Per far fronte alla sovrappopolazione dei penitenziari, allestì delle tende militari che nella zona desertica dell’Arzona arrivavano a una temperatura di 60 gradi. Avendo saputo che alcuni detenuti rubavano la biancheria intima, impose a tutti le mutande rosa in modo che fossero meno facilmente… riciclabili. Ristabilì l’antica punizione dei lavori forzati in catene, anche per detenute donne. La ragione della sua condanna in tribunale: “racial profiling” cioè arresti mirati sistematicamente ai latinos; detenzione preventiva oltre il limite massimo consentito per legge e altri reati per i quali fu recidivo nonostante i ripetuti richiami del Dipartimento di Giustizia federale.
A Trump lo lega anche il fatto di avere cavalcato il “birther movement”, il movimento di destra che accusava Barack Obama di essere nato in Kenya, quindi ineleggibile alla presidenza degli Stati Uniti. Arpaio usò la propria carica di sceriffo per fare indagini in proprio onde dimostrare la “falsità” del certificato di nascita di Obama. Tra le altre iniziative che attirarono su di lui l’attenzione nazionale: per dare la caccia ai clandestini, non bastandogli gli organici della sua polizia locale, Arpaio divenne il promotore di una banda di vigilantes privati di cui entrarono a far parte anche gli attori Steven Seagal e Lou Ferrigno (quello del film “L’incredibile Hulk”). Prima di essere sciolta da un tribunale quella banda di vigilantes agli ordini dello sceriffo sostenne di avere raggiunto fino a tremila membri. Tra le accuse che hanno fatto perdere ad Arpaio l’ultima elezione: la sua ossessione sulle retate di clandestini lo portò a trascurare sistematicamente la prevenzione e la repressione di molti altri reati, inclusi i reati sessuali contro i minorenni.