Corriere della Sera, 27 agosto 2017
Arancia meccanica sulla spiaggia di Rimini. In quattro la stuprano davanti all’amico
RIMINI L’ultima sera doveva essere la più bella. È stata la più terribile della loro vita. Sono le quattro del mattino di ieri, il lungomare di Rimini è buio e deserto. Bagno 130, che significa zona Sud della città, verso Riccione, dove la spiaggia è lunga un centinaio di metri e prima di arrivarci ci sono sedici file di ombrelloni. La coppia si trovava sulla passeggiata interna parallela alla strada. Non sono sposati né fidanzati. Hanno 26 anni e sono polacchi. Sarebbero dovuti ripartire ieri in pullman con altri cinquanta connazionali, tutti giovani e per la maggior parte universitari, giunti in Romagna una settimana prima.
La comitiva, alloggiata in vari alberghi di Miramare, l’ultima sera si divide in gruppetti e in coppiette. Si vuole tirare tardi. Per qualcuno c’è la discoteca, per altri la birreria. Per la coppia di amici ci sono la luna, le stelle e il mare. Dal buio della passeggiata spuntano quattro ombre, quattro ragazzi. Agli investigatori dicono che l’approccio non sembrava violento anche se la lingua era sconosciuta. Sono su di giri, questo sì. Ma loro decidono di ascoltare cercando di capire. Il dialogo però degenera e in breve i polacchi finiscono insieme agli altri sulla sabbia. Superano la zona degli ombrelloni, dalla parte del mare. E lì dalle parole i quattro passano ai fatti. Vogliono derubare e violentare. Spinte, pugni, calci. Lui viene colpito con una bottiglia di birra e finisce tramortito accanto a un moscone. Lei viene portata sulla battigia e, lì, violentata a turno dai quattro e, alla fine, buttata in acqua, come lei stessa racconterà agli inquirenti.
Terrorizzata e sanguinante, la giovane riesce a trascinarsi fino al moscone, a destare l’amico dal torpore e, con lui, a risalire dalla spiaggia. Dove i due incrociano una prostituta che dà l’allarme. I quattro fuggono, naturalmente. Ma, non paghi della nottata sanguinaria e del gramo bottino fatto di pochi effetti personali, decidono che il raid dev’essere completato con un nuovo agguato. A piedi si dirigono così verso la Statale, zona di prostituzione. L’obiettivo diventa una trans peruviana. Alla quale riservano lo stesso trattamento: pestaggio, violenza e rapina. La loro feroce notte si chiude così.
Chi sono, dunque, questi quattro malviventi, probabilmente in preda ad alcol, droga e a un’incontrollabile eccitazione sessuale? «L’unica certezza al momento è che si tratta di stranieri e che hanno commesso un crimine disumano in una zona poco illuminata. Che fossero allucinati si può solo ipotizzare», taglia corto il questore di Rimini, Maurizio Improta. Per dare la caccia ai responsabili (forse maghrebini) ha messo in campo la migliore squadra possibile, con il superpoliziotto Luciano Baglioni, l’investigatore che consegnò alla giustizia la banda della Uno bianca. Nella loro folle nottata, i criminali hanno lasciato qualche traccia. Indumenti, bottiglie e, soprattutto, le loro immagini impresse in alcuni video di telecamere, sia della spiaggia, sia delle strade percorse a piedi. Al lavoro anche la polizia scientifica di Bologna che sta esaminando i reperti.
«Siamo sconvolti per la brutalità e la bestialità del terribile episodio di Miramare, siamo disponibili per ogni forma di supporto e aiuto alle vittime», ha promesso il Comune di Rimini. Mentre il segretario della Lega Matteo Salvini non usa mezzi termini: «La galera non basta, castrazione chimica».
La coppia è finita in ospedale. Lui, con una frattura facciale. Per lei è stato invece immediatamente attivato il protocollo sanitario e l’assistenza psicologica prevista in caso di violenza sessuale.