Gazzetta dello Sport, 27 agosto 2017
Il racket delle occupazioni

Ieri un cinquemila persone hanno sfilato per le vie di Roma, tra piazza dell’Esquilino e piazza Santa Maria di Loreto (piazza Venezia) per reclamare il diritto alla casa. La manifestazione era stata indetta da tempo dai comitati per il diritto all’abitare, ma i fatti di piazza Indipendenza di giovedì scorso l’hanno improvvisamente caricata d’ansia. Gli organizzatori hanno pensato bene di dare un posto d’onore, nel corteo, a etiopi ed eritrei che stavano nel palazzo di via Curtatone. La polizia, a sua volta, ha imposto controlli rigidissimi: niente aste, niente bastoni, niente bottiglie di vetro. Striscioni: «Via Curtatone, Indipendenza, siamo rifugiati non terroristi», «Vogliamo un tetto», «Vogliamo una casa», «Vogliamo vivere come i romani», «Libertà. libertà». I manifestanti hanno marciato con il conforto delle parole pronunciate dal segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin. Le immagini dell’azione di polizia in piazza Indipendenza, ha detto il monsignore, «non possono che provocare sconcerto e dolore, soprattutto dalla violenza che si è manifestata. E la violenza non è accettabile da nessuna parte. Però credo che, da quello che ho visto e da quello che ho letto, ci sia la possibilità di fare le cose un po’ meglio, fare le cose bene, perché ci sono le regole. Adesso, per esempio, ho visto che ci sarà questo impegno a trovare per queste persone delle abitazioni alternative prima di arrivare a questi estremi».
• Sì?
Minniti non parla, ma il senatore Manconi, che presiede la commissione Diritti umani, ha fatto sapere che, per quanto ne sa lui («non posso virgolettarlo»), «il ministro dell’Interno Minniti non autorizzerà altri sgomberi a Roma senza che vi siano pronte soluzioni abitative». Un’altra fonte del Viminale, anonima, conferma: «La prossima settimana scriveremo nuove linee guida per effettuare gli sgomberi ordinati dai giudici, e le invieremo a tutti i prefetti d’Italia. Tra le disposizioni ci sarà sicuramente quella di non autorizzarli se prima non è stata concordata una sistemazione dove alloggiare chi ne ha diritto. È una regola di buon senso, e non sarà l’unica». Il ministero, sempre in via ufficiosa, fa sapere di non avere avuto alcun ruolo nello sgombero di giovedì scorso, e richiama l’articolo 11 del decreto Minniti-Orlando sul decoro urbano, decreto convertito in legge a febbraio (Disposizioni in materia di occupazioni arbitrarie di immobili). L’articolo in questione prevede «la tutela dei nuclei familiari in situazioni di disagio economico e sociale» e stabilisce che in ogni caso i livelli assistenziali «devono essere garantiti dalle Regioni e dagli enti locali». Alla fine si afferma che «il sindaco, in presenza di persone meritevoli di tutela, può dare disposizioni in deroga a quanto previsto a tutela delle condizioni igienico-sanitarie». Per il nostro gusto c’è troppa gente coinvolta nelle decisioni da prendere. Ma tant’è. Gli uomini di Minniti stanno preparando la circolare da inviare ai prefetti con le linee guida di applicazione della legge. La Raggi e il governatore della Regione Lazio intanto si scambiano accuse per i fatti di giovedì scorso.
• Che succede se io offro una casa al povero rifugiato occupante via Curtatone e il povero rifugiato la rifiuta?
E già, è quello che è successo, e il rifiuto rende il rifugiato un po’ meno rifugiato di prima. Sospetta è anche l’esibizione delle donne incinte e dei bambini infelici, decorazioni simili a quelle che esibiscono le mendicanti che si mostrano col bambino in braccio per intenerirci il cuore. Il fatto è che la palazzina di via Curtatone era soprattutto un problema di malavita.
• Vale a dire?
Gli interni erano stati trasformati in alloggi piuttosto confortevoli, camere da letto, televisori anche al plasma, divani e frigoriferi, tavoli e poltrone, quadri alle pareti, immagini della Madonna e del cuore di Gesù (etiopi ed eritrei sono in genere cattolici) col solo problema delle cucine, per farle funzionare bisognava far ricorso alle bombole del gas. Gli appartamenti così ricavati venivano affittati a 10, 15 o persino 30 euro al giorno, a seconda dello spazio impegnato e della durata del soggiorno. La polizia ha trovato pacchi di ricevute che rendono inequivocabile lo sfruttamento del palazzo. Si spacciava droga, si dava ospitalità a trafficanti di uomini, si vendevano le aree-soggiorno anche per dodicimila euro. La resistenza ad andare da un’altra parte nasce dal desiderio di riconquistare via Curtatone, così centrale e conveniente. Calmate le acque, proveranno di certo a rioccuparlo.
• C’è un racket dietro tutto questo?
Naturalmente. Per esempio, un Comitato di lotta per la casa, capeggiato da una cinquantottenne Maria Giuseppa Vitale, detta Pina, messo sotto inchiesta dalla Procura risultò composto da gente che, qualificandosi come antagonista e schierata in difesa dei poveri, costringeva in realtà i poveri a occupare edifici, poi estorceva loro denaro o prestazioni lavorative gratuite «utilizzando il Comitato come uno strumento di potere proiettato a ottenere profitti».
• È una situazione solo romana o il caso è nazionale?
A Roma i palazzi da liberare sono cento, con una top list di quindici edifici indicata dall’ex sindaco Alemanno. A occupare sarebbero almeno 4.000 persone. Federcasa sostiene che gli alloggi detenuti illegalmente in tutta Italia sono 48 mila, in gran parte di proprietà pubblica. Di questi 48 mila, 40 mila sono stati occupate a forza, gli altri sarebbero abitati da gente a cui è scaduto il contratto e che non se ne va. Può in questa terra di nessuno annidarsi anche il pericolo di uno sviluppo dell’azione jihadista? Purtroppo, sì. È vero che allo sgombero di via Curtatone s’è proceduto in tutta fretta per la preoccupazione determinata dai fatti di Barcellona? Al ministero negano, ma la voce corre e con una certa forza.