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 2017  agosto 11 Venerdì calendario

Mettiamoci intorno a un tavolo

Terni. Regola non scritta. Per battere i cinesi vale tutto. Cambiare il colore delle gomme delle racchette, aumentare le dimensioni della pallina, limitare a due atleti per nazione la partecipazione olimpica così da impedire che sul podio sventolino tre bandiere uguali (quelle rosse cinesi, ovviamente). Perché va bene partecipare, ma farlo sapendo che si gioca dal quarto posto in poi, non è il massimo.È dura la vita per i giocatori di tenni stavolo, alle prese con il secolare strapotere dei fenomeni di Pechino. Quella Cina che, dalle Olimpiadi di Seul del 1988 a quelle di Rio del 2016, ha vinto 53 medaglie (28 d’oro). La Svezia, migliore squadra europea, ne ha solo 3 (di cui solo una d’oro). La nostra Nazionale, invece, vanta un bronzo ai Mondiali del 2000 e un oro nel 2016 agli Europei giovanili di Zagabria. Cinese, ovviamente, è anche il numero uno al mondo, Ma Long. Uno che ha vinto tutte e quattro le più importanti competizioni mondiali individuali: in pratica il Grande Slam del tennistavolo. Già, tennistavolo, perché chiamarlo ping pong, come fa la stragrande maggioranza delle persone, tra gli addetti ai lavori provoca occhiatacce e puntigliose precisazioni. Perché, questo è il ritornello, il tennistavolo è uno sport, il ping pong un gioco.
E l’Italia come se la passa? Non male. La Federazione, guidata da Renato Di Napoli, conta un bilancio di 5 milioni annui, 574 società e un numero di iscritti in crescita: dal 2012 a oggi sono passati da 12.888 a 14.227. Un incremento superiore al 10 per cento per uno sport che conta, nel mondo, circa 40 milioni di agonisti e 300 milioni di appassionati. A Temi, lo scorso giugno, si sono giocati i campionati italiani: 1.462 giocatori ( 1.209 uomini e 253 donne) dalla seconda alla quinta categoria e 346 veterani (dai 40 anni a salire). I top player non c’erano. Il loro campionato, infatti, l’hanno giocato a Riccione a marzo incoronando Mihai Bobocica (nato in Romania) eTiang Jing (cinese ma naturalizzata italiana). Lo scudetto l’ha vinto l’Apuania Carrara per gli uomini e il Tennistavolo Castel Goffredo per le donne.
Nella testa dei vertici c’è l’idea di rendere più appetibile (e vendibile) il prodotto tennistavolo. La diretta web delle partite c’è già e dal prossimo anno verrà scelto e premiato l’autore del colpo migliore del torneo. Non solo: la rovente discussione tra i partecipanti del primo corso per “omologatori di impianti di gioco“fa capire bene quanto la Fitet punti al salto di qualità. Non senza resistenze. «Con le nuove regole non rischiamo di vietare il nulla osta a molti impianti, soprattutto a quelli piccoli?» chiede uno degli “omologatori“che spesso fanno parte di società che temono che norme troppo rigide penalizzino gli impianti dove giocano. Risposta secca del responsabile della Federazione: «Non importa, da oggi si cambia».
Tutti i pongisti (così si chiamano i giocatori), prima di affrontare le gare, devono superare il severo esame del controllo racchette. Per capire come funziona basta andare al racket control dei campionati italiani e parlare con chi lo gestisce. Si chiama Elio Corrado e piazzati sul tavolo davanti a lui ha alcuni aggeggi di cui va molto fiero: «Questo serve per misurare lo spessore della gomma, liscia o puntinata che sia, che non deve essere maggiore di 4 millimetri. Quest’altro controlla che non venga usata una colla che si utilizzava tempo fa e che si è scoperto essere cancerogena». Ma c’è chi, nonostante tutto, la usa? «Qualcuno ci prova perché è molto performante...».
Assodato che esistono racchette “dopate“, si passa alle contestazioni. Ce ne sono? «Molte, ma è praticamente impossibile che le macchine si sbaglino. Comunque la prima volta si può cambiare la racchetta ma se anche la seconda non va, scatta la squalifica» taglia corto Corrado.A pochi metri risuona una colonna sonora tanto mono tona quanto ipnotizzante. Un“ping pongping pong“moltiplicato per 26 tavoli che però sembra non disturbare la concentrazione di chi si sta sfidando. «Ci si abitua» spiega il vicepresidente della Fitet Carlo Borella. Anche se è normale farsi venire in mente il sacrale silenzio che circonda il tennis, fratello maggiore ben più prestigioso e ricco.
Un mondo tutto sommato tranquillo come questo, venne scosso, anni fa da una polemica rovente. La protagonista fu Sabrina Moretti, nome storico del tennistavolo italiano, un lungo palmares di campionati vinti e gare in Nazionale. Accadde quando decise di infrangere il tabù del look. Pensava che il body fosse più comodo e si mise in testa di indossarlo. Rompendo una liturgia che durava da sempre. Dopo un tira e molla con la Federazione e molte polemiche, vinse lei. Oggi gioca in A2 con il Coccaglio a Brescia, ma vive e si allena al Centro olimpico di Senigallia: «Ho cominciato per caso, da bambina mi piacevano i pattini e la pallavolo ma costavano troppo, poi il vicino di casa mi ha regalato una racchetta e sono andata a giocare all’oratorio. Poi sono venuta da Enzo...». Ovvero Enzo Pettinelli, 78 anni, vero e proprio guru del tennistavolo italiano. Per lui è tutta una questione d’orecchio: «Serve il talento ma anche una musicalità sviluppata, il senso del ritmo. Lo dico sempre a chi alleno: non è il braccio che si muove ma tutto il corpo. E anche quando si aspetta il colpo dell’avversario il giocatore deve muoversi, volare verso la palla». Cosa che, considerato il fatto che in una partita tra professionisti la pallina viaggia sui 100all’ora,non sembra una cosa così immediata.
A Temi comunque il nome di Sabrina Moret continua a dividere. «La sua battaglia per il body? Una ricerca di pubblicità» è la risposta, ricorrente, di quelli che evidentemente non la amano, e preferiscono parlare della decina di nuove leve che vivono e si allenano al Centro federale di Formia. Dal prossimo anno, la metà saranno ragazze. Che, sempre di più, si fanno strada. Come Teresa D’Èrcole, 12 anni, da Matera: ai campionati italiani ha vinto l’oro nel doppio, l’argento nel singolare e il bronzo nel misto, sempre in quinta categoria. «Mi alleno due ore al giorno. La pressione? Si sente». 0 come quelle già affermate, ad esempio Chiara Colantoni, 24 anni da Roma, numero uno d’Italia. Ma questo non è uno sport per soli giovani. Basti pensare a Giovanni Barsotti, 82 anni da Viareggio, campione italiano over 80: «Ho cominciato a 15 anni quando ancora le racchette erano di legno. Il mio punto di forza? I riflessi...». E che dire di Edith Santifaller Huber che di anni ne ha 85? Un centinaio di titoli vinti in carriera le sono valsi l’appellativo di “signora del tennistavolo”.
Tra racchette e palline c’è posto anche per i “frazionisti”. Un manipolo di irriducibili che ha deciso di giocare alla vecchia maniera: ovvero con le racchette senza gommapiuma, che si usavano prima degli anni 50. Sono quelli che utilizzano, orgogliosamente, la definizione ping pong e lo scorso marzo hanno organizzato i loro campionati mondiali in Inghilterra. Indovinate chi ha vinto? Un cinese.
Matteo Tonelli