La Stampa, 25 agosto 2017
Il Brasile cede l’Amazonia ai mercanti globali dell’oro. L’ex ministro dell’ambiente della Colombia, Manuel Rodríguez Becerra, non è d’accordo
La decisione del Brasile è gravissima, perché porterà alla distruzione di altre centinaia di ettari dell’Amazzonia, che è non solo il più grande polmone verde del mondo, ma ha anche una ricchezza inestimabile in biodiversità ed è la casa di tante comunità indigene, i cui diritti verranno violati. Purtroppo, l’America Latina, invece di cercare seriamente altre vie di sviluppo, sta tornando all’estrazione su vasta scala, come in epoca coloniale, con profonde ricadute anche sulle economie locali e sui livelli di corruzione.
Le attività di estrazione, anche utilizzando le migliori tecnologie a disposizione, provocano inevitabilmente profonde e inguaribili ferite ecologiche, spesso compensate mediante la protezione di altre zone di particolare valore ambientale. Tuttavia, nella giungla tropicale, l’impatto più grave non sono tanto i segni lasciati in loco dalle miniere quanto la costruzione di arterie di comunicazione che finirebbero per attirare migliaia di «campesinos», contadini senza terra che comincerebbero a estirpare grandi porzioni di bosco per lavorare il legname e poi stabilire parcelle per il loro sostentamento. Dopo questa colonizzazione arriverebbero anche le aziende di allevamento su vasta scala simili a quelle che, in passato, hanno introdotto la loro produzione di carne in altre zone dell’Amazzonia.
Non dobbiamo ingannarci ancora: l’esperienza internazionale degli ultimi decenni ci insegna che la costruzione di autostrade e altre infrastrutture necessarie per l’estrazione mineraria e petrolifera porta all’inevitabile distruzione e degrado sia degli ecosistemi sia delle culture e comunità indigene. I governi dovrebbero affrontare con trasparenza la questione della ricchezza naturale nell’Amazzonia: fin dove sfruttare le sue risorse e fin dove conservare la sua biodiversità e i suoi ecosistemi, di vitale importanza per la regione, l’umanità e la stabilità nel pianeta?
Evidentemente, vista l’ultima decisione dell’amministrazione brasiliana, i governi regionali sembrerebbero essere convinti che vale la pena correre il rischio di sacrificare tutta questa ricchezza in cambio del miraggio di essere trascinati dalla locomotiva dell’estrazione mineraria verso la terra promessa della prosperità economica.
(Testo raccolto da Pablo Lombò)