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 2017  agosto 25 Venerdì calendario

Bocce, un gioco da ragazzi. La sfida dei baby campioni

SAN GIOVANNI IN PERSICETO La platea di nonni esplode in un boato quando il diciottenne Daniele boccia al volo una sfera russa. “Vamolà il cinno” (equivalente di pischello o guaglione nel vernacolo locale). Vallo a spiegare che non è solo uno sport per vecchi, quello delle bocce: ce ne fosse uno, nel pubblico degli Europei Under 18, che deve chiedere chi erano i Beatles, perché non c’era quando si sono sciolti. Minimo, ché gran parte c’era anche quando si sciolse il Trio Lescano. Eppure.
Eppure nell’era della playstation in Italia ci sono circa duemila e cinquecento minorenni tesserati alla Federbocce, in maggioranza under 15. E forse è l’unico sport dove gli azzurrini sono atletici e fighetti mentre i rivali tedeschi sono pingui e flaccidi nerd. Sport, s’è detto: probabilmente tornerà come disciplina olimpica ai Giochi di Parigi nel 2024 esattamente un secolo dopo – stesso luogo, stessi cerchi – e non lo si chiami passatempo, perché ci hanno messo quasi novemila anni a convincere tutti che non si tratta solo di un hobby dopolavoristico che sa di Vecchia Romagna, tressette e gite a Loreto. Ci sono creste e tatuaggi anche in bocciofila, incredibile. Millennials infiltrati nel tempio dei pensionati. Ma di strada da fare ce n’è ancora tanta, da quando furono trovate in Turchia le prime tracce risalenti al 7.000 a.C di questo gioco, poi consigliato da Ippocrate e praticato da Augusto e Ponzio Pilato, le cui mani apprezzarono le sfere di legno che i romani introdussero al posto di quelle di pietra. E poi Erasmo da Rotterdam, Martin Lutero, Calvino, Shakespeare e Sir Francis Drake fino ai giorni nostri e a questi quattro ragazzini che con la maglia della Nazionale si stanno disputando il titolo europeo specialità raffa al Palabocce del paese di Marco Belinelli, campione Nba. L’Italia, si sappia, è rimasta una potenza mondiale dai tempi dell’impero romano e continua a investire per resistere alla nuova concorrenza di sudamericani, slovacchi, turchi e – manco a dirlo – cinesi, oltre a quella storica degli svizzeri (presenti qui con regolare campanaccio sulle tribune).
I quattro azzurrini hanno iniziato tra i sette e i nove anni, tre per eredità famigliare (padri o zii) e uno, Marco Principi, 15 anni dalla provincia di Pesaro, perché lo ha imparato a scuola. All’Università di Urbino verranno formati istruttori appositamente. Daniele Di Bartolomeo ed Elia Di Bernardo Gagliardi sono entrambi della provincia romana, diciottenni e studenti dell’alberghiero. Tommaso Gusmeroli, diciassettenne di Sondrio, fa il carrozziere mentre Principi studia da geometra. Dedicano una o due ore al giorno alle bocce, quasi sempre in solitudine, più l’allenamento fisico: chi gioca a calcio, chi nuota, chi corre. «È uno sport che ti aiuta a crescere perché ti insegna la concentrazione» dice Marco, il più piccolo e sveglio. Tutti e quattro hanno dovuto sopportare l’ironia e gli sfottò dei coetanei che però si sono arresi quando li hanno visti in azzurro. «Io mi ci sono anche fidanzato con una giocatrice» dice Tommaso. Si rimedia perfino in bocciofila, non solo su Facebook o in discoteca. Daniele, che gli altri indicano come lo sciupafemmine della compagnia, ammette invece che ‘sta cosa delle bocce non la racconta proprio subito alle ragazze.
«Sfatiamo il mito che sia uno sport per vecchi» dice il ct Maurizio Mussini, cinquantottenne commerciante reggiano in gran forma, già tre volte campione mondiale e sette europeo. «Per giocare a bocce si deve essere preparati mentalmente e fisicamente, i risultati arrivano solo con l’allenamen- to. Ci vuole resistenza per stare in piedi anche dieci o dodici ore. Quando lo dicevo quarantacinque anni fa ero una mosca bianca». Metodo, stage, ritiri: per l’Italia è una cosa seria. Esiste anche uno stile italiano nel gioco: prima si va a punto, poi lo spettacolo. Già sentita, eh? Si gioca dappertutto, al nord come al sud («La bocciofila è come la stazione dei carabinieri: una in ogni paese»), soprattutto la raffa (la bocciata si dichiara prima) anche se in Piemonte e Liguria si preferisce il volo (bocce metalliche più grandi), forse per l’influsso francese della pétanque (terza disciplina federale: bocce metalliche più piccole e tiro a piedi fermi). Per fare proseliti la federazione ha introdotto anche una quarta specialità, le beach bocce, quella cioè che abbiamo già praticato tutti una volta nella vita. «La prossima estate saremo in tutte le principali spiagge italiane» promette il vice presidente Moreno Rosati. Domani, semifinali e finali dalle 9 in diretta streaming su federbocce. it: chi l’ha detto che è uno sport per vecchi?