Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  agosto 25 Venerdì calendario

Stupri, soldi e misfatti, l’India teme il processo al «guru luccicante»

BANGKOK L’aitante ed eccentrico cinquantenne Gurmeet Ram Rahim Singh è il guru spirituale di 50 milioni di indiani e perfino occidentali, nonostante la fedina penale lunga come la sua folta barba e le pratiche inquietanti di cui è sospettato. Sempre ostacolate in passato da masse di fanatici pronti a dare la vita per lui, le forze dell’ordine sono riuscite per la prima volta a portarlo alla sbarra dopo 15 anni di altri inutili e rischiosi tentativi di rendere giustizia a due ex discepole che lo accusano di averle violentate nel 2002. L’udienza del caso è prevista questa mattina a Chandigarh, capitale condivisa di due Stati, l’Haryana e il Punjab, di fatto sotto coprifuoco da ieri con strade bloccate e treni sospesi, uffici chiusi, divieto di assembramenti e tre stadi di cricket pronti per una retata di massa in caso di condanna. La paura è quella di una rivolta incontrollabile dei devoti di questo variopinto santone che è anche un attore bollywoodiano conosciuto come Messaggero di Dio, dal titolo del suo popolarissimo film giunto al secondo sequel, dove vola su una grossa moto e tra canzoni e danze scatenate sbaraglia i cattivi coi suoi superpoteri. Nonostante le precauzioni e lo schieramento di 3.500 agenti in città ed altrettanti nei dintorni con 10 battaglioni dell’esercito in stato d’allarme, più di 150mila “premis” – come si chiamano i suoi discepoli – sono arrivati alle porte di Chandigar. Un numero consistente si trova già a ridosso del tribunale, dopo aver saputo che il loro santone potrebbe presentarsi di persona invece di rispondere alle accuse – come girava voce – in videoconferenza dal suo bunker di Sirsa, dove sarebbero avvenuti gli stupri, a 260 km da Chandigarh.
La sostanza della sua difesa è già nota: «Sono fisicamente incapacitato a indulgere in relazioni fisiche», ha dichiarato, pur essendo padre di tre femmine e un maschio. Ma l’anno delle sospette violenze è anche quello dell’omicidio irrisolto di Ram Chander Chatrapati, un giornalista a sua volta ex devoto che voleva svelare gli affari segreti della potente fondazione “caritatevole” Dera Sacha Sauda guidata da guru Gurmeet, e indagare sulla sorte di un ex tesoriere trovato morto dopo aver reso pubbliche le denunce delle donne violentate.
L’impunità di cui ha goduto l’organizzazione è in parte spiegata dal suo appoggio con milioni di voti al partito religioso di maggioranza del Bjp, ma anche dalla paura delle autorità di creare uno stato di guerra civile in questa regione detta “cow belt”, la cintura delle mucche, dove si concentrano gli hindu tradizionalisti. Oltre a finanziare Ong per emergenze e servizi sanitari, sostiene infatti anche la campagna per la protezione dei bovini, all’origine di diversi delitti in vari Stati indiani contro musulmani e mangiatori di carne considerata sacra.
La sua figura, celebre per le collane e gli abiti di strass che gli sono valsi il nomignolo di “guru luccicante”, è troppo ambigua e controversa per essere difesa dall’attuale premier e membro del Bjp Narendra Modi, un religioso abituale frequentatore di santoni hindu di vario tipo. Infatti sul Messaggero di Dio pende un’altra spada di damocle giudiziaria imbarazzante, un curioso caso di castrazione collettiva a quanto pare da lui consigliata a quei discepoli disposti ad accedere più velocemente all’illuminazione e avvicinarsi puri a Dio.
L’Ufficio centrale di investigazione calcola in 400 il numero degli evirati nelle cliniche della Dera Sacha Sauda dal gennaio del 2000, anche sulla base delle circostanziate denunce di uno degli eunuchi pentiti. Sullo sfondo di questo scenario di fede e follia resta il mistero della presunta impotenza dello stesso Gurmeet, alla base della sua linea di difesa nel processo di oggi. Ai giudici l’ardua sentenza.