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 2017  agosto 24 Giovedì calendario

La grande esercitazione di Seul per evitare l’apocalisse in 5 minuti

SEUL Quei diavoli di Pyongyang hanno appena sferrato l’attacco e Suseo Station è già un rogo fuori controllo, guardi le automobili che bruciano su Bambgogae-ro e immagini l’inferno che si sta consumando là sotto, il gas che ti prende alla gola non lo ferma neppure la pioggia e le esplosioni assordanti sono la prova che non stai sognando: ma allora com’è che le ragazze di “Angel- in-Us”, l’angelo in noi, restano alla cassa a prendere le ordinazioni per i caffè? Il paradiso, e quindi anche l’inferno, possono attendere. Per quanto, beh, dipenderà da Dr. Kim & Mr. Trump, l’improbabile coppia che sta giocando con la vita di qualche miliardo di persone: a cominciare dai dieci milioni che vivono a 40 minuti dal confine, in questa metropoli ogni giorno di più bersaglio riluttante. Paura? Ra Hyonsuk, 57 anni, ti risponde con la saggezza che solo una vita all’ombra di tre Kim può regalare: «Come fai ad avere paura? Se davvero butta l’atomica sarebbe la fine per tutti: anche per lui». «Stamattina abbiamo fatto saltare una bomba davanti all’Assemblea nazionale», dice sereno il capitano dei vigili del fuoco in borghese che minaccia di allontanarsi quando cominci a fotografargli le quattro pagine del “piano d’attacco” che sta sfogliando, scalettato minuto per minuto come in una sceneggiatura. È al suo terzo “drill”, spiega, perché le prove di evacuazione e pronto intervento decise durante questi “Ulchi Freedom Guardian”, i giochi di guerra Usa-Corea, si svolgono nell’arco di un paio di giorni. L’altro pomeriggio, per esempio, il blitz con tanto di attacco al (finto) gas nervino è andato in scena con una valigetta esplosa a Sadang, una delle innumerevoli stazioni di questo sistema metropolitano da 21 linee e 331.5 chilometri, che dovrebbero tutte garantire un punto di fuga. Dovrebbero: perché un sondaggio della Protezione civile dice che il 74% dei coreani non sa dove si trova il rifugio più vicino tra i più dei 18mila in tutto il Sud, 3.200 solo a Seul.
Anche per questo il governo, che per la verità ripete le esercitazioni dal 1972, stavolta ha deciso di fare le cose in grande. L’intero paese s’è fermato per 5 minuti, dal 38° parallelo in giù, quando le sirene hanno incominciato a suonare alle 14 in punto, le auto fatte sostare ai lati delle strade, il vialone di Gwanghwamun dove sfilava la rivoluzione delle candele – l’insurrezione pacifica che ha cacciato Park Geun-hye, la presidente corrotta dall’amica sciamana – immortalato in un surreale fermo immagine, gli allarmi in tutti i condomini, stop anche agli ascensori degli hotel. Ma adesso è qui, alla Suseo Station, che i war games si accendono in stile Hollywood. Scatta l’allarme e piombano i reparti speciali, i botti fanno sobbalzare le comparse che pure sanno che è tutta scena, sulla «sceneggiatura» c’è scritto che il tetto collassa al 20° minuto, 5 minuti dopo arrivano gli elicotteri a rimuovere i primi feriti, le 14.30 ed ecco gli uomini negli scafandri rossi del Chemical Radio Nuclear Enviroment, il nucleo che rileva le radiazioni, le 14.40 e due supergru scaraventano una cascata d’acqua che costringe al fuggi fuggi i più curiosi. Funzionerà mai?
Choi Gilmuk, lo strategy manager qui a Suseo, ti fa due conti: «Ci sono sei piattaforme e ogni giorno ospitiamo 120 treni che caricano e scaricano 32mila persone in 24 ore». E quante ne salviamo? «In 5 minuti – giura sono tutti fuori». «Ma questa è solo la prima parte», aggiunge Kang Hyun Seop, l’assessore alla cultura del distretto – qui nel cuore di Gangnam, il quartiere famoso per il k-pop e le canzoni del rapper Psy – che si sta godendo, appunto, lo spettacolo: «Non posso dire dove ma abbiamo già rifornito i rifugi con cibo e acqua: la fuga è l’inizio, poi comincia la battaglia per la sopravvivenza». Il disincanto del popolo di Seul è noto: io non ho paura. «Ma in questa escalation di tensione, dovuta alle minacce del Nord di bombardare Guam e agli annunci di ‘soluzioni militari’ dagli Usa», dice in tv il ministro della Sicurezza Kim Boo-kyum, dando equamente la colpa a Dr. Kim & Mr. Trump «le esercitazioni sono condotte, stavolta, con la massima serietà». Un altro botto, e il pompiere che ha al collo il passi n. 58, le braccia sporche di sangue da carnevale, sbuffa: «Per me è un bluff». Di Kim? «Di entrambi: ma nel dubbio, non è meglio prepararsi?».
È quello che dice Moon Jae-in, il presidente eletto promettendo la pace che proprio oggi è andato a ringraziare quelli che, invece, preparano la guerra: «Grazie al vostro sacrificio la nostra gente può continuare a vivere la vita di tutti i giorni», ricorda ai militari coreani e Usa che incontra nel centro-comando, ovviamente top secret. Mentre parla, i ragazzi di Ttukseom, sotto il ponte che li divide dall’inferno di Suseo Station, stanno sfidando, invece di Kim Jong-un, le onde dell’Han River. È agosto anche a Seul: e se lo sognano, il windsurf, quei diavoli di Pyongyang.