La Stampa, 24 agosto 2017
Infestante ma magica elogio della Portulaca
Se i migliori amici dell’uomo, durante le loro passeggiate mattutine, non la innaffiassero con un certa predilezione, la portulaca, anche di città, sarebbe un boccone invitante. A dispetto del nome, questa «gramigna» infestante, che ha l’aspetto delle piante grasse, ha un sapore distintivo. Corre nei campi sul terreno dissodato, ma prolifica anche negli anfratti di un marciapiede cittadino, e produce caduche campanule gialle, che le guadagnarono il nome di «fiore di un giorno» nelle Antille. Detta anche «porcellana», non fu soltanto cibo da maiali ma anche dono per i frati nella questua. Nei mercati del Sud era assai ricercata, tanto che a Napoli la «pucchiacchiella» non mancava mai nell’insalata. Ma in Sicilia pure, con cetrioli, pomodori e cipolle, la «purciddana» celebrava il Ferragosto nelle ville. Si può cuocere in pastella, ma è assai meglio cruda, acida e croccante. Dà nerbo alle creme di verdura e dona a qualsiasi piatto un verde brillante, ammanta ogni contorno di freschezza e aggiunge mordente ai panini. Ma attenzione, per quanto vogliate risciacquare mai riuscirete a limitare i suoi semini neri; invaderanno ogni portata, come una nevicata di sesamo tostato o una macinata di grani di pepe ammaccato. Per scongiurare i rischi della raccolta cittadina, basterà porre una piantina nella sabbia di un vaso, e attendere che cresca l’infestante già detta magica dagli Egizi, per il suo potere esorcizzante.
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