La Stampa, 24 agosto 2017
Hillary Clinton, rabbia e rimpianti: «Trump è un viscido»
«Stai indietro viscido». E se Hillary Clinton si fosse rivolta con frasi di questo tenore a Donald Trump, le cose sarebbero forse andate diversamente? Alla fantapolitica il compito di rispondere, ma appartiene senza dubbio alla realtà il senso di rimpianto e di rabbia che anima l’ex candidata democratica nel suo ultimo libro «What Happened» (Cosa accadde). Un lavoro in cui Hillary ripercorre la debacle elettorale di Usa 2016. E lo fa partendo da una premessa che la dice tutta sul suo giudizio nei confronti dell’avversario. Trump è «un viscido, quando mi si avvicinava da dietro mi si accapponava la pelle», racconta l’ex First Lady in base agli estratti del volume, anticipati dai media Usa. Ricordando i tre dibattiti televisivi dello scorso autunno dice: «Dovevo stare calma, sorridere e andare avanti, anche se lui invadeva di continuo il mio spazio personale? O girarmi, fissarlo negli occhi e dire chiaro e forte “stai indietro viscido, stai lontano da me. So che ami intimidire le donne, ma non puoi intimidire me”. Ho scelto l’opzione A».
L’irritazione della Clinton per Trump si è acuita quando, ad appena un mese dal voto, erano uscite le registrazioni di oltre dieci anni prima in cui il tycoon veniva colto mentre raccontava le sue tecniche di seduzione, dicendo che lui optava per il «pussy-grabbing», ovvero afferrare per le parti intime. «Quando si metteva dietro di me dicevo “questo non va mica bene”, era il secondo dibattito, poco dopo tutti avrebbero saputo del suo modo di approccio con le donne», scrive l’ex senatrice. «Io camminavo e lui mi seguiva passo passo, fissandomi e facendo le facce strane, mi sentivo davvero a disagio, avevo il suo fiato sul collo, letteralmente parlando». “É uno di quei momenti in cui vorresti spingere pausa, chiedere a chiunque “cosa faresti?”». Ovvero opzione A o B? L’ex segretario di Stato spiega che optò per la calma perché nelle sue tante esperienze aveva imparato a controllarsi con tutti quegli uomini che tentavano di metterla a disagio. «Mi mordevo la lingua, mi stringevo le mani, tutto pur di mantenere un viso composto davanti al mondo. Nella prefazione di “What Happened”, edito da Simon & Schuster e atteso nelle librerie il 12 settembre, Hillary spiega che il libro non vuole essere una specie di opera omnia della corsa presidenziale da cui è uscita perdente. «Voglio piuttosto levare i veli su un’esperienza che è stata esilarante e festosa, un’esperienza che rende più umili e a tratti fa infuriare o risulta incomprensibile. Scrivere tutto questo non è stato facile. Ogni giorno da candidata alla presidenza pensavo che milioni di persone contavano su di me, e non potevo sopportare di lasciarli soli. Invece è accaduto. Non ho finito il lavoro. E devo vivere con questo cruccio per il resto della mia vita».
Clinton tuttavia cede alla tentazione di addossare le colpe del suo fallimento a fattori esterni. Ovvero le interferenze russe nella corsa alla Casa Bianca e la «repentina» decisone dell’ex direttore dell’Fbi, James Comey, di riaprire le indagini sulle mail private usate da Hillary nell’esercizio delle sue funzioni di pubblico ufficiale alla guida della diplomazia Usa. «What Happened» arriva a tre anni da Hard Choices, un racconto del periodo alla guida di Foggy Bottom. Mentre dopo gli otto anni alla Casa Bianca l’ex First Lady aveva pubblicato «It Takes a Village: And Other Lessons Children Teach Us» e, nel 2003, da «Living History».
Anticipazioni a parte, c’è molta curiosità su quanto contenuto nelle memorie compilate dalla Clinton durante il suo ritiro nell’eremo di Chappaqua, dove si è rifugiata dopo la batosta dell’8 novembre. In particolare su particolari inediti magari in merito all’epilogo, quando, si dice, alla vista della mappa Usa che si riempiva sempre più di rosso-repubblicani, Hillary si fece prendere da pulsioni schizofreniche, al punto tale da saltare al collo del suo capo campagna John Podesta. Solo dopo essere stata sedata si sarebbe accorta di cosa era accaduto, «What happened» appunto.