Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  agosto 23 Mercoledì calendario

Allah, dacci il nostro morto quotidiano

Sono 595 i morti in attentati terroristici rivendicati da Isis e Al Qaeda in Europa dall’11 marzo del 2004, quando mediante una serie di attacchi coordinati al sistema di treni locali a Madrid furono uccise 192 persone e altre 2057 restarono ferite, e il 17 agosto scorso, quando a Barcellona un furgone lanciato sulla folla a La Rambla ha prodotto 22 morti e 100 feriti, di cui 15 gravi. 
I feriti totali di questa forbice temporale, invece, sono oltre 4320. Un bollettino di guerra che diventa non solo sempre più lungo, ma anche sempre più incalzante, se consideriamo che in meno di 90 giorni, ossia dal 22 maggio di quest’anno, quando a Manchester, alle ore 22.31 locali, al termine del concerto della cantante statunitense Ariana Grande, un’esplosione ha provocato 23 morti e 122 danneggiati, fino all’attentato di Barcellona della scorsa settimana, abbiamo riportato 56 decessi e 270 ferimenti. Dunque, negli ultimi mesi il ritmo degli attentati è diventato più serrato: oggi abbiamo una media di quasi un morto al giorno e di 3 feriti quotidiani in attentati compiuti sul suolo europeo e ufficialmente rivendicati dalle organizzazioni terroristiche di matrice islamica. Continuando di questo passo sarà il 2017 l’annata più prospera per il raccolto di cadaveri europei da parte dei terroristi, vincendo il record del 2015, quando gli attentati realizzati a Parigi dal 7-9 gennaio e quello del 13 novembre sempre nella capitale francese sono costati la vita a 157 persone, danneggiandone altre 390.
Del 2016, invece, non possiamo dimenticare l’attacco del 22 marzo a Bruxelles, rivendicato dall’Isis, in cui scomparvero 35 individui, mentre 340 restarono feriti; quello del 14 luglio a Nizza con 87 decessi e 434 offesi, molti gravissimi; e, infine, la strage del mercatino di Natale del 19 dicembre scorso a Berlino, in cui furono falciate dal tir scagliato contro la folla 12 persone. Allora si registrarono 56 feriti. Non era neanche un anno fa. 
Ed oggi siamo ancora qui a contare i nostri morti quotidiani. Se non è guerra questa, la guerra cos’è? 
Deve allarmarci l’esplosione di questi numeri, nonché il fatto che gli attacchi siano sempre più ravvicinati, segno che l’Isis diventa ogni giorno più aggressivo ed abile, tanto da riuscire sempre a farcela sotto il naso. L’esperienza che avremmo dovuto acquisire nell’ultimo decennio, raccogliendo tutte queste salme dal marciapiede, è evidente ci è servita a poco, perché può ancora succedere, e di fatto è accaduto qualche giorno fa, che una cellula jihadista riesca a studiare e mettere in atto il suo piano di distruzione in pieno giorno e nel cuore pulsante di una delle nostre città europee più visitate dai turisti e più affollata. 
Il negazionismo ci ha nociuto. Non ci ha consentito di essere preparati, di prevedere le mosse dell’avversario, annullando la sua capacità offensiva. Il voler dimenticare, il credere che a noi non potrà mai succedere, il buonismo malato ed il senso di colpa che coltiviamo nella nostra coscienza collettiva, ci stanno uccidendo. Forse è il tempo di ammettere che siamo in guerra. Qui, chi non si difende, soccombe.