Libero, 23 agosto 2017
A Marchionne non servono i cinesi
L’offerta cinese su Jeep o sull’intera Fiat Chrysler non è (ancora) arrivata. Ma il titolo conserva i guadagni degli ultimi giorni attorno a quota 11,40 euro grazie anche alla febbre scoppiata attorno al gruppo italo-americano. Merito delle attenzioni di Great Wall ma almeno altrettanto dei numerosi report lusinghieri che stanno piovendo sull’azienda capitanata da Sergio Marchionne. E così trova conferma la sensazione che, al di là delle avances della «Grande Muraglia», abbia ormai preso il via il riassetto definitivo del gruppo, ormai risanato sotto il profilo finanziario, ovvero il processo che occuperà l’ultima fase del lungo governo di Sergio Marchionne, destinato a lasciare la guida del Lingotto, in buona forma, 15 anni dopo il suo arrivo a Torino nel punto più estremo della crisi. Ma andiamo con ordine.
Ieri, su richiesta della Borsa di Hong Kong, dove è quotata dal 2004, Great Wall ha confermato le mire sul gruppo Fca (senza però precisare se per la sola Jeep o per l’intera società) ma ha ammesso che non ha ancora parlato con il gruppo italiano che ha già fatto sapere di non aver ricevuto alcuna comunicazione dall’azienda cinese che oggi dovrebbe tornare alle contrattazioni sia a Shanghai che ad Hong Kong. Eppure, nonostante l’assenza di novità, il titolo, dopo aver toccato in mattinata i nuovi massimi degli ultimi 20 anni con un guadagno di oltre il 3%, ha conservato un pur modesto guadagno dello 0,3%, sia a Milano che a Wall Street. A conferma che il mercato crede che il boom (Fca è raddoppiata da inizio anno) abbia radici solide. Non solo ombre cinesi.
In particolare, dopo il report di Morgan Stanley è sceso in campo un altro big. Niente meno che Goldman Sachs la cui valutazione non tiene conto dell’eventuale appeal speculativo di un’offerta su Jeep o su altri asset ma si basa esclusivamente sui fondamentali e sulla convinzione che la società sia sulla buona strada per raggiungere i suoi obiettivi finanziari al 2018, generando 7,6 miliardi di euro di free cash flow il prossimo anno (il 46% della capitalizzazione di mercato). Per questo la banca d’affari conferma il suo consiglio di «comprare» con un obiettivo di prezzo di 19,20 euro, molto più degli 11,10 euro, ultimo prezzo di ieri. Anche Goldman, come già Morgan Stanley, scompone il valore dei vari marchi, con un risultato molto simile: se si sommano le singole parti, i brand del gruppo valgono per Goldman Sachs 30,4 miliardi circa. Poco meno dei 32 miliardi stimati da Morgan Stanley che attribuisce alla sola Jeep un valore superiore ai 33 miliardi. Meno generosa Goldman che la valuta 22,5 miliardi euro. Ma l’interesse per Fca non si esaurisce con Jeep. «All’interno dell’industria automobilistica globale sottolineano gli analisti crediamo che il gruppo abbia un portafoglio molto interessante di brand». In particolare Ram è stimata 13,582 miliardi di euro, Maserati 5,845 miliardi, Alfa Romeo 2,100 miliardi. Dai numeri degli analisti (non molto diversi i risultati degli studi di Akros) emerge un dato comune: uno spezzatino di Fca può valere una montagna di quattrini. Anche a non tener conto dei possibili progressi dei marchi più forti (a partire da Jeep) e delle altre operazioni che verranno annunciate a ridosso del nuovo piano industriale, che sarà svelato in primavera.
In questa cornice sembra difficile che possa trovar spazio l’offerta di Great Wall, che ha già avuto l’effetto di far da detonatore al decollo del titolo e di accendere l’interesse dei potenziali partner (General Motors o Volkswagen in testa) oltre a sollevare l’attenzione della politica Usa e della Ue contro lo shopping di Pechino: cedere la sola Jeep (da cui arrivano i due terzi degli utili) sarebbe un suicidio, ma il colosso dei Suv può essere il jolly per centrare l’obiettivo di una grande alleanza, il culmine della carriera di super Sergio. A meno che la signora Wang Fengying, ceo di Great Wall, non abbia in serbo una sorpresa cinese.