la Repubblica, 23 agosto 2017
Gatta Cenerentola. «Nella nostra Napoli di Gomorra ecco un’eroina libera e selvaggia»
La scarpetta di cristallo è diventato un sandalo stiletto, simbolo di corruzione, oggetto da scaraventare. La purezza di questa Cenerentola, fiaba contemporanea tutta made in Naples che si appresta a debuttare a Venezia 74, sta negli scatti felini di ragazza scalza, nella ribellione alla violenza attuata senza un grido, negli ologrammi su Scienza e Memoria che attraversano la nave Megaride e parlano di un futuro sempre abortito, progetti coltivati per la città da suo padre prima che glielo uccidessero. E difatti non ci sarà il gran ballo a bordo, non è di una festa che ha bisogno quell’adolescente randagia, in un porto dominato dal crimine, tra le ostilità delle sei sorellastre squillo, le pulsioni del capoclan Salvatore Lo Giusto detto ‘o Rre e le ambizioni della sua amante Angelica Carannante, matrigna bellissima e perduta. L’amore che salva, invece, sa aspettare. S’inabissa, riemerge, lotta, ma non ammette smancerie.
Gatta Cenerentola è tornata. In forma di cartoon, firmata da Alessandro Rak con Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario Sansone. Diversa da ogni altra: sia dalle americane sognanti Cinderelle, sia dalla impareggiabile, travolgente versione teatrale anni 70 di Roberto De Simone, di cui vorrebbe rinnovare il filo della trasgressione. Ottanta minuti avvolgenti e dinamici, eleganza pittorica e ritmo, grazie alle voci e alle performance di un formidabile Massimiliano Gallo (qui anche cantante) e di Maria Pia Calzone, Alessandro Gassmann, e ai camei di Renato Carpentieri, Mariano Rigillo, Enzo Gragnaniello o Ciro Priello dei The Jackal, senza contare l’affascinante struttura musicale, dai grandi classici a inediti gioielli.
Gatta è tornata ma non aspettatevi abiti a corolla o l’invito a corte. Una pistola le sarà più utile.
«Abbiamo voluto che la nostra Cenerentola non fosse una creatura mansueta, l’abbiamo mutata per andare a cercare i suoi pensieri, i suoi sguardi, e l’abbiamo resa più selvaggia. È l’anima libera costretta nella gabbia sociale. E la gabbia, nella nostra storia, è una città contraddittoria, violenta, decadente. Che vive un presente parallelo, o un futuro improbabile», spiega il regista e “caposquadra” Rak (Oscar europeo 2013 per L’arte della felicità). Outsider della presenza italiana alla Mostra, debutta nella sezione Orizzonti il 5 settembre prodotto da Mad Entertainment di Luciano Stella con Rai Cinema e Sky Dancers di Carolina Terzi, primo film animato in concorso nella storia del Lido. Arriva poi in sala il 14 settembre.
Altro lungometraggio d’animazione interamente ideato e realizzato nell’officina Mad, in pieno centro, lo stesso palazzo Pandola dove hanno girato De Sica, Loy, Capuano. Da quegli stessi vicoli affiora questa Cenerentola pulp, che ha il taglio alla Nikita di Anne Parillaud, lo sguardo del Cigno nero della Portman, sa picchiare e – massimo capriccio del team talentuoso di autori – non parla.
La protagonista, Mia, è diventata muta da quando il boss Lo Giusto-Gallo le ha ammazzato il papà, che è l’affascinante Rigillo- Vittorio Basile, omaggio dichiarato al “padre” letterario di Cenerentola, quel Giovambattista autore della raccolta seicentesca Lo cunto de li cunti. Cenerentola vive ormai rintanata sulla nave, fedele alle intuizioni avveniristiche del defunto padre scienziato, proprio come quel giovanissimo e devoto agente di scorta che le dava la mano da bambina, Primo Gemito-Gassman. «Mi crederesti se ti dicessi che sono qui per te? Per salvarti?», le sussurra ora Gemito. Ma sono soli contro tutti. «Purtateme ‘a capa ‘e chella jatta», decapitatela, ordina la Angelica- Calzone rosa dalla gelosia, quando scopre che il padrino vuole la ragazzina. «Te porto pure ‘a cora», le taglio anche la coda, giura la figlia killer senza immaginare come andrà a finire. E alla fine il film di Mia è quasi una parabola – diversa – su Napoli.
«Il padre di Cenerentola – racconta Rak – è un uomo che possiede una visione della città tutt’altro che stereotipata, e forse è proprio questo a portarlo alla morte. C’è su Napoli una questione mediatica, folcloristica, di stereotipi e miti. Ma per chi ci vive, Napoli, è soprattutto una questione aperta». Aggiunge il produttore Stella: «Cercavamo un secondo film che avesse la forza delle radici nostre e la potenzialità di una fioritura internazionale. E se il racconto di Basile era un archetipo intramontabile, se la Gatta di De Simone era diventata un classico intoccabile, se malavita e Gomorra sono narrazioni dominanti, allora l’idea di una Cenerentola che vive in un battello postribolo, governato dalla camorra, era un modo per misurarci col presente, tra sentimenti di ferocia dolore e senso del futuro». E Terzi spiega: «Di certi piccoli miracoli, Napoli è sempre capace: abbiamo visto crescere potenzialità e strumenti solo con la forza della passione. E trovo bellissimo che ora a Venezia verrà a sostenerci tutto il comparto dell’animazione». Tra fiaba e realtà, l’altra sfida è stata dirigere in quattro – 5, con il compositore Antonio Fresa – una messinscena così complessa. Come si fa a non litigare? Il segreto è essere (anche) amici? Rak sorride, quasi stupito. «Credo che ogni progetto collettivo, come un film, richieda tolleranza, prove di forza, piccole sfide, zuffe, risse, resse, risate e sfottò. Nella nostra squadra ogni persona possiede voce in capitolo, Cappiello è un vero ricercatore in ambito software, Guarnieri un tuttologo dell’animazione, Sansone uno spirito libero che viaggia tra musica e immagine». Quanto a lui, Rak, il ragazzino che da piccolo sognava «di fare qualcosa di grande per l’umanità», poi ha capito «che mi piaceva disegnare e inventare storie. E magari fare cinema, in sé, è poca cosa, ma è il mio modo di fare ricerca. E l’animazione è cinema, lanterna magica, videogioco, illusione ottica, grafica pubblicitaria. Napoli può diventare un polo. Il supporto istituzionale è importante. L’Italia non può e non deve trascurarlo».