la Repubblica, 23 agosto 2017
L’amaca
L’impotenza del geologo” potrebbe essere il titolo giusto per un saggio sullo sgretolamento italiano, non solo quello del territorio. Il geologo, solo soletto, avverte la collettività di come stanno le cose nel sottosuolo. Non lo fa per vizio, lo fa per mestiere. Altri specialisti, per esempio gli ingegneri idraulici, i botanici, i climatologi, provano a fare altrettanto in superficie. Analogo è il destino di tutti costoro, sospettati di essere jettatori o semplici rompiballe a seconda della latitudine, disturbatori del normale tran tran che permette da generazioni a governati e governanti, in perfetta complicità, di costruire case di farina sul ciglio delle frane e case di fango sull’argine dei fiumi, o case di merda per generica fretta o supposto bisogno, ignorando l’aureo principio secondo il quale fare una cosa bene e farla male, a conti fatti, costa uguale: perché dunque non farla bene?
L’idea che l’abusivismo sia frutto della povertà è una truffa ideologica. È frutto dell’illegalità, dell’imprevidenza e dell’ignoranza. Spesso sembriamo, come comunità nazionale, i tre porcellini che sono finalmente riusciti a liberarsi di quello savio, che aveva costruito una casa solida e certamente era il meno simpatico e allegro, ma fu il solo a salvarsi dal lupo.