Corriere della Sera, 23 agosto 2017
Great Wall, la voglia matta di Jeep Usa. E il proprietario si fa già chiamare Jack
«Il movimento è la forza di un’azienda; se non ti muovi sei destinato a scomparire, proprio come Nokia dopo l’arrivo di Apple nel campo dei telefonini». Così la pensa (intervista alla Bloomberg in aprile) Wei Jianjun, presidente di Great Wall, il costruttore cinese che ha scosso il mercato automobilistico dichiarando un interesse per la Jeep. Ieri il titolo Great Wall Motor Co. è stato sospeso in Borsa a Hong Kong e Shanghai in attesa di comunicazioni dal gruppo, che sono arrivate in serata: «Stiamo ancora valutando una possibile offerta per l’intera Fiat Chrysler o sue parti... c’è una grande attenzione ma ancora nessun contatto formale».
Ma chi è Great Wall e quanto è seria la sua ambizione di prendere il volante della Jeep, icona americana e simbolo della sua potenza militare e industriale?
La casa, fondata nel 1984, è basata a Baoding, 150 chilometri a Sud di Pechino, città da 11 milioni di abitanti nota per avere il cielo più inquinato della Cina. Great Wall però vanta dei record positivi: è uno dei pochi costruttori privati di auto cinesi ad aver avuto successo ed essersi affacciato sul mercato internazionale. E soprattutto ha letto nelle aspirazioni dei clienti cinesi in anticipo quando si è impegnato con i suv. Nel 2002 il maggiore azionista Wei decise di lanciare Haval, un nuovo marchio di Great Wall solo per i suv, che sono diventati il segmento di mercato più redditizio in Cina (37% del totale dei veicoli venduti l’anno scorso nel Paese). Sfruttando la partenza anticipata nel campo degli sport utility vehicles, Great Wall è cresciuta bene e nel 2016 ha venduto 1,07 milioni di veicoli, un balzo del 26% sul 2015 e primato consolidato tra i costruttori di suv nella Repubblica popolare. È sbarcata anche in Europa, facendo base in Bulgaria, e l’anno scorso è riuscita a piazzare 16 mila unità. Gli analisti di Automotive Foresight spiegano ora che Wei sognava già nel 2013 di far diventare Haval una nuova Jeep: la mossa per acquisire il marchio storico di Fca segue quindi una logica industriale.
A 53 anni e 5,3 miliardi di dollari di patrimonio personale, Wei Jianjun teorizza che chi si ferma è perduto e si comporta di conseguenza. Si è appena dato un nome americano, Jack Wey, per rendersi più familiare a un pubblico (anche politico) che presto potrebbe giudicare le sue manovre industriali. E ha costituito un nuovo brand, Wey, per competere nel segmento premium dei suv. Basterebbero questi giochi d’immagine a far superare al signor Wei alias Wey le prevedibili obiezioni di Washington di fronte alla prospettiva che la Jeep, simbolo di libertà e spirito d’avventura americani, diventasse cinese? Oltre ai dubbi politici ci sono quelli finanziari: Great Wall vale 16 miliardi di dollari, il solo marchio Jeep se scorporato arriverebbe a 23 miliardi di euro secondo le stime.